Austin Powers – La spia che ci provava è su Netflix

Mike Myers l’ha sempre detto, e l’ha ribadito di recente: Austin Powers non è solo un personaggio ma è anche, forse soprattutto, un tributo. A suo padre, alle sue origini inglesi e a tutto l’intrattenimento con il quale Myers è cresciuto e che proveniva, dal suo punto di vista di canadese figlio di immigrati di Liverpool, dall’altra parte dell’oceano, dalla sua patria ancestrale. Nel giro di tre film – che potrebbero diventare quattro, se le voci a riguardo smettessero di essere tali e acquisissero un po’ di concretezza – Myers ha voluto rendere omaggio all’enorme quantità di Inghilterra con la quale è cresciuto dal punto di vista culturale, creando un universo surreale, stupidissimo ed estremamente colto allo stesso tempo, che pesca da un enorme, immaginario cestone di cultura pop che comprende James Bond e i Beatles, I Monkees e i Monty Python.