Sta in testa a Doctor Strange nel multiverso della follia (in esclusiva al cinema per una settimana, poi arriverà ufficialmente anche online) il primo teaser di Avatar: la via dell’acqua, in uscita a dicembre tredici anni dopo il primo film. Lo abbiamo visto anche noi all’anteprima stampa del film e con tanto di occhiali 3D, che è un po’ il punto di tutto. O almeno quel che rimane.

L’impressione che abbiamo avuto, infatti, è che al netto di una tecnologia impeccabile che tuttavia non è più avanti anni luce rispetto agli altri e quindi non è in grado di mostrare quello che gli altri non possono mostrare, ciò che rimane sia una storia di selvaggi contro civilizzati. Era anche quello che animava il primo film ma da questo teaser trailer si esce con la forte sensazione che questo sia il punto del sequel, che ora diventa una saga.

Vediamo immagini della vita su Pandora, molto più complesse e ricche di quelle del 2009, ma chiaramente niente di più stupefacente dei molti mondi fantastici che conosciamo dal cinema contemporaneo. Semmai tutto, qui, sembra concepito molto più come un film d’animazione. Al netto del fotorealismo che rimane, infatti, c’è un uso dei colori che è espressivo e non realistico. L’acqua è l’elemento cruciale fin dal titolo e quindi il celeste (proprio anche della pelle dei Na’vi) è il colore dominante in una palette tutta sul chiaro. Sembra quasi Oceania: lo si intende come un complimento, ovviamente. È bello a vedersi. Ma potrebbe non bastare.

avatar 2 concept

Il teaser introduce più creature, più uccelli da cavalcare, lavora sull’opposizione natura/armi, mostra più Na’vi, armate, astronavi, scontri e amore nelle grotte o nel profondo della giungla. Come si conviene per i teaser non c’è un accenno della trama ma più che altro è un moodboard con scene, lavora sulle sensazioni che Avatar: la via dell’acqua vuole evocare, e non stupisce nessuno che l’elemento principale sia l’esotismo, il mondo lontano, l’esplorazione di un posto che ai nostri occhi è un trionfo di natura selvaggia e in cui i Na’vi vivono completamente integrati. Lo capiamo dalla felicità ed eccitazione di entrare e uscire dall’acqua di cavalcare uccelloni.

Quindi in attesa di essere sorpresi invece da un intreccio appassionante che non punti più (come faceva il film originale) sull’effetto WOW dell’avanzamento tecnologico ma anche su qualcosa di pregnante, bisogna ammettere che una freccia al suo arco (scusate la metafora) Avatar: la via dell’acqua ce l’ha ancora. Ed è la meno prevedibile: il 3D.

Rimettere gli occhiali tridimensionali dopo anni e vedere un film con la profondità fatta bene, un film veramente immersivo e che sa lavorare sulle distanze, invece di allontanare tutti gli sfondi e basta, è una gran sensazione. Il tridimensionale ha perso: non lo scopriamo oggi, non ce l’ha fatta a imporsi, e nel grande schema delle cose può essere ricordato come una trovata efficace per convincere le sale a digitalizzarsi, cioè a comprare proiettori digitali per spettacoli dal prezzo maggiorato. Troppi film che lo usavano malissimo, troppo poco interesse dei cineasti per la tecnologia (chi come Wim Wenders ci si era appassionato ha creato cose bellissime) e troppo un modo di fare molti soldi in poco tempo.

Invece per un attimo guardando questo breve teaser il 3D ha ritrovato il suo senso. Se davvero Avatar: la via dell’acqua sarà un film che punta molto sull’esotismo e sull’esplorazione di un mondo fantastico reso come se fosse reale, allora farlo in questa maniera con questa cura per la terza dimensione acquista di colpo un grandissimo senso e può essere davvero un film che non parla solo di selvaggi contro civilizzati ma anche del rapporto che abbiamo con i posti, della fascinazione per i mondi perduti e incantati, del cinema come macchina per viaggiare, spostarsi, abitare luoghi incredibili e poi tornare nella propria città dopo due ore. O più probabilmente un po’ più di due ore.

Trovate tutte le notizie e gli aggiornamenti su Avatar: la via dell’acqua nella nostra scheda.

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