Quando Sam Peckinpah se ne va nel Regno Unito a progettare un film non è per fare qualcosa di esotico, ma è una forma di autoesilio. Il suo ultimo film (La ballata di Cable Hogue) è stato un disastro, andato parecchio fuori budget ha incassato poco e niente. Per fare film deve espatriare e trova un produttore con il quale aveva lavorato in televisione disposto a produrgli qualcosa a basso costo. Nasce così Cane di paglia, dal libro di Gordon Willis (“Robaccia di cui tenemmo solo l’assedio finale”), un film di varia exploitation, dal rape&revenge per interposta persona (non è lei a vendicarsi ma il suo fidanzato) fino all’home invasion, che ribalta la mitologia del buon selvaggio di provincia e trova nel paesino sperduto l’inferno. Un tranquillo weekend di paura (che sarebbe uscito solo l’anno dopo) nei grandi spazi britannici.
Il trailer parla chiaro sul posizionamento del film.

 

 

Ci sono anche non pochi contrasti sul set (Hoffman non era d’accordo sulla scelta di Susan George come sua controparte perché secondo lui poco coerente con il matematico che interpretava, una fidanzata che quell’uomo non avrebbe mai scelto) che sono un preludio ai contrasti con la produzione e poi la distribuzione di un film violentissimo.
Il 1971 è l’anno della violenza al cinema. Se nel 1967 Gangster Story apre le porte, finisce di distruggere il codice Hayes e dà via libera ad un tipo diverso di rappresentazione della violenza, è il 1971 l’anno in cui se ne vedono le conseguenze. L’ispettore Callaghan, Cane di paglia, Arancia meccanica e Il braccio violento della legge sono solo alcuni esempi dei film che escono quell’anno in cui la violenza è il centro di tutto, la sua rappresentazione è completamente cambiata e quindi lo è il ragionamento intorno ad essa.
Ma i distributori erano gli stessi del 1970 e non era facile cambiare quella mentalità.

 

cane di paglia stupro

 

In particolare il problema con Cane di paglia sta nelle due scene di stupro. Troppo esplicite, troppo dure. La distribuzione americana ne vuole ridurre la durata e nel tagliare involontariamente peggiora la situazione, fornendo l’impressione che la vittima dello stupro ad un certo punto ne goda. Solo nel 2002 una versione più estesa (specie del secondo stupro) ricontestualizza il tono e la posizione. Lo stesso nulla leva a Cane di paglia la nomea di film fascista e misogino, che mette le donne nella posizione di provocatrici. Non è così ma sono letture comprensibili perché oggi come ieri la violenza è sempre ambigua, è il territorio del rimosso collettivo e dell’evocazione della parte primitiva dell’essere umani. I film che non usano la violenza ma la affrontano dicono sempre qualcosa sulla parte più profonda e inconfessabile, hanno a che vedere con gli istinti e con i modi con i quali veniamo a patti con essi.

 

cane di paglia hoffman george

 

Cane di paglia, visto con gli occhi di oggi, 50 anni dopo, continua a pescare a piene mani dal rimosso dell’uomo moderno, è un film sugli uomini, sull’atteggiamento che la società richiede e la maniera in cui gestiscono quello che ci si aspetta da loro. Il matematico David vede arrivare i maltrattamenti, vede le attenzioni esagerate che la moglie Amy attira da parte dei locali, sente benissimo (come la sentiamo noi) l’aria di violenza psicologica che può diventare fisica e quello che fa è chiedere a Amy di cambiare atteggiamento. La reazione tradizionale. Non confronta gli altri uomini ma se la prende con la donna, accusata di essere troppo libera, di girare senza reggiseno o andare in casa nuda mentre ci sono operai che lavorano alle riparazioni. Il problema è il corpo della donna e non l’atteggiamento degli uomini, che è condannabile ma senza enfasi.

 

cane di paglia bacio

 

E di contro Amy non vuole una risoluzione a parole, vuole che David “faccia l’uomo” che si misuri con gli energumeni locali sul loro piano. Lei infatti viene da quei posti, ha quella mentalità, si aspetta quello e vede in quello il modo corretto di essere uomo. Tutto nel film chiede che agli uomini sia lasciato di fare gli uomini, cioè che possano sfogare la libido e che possano combattere. Moltissimo del film è la lotta di David contro questa idea che rifiuta ma anche lui sente dentro di sé (e qui sta la forza vera di Peckinpah e Hoffman, raccontare come un pensiero e un istinto rifiutati montino dentro una persona) e poi cosa accade quando il matematico si abbandona a quello che tutti in quel luogo ben più primitivo della città si aspettano da un uomo.

 

cane di paglia vento

 

L’ironia è che nonostante la moglie sia stata violentata (David non lo sa in teoria ma vediamo come capisca che qualcosa è successo dal modo in cui Amy vive il trauma nei giorni successivi) sarà poi per tutt’altra ragione che il matematico cambierà atteggiamento, sarà per proteggere un altro uomo, lo scemo del villaggio accusato di omicidio che ha accolto in casa. L’ironia è che lo scemo è davvero un omicida e David dice che non tollererà invasioni nella sua casa per proteggere un uomo colpevole e non per la fidanzata che è stata violentata. Quello è il momento più americano di tutti, l’uomo che imbraccia le armi per difendere l’inviolabilità del proprio privato, della propria abitazione, quello che ha il monologo del protagonista, ma come in un film di Verhoeven sembra una presa in giro, una parodia. È successo di tutto là dentro e adesso, per difendere i diritti di un omicida viene tirata fuori l’inviolabilità e soprattutto la folla lo vuole linciare lo scemo ma David lo protegge (in fondo anche lui era attirato dalle donne!!).

 

cane di paglia fucile

 

Ovviamente il gancio da exploitation di questo film sta tutto nell’esplosione di violenza promessa (e mantenuta) da qualcuno che quella violenza l’ha repressa e quindi, in teoria, la rilascerà con una forza imprevedibile. Ma al cuore di tutto c’è l’idea che dentro ogni uomo esiste un assassino e quella ancora più raffinata che una mente intellettuale una volta messa al servizio della violenza sia molto più temibile di un fisico abituato al conflitto. David non attacca con istinto ma ragiona, prepara padelle incandescenti, mette a punto strategie, spegne le luci dentro e le accende fuori per vedere senza essere visto, sgomina una banda intera senza levarsi gli occhiali e alla fine, nell’ultima scena, non sa più chi è. Quella violenza tutta maschile, scatenata non dall’offesa alla fidanzata ma da un problema di uomini e dalla pressione per non essere abbastanza uomo l’ha trasformato, l’ha perpetrata ma ne è quasi vittima in un film che a quel punto è arrivato a mostrare sottilmente l’assurdità di una mentalità che vede in David la persona in difficoltà e non nella vera vittima di stupro.

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