Cosa dicono i film del 2021 dell’anno appena trascorso?

Un film viene pensato, scritto, diretto, montato in un tempo variabile. Esistono instant movie fatti in fretta e furia, ma la maggior parte delle opere richiede dai due ai tre anni di lavoro, dal momento dell’annuncio all’arrivo in sala. Se è vero che “nessun film è un profeta”, è però sorprendente quanto alcuni temi o storie ricorrenti riescano a raccontare la realtà presente. Anche quando sono messi su carta molti mesi prima.

Per questo è sempre affascinante vedere come le opere cinematografiche abbiano fotografato l’anno appena trascorso, talvolta prevedendolo, altre volte aiutandoci a interpretarlo. Più spesso però i registi hanno rielaborato i sentimenti che hanno attraversato la società, espandendoli con la propria sensibilità ancora prima che esplodessero. per questo sembrano scritti e diretti oggi. Basti pensare a quanto, nel 2020, il cinema ha dichiarato la rabbia delle persone nere in America mentre questa si spostava nelle strade.

Per i film del 2021 il problema sociale non è più il razzismo nascosto che si esprime in tanti piccoli atti di oppressione. I registi hanno osservato nel 2021, prima ancora dei cambiamenti nelle persone, lo sviluppo urbanistico dei quartieri. L’edilizia è il nuovo strumento di oppressione. La gentrificazione raccontata in Candyman è il contesto che permette lo sfociare di orrori sopiti. Edgar Wright in Last Night in Soho ha fatto un discorso molto simile, legando il suo thriller dalla doppia personalità alle due facce di Soho.

La portata è maggiore dello spazio della singola abitazione, ma questa volta molto meno ambiziosa dei film “internazionali” che riguardano problemi di tutto il mondo. La prospettiva è quella della strada, del vicinato, come fatto nella serialità da WandaVision (dove con i poteri magici si crea la propria realtà ideale) e The Falcon and the Winter Soldier (dove convivere con il vicino è più difficile che mai).

West Side Story film del 2021

Steven Spielberg ha realizzato il suo progetto dei sogni, l’adattamento di West Side Story catturando proprio questa esigenza comunicativa. I nuovi Romeo e Giulietta musicati da Leonard Bernstein fischiettavano nel film del 1961 in una città luccicante. Oggi i Jets e gli Sharks si contendono un territorio in macerie, pronto ad essere tirato a lucido dai ricchi affaristi americani. 

I registi che si sono rinchiusi nelle case hanno squarciato i muri per fare entrare l’aria fresca nelle incancrenite storie intime. Nanni Moretti in Tre Piani spacca letteralmente la parete di confine tra l’esterno e l’interno della palazzina in cui si intrecciano vite e drammi. Ci butta dentro una macchina, e da lì parte il film. Roberto Andò, più pacatamente, inizia Il bambino nascosto con una porta lasciata aperta. Un errore (o forse una ricerca di nuovi orizzonti?) che sconvolge la routine di un professore di musica, costretto a ospitare e prendersi cura di un piccolo fuggitivo.

Mentre La donna alla finestra vuole uscire dalla propria sofferenza diventando partecipe di quella degli altri, in Ariaferma i mattoni non offrono alcuna via di scampo. Un gruppo di detenuti in attesa di trasferimento vive in un limbo nel carcere sempre più dismesso, insieme alle poche guardie rimaste. Chi è prigioniero con chi, e come dare senso alle giornate che trascorrono tutte uguali? Come vivere quando manca la libertà? Spazi chiusi, e altri apparentemente aperti – salvo rivelarsi più opprimenti delle prigioni stesse – sono l’oggetto più ricorrente nei film del 2021.

In The Father la casa non è lo spazio sicuro e conosciuto. Cambia seguendo il flusso dei ricordi. Perdere ogni punto di riferimento (per colpa della demenza senile) è una condizione di perenne orrore, come navigare in un mare in tempesta. C’è chi reagisce ritornando bambino, fragile e in cerca di un abbraccio consolatore, e chi si indurisce. L’altra faccia del film di Florian Zeller è infatti Falling, di Viggo Mortensen. Un altro padre, questa volta duro e sboccato, un’altra perdita del ricordo (che grande tema che ha attraversato l’anno!). È un cinema che guarda indietro, che parte dalla fine per comporre una figura completa di uomo, andando a ritroso nel tempo.

the father anthony hopkins Oscar film del 2021

Abbiamo raccontato più l’invecchiamento che la giovinezza. Come se ci si fosse fermati, allontanati dalla frenesia di tutti i giorni, per riflettere su quello che è stato. Un’abbondanza di immagini che cercano di catturare il ricordo che invece si sta perdendo, come in Supernova, dove Stanley Tucci e Colin Firth si concedono un ultimo viaggio insieme, mentre l’Alzheimer del primo è pronto a prendersi l’uomo, ma non l’amore reciproco.

Viaggi che nei film del 2021 hanno un valore diverso rispetto a quelli degli anni precedenti. Il messaggio di libertà raccontato da Nomadland è ancora più forte dopo un anno di lockdown. Spostarsi è anche un atto carnale in Scompartimento n. 6 – In viaggio con il destino. Laura è finlandese e vive a Mosca. Da lì parte, quando prende il treno per andare ad ammirare i petroglifi di Murmansk. Nel mezzo c’è di tutto: pentimento, passione e una storia d’amore. E poi tanta sporcizia, umidità, uno scontro continuo di corpi troppo stretti per poter mantenere lo spazio personale, che cedono così all’irresistibile richiamo della vicinanza con altre persone.

Anche ne La vetta degli Dei viaggiare è una ragione di vita, un’ossessione che attraversa tutto il corpo. La carne può ferirsi, congelare, cadere, morire; la voce delle cime è troppo forte per non essere ascoltata. Ci saranno fotografie perdute nella neve, come quelle di One Second che invece sono sotto la sabbia del deserto. Oltre le immagini ci sono però uomini e donne straordinarie che dedicano la propria vita a un proposito incomprensibile per molti.

Per chi resta invece a casa, il cinema propone una vitalità incredibile che esplode dalle anomalie del mondo informatico. Non solo Matrix: Resurrections (che sta per arrivare allo scattare del 2022) anche in Ron – Un amico fuori programma gli errori di codice meritano una seconda possibilità. Più forte di tutti Free Guy – Eroe per gioco ha portato avanti una rivalutazione del mondo digitale. Prima sempre associato alla separazione e ai pericoli, ora rispettato e conosciuto. Shawn Levy parla dei videogiochi usando i termini corretti, e non c’è alcun timore rispetto al mezzo. Fanno più paura, semmai, le persone che ne fanno un uso sbagliato. Che la pandemia ci abbia rassicurato sul mondo digitale?

Leonardo DiCaprio Don't look up

Forse, ma non totalmente. Perché quest’anno tra le Illusioni Perdute di Balzac e il relativismo della verità di The Last Duel le fake news hanno tenuto ancora banco (lo fanno da anni anche al cinema). Il grido più forte, così forte da essere talvolta stonato, l’ha fatto Adam McKay con Don’t Look Up. E mentre Facebook diventava Meta, con Spider-Man: No Way Home la Marvel è diventata Multi. Più realtà, che aumentano la nostra, ma non la rendono certamente virtuale. No, i film del 2021 hanno ritrovato la concretezza, senza sogni o mondi delle fiabe, la fantasia è ben presente intorno a noi!

Ci riscopriamo quindi dipendenti da nuovi Dei. Che siano quelli muscolosi di Zack Snyder’s Justice League o quelli difettosi degli Eternals, le divinità al cinema hanno imparato a morire. Dopo esserci scoperti fragili nella pandemia, anche i supereroi si confrontano con il dolore. Piangono, hanno paura, sbagliano grossolanamente. Sono figli e padri, donne violate (come in Black Widow), sempre alla ricerca della propria famiglia. Ci sono stati al cinema due giovani con un pesante retaggio che li trascinava a terra impedendogli di spiccare il volo. Sono Shang-Chi, un supereroe; e (a) Chiara, un’eroina del nuovo film di Jonas Carpignano. Entrambi combattono con una figura paterna a cui non vogliono assomigliare. Si ribellano, tagliano i ponti con la generazione precedente, scelgono il bene e iniziano finalmente a correre da soli.

La risposta definitiva sulle eredità pesanti la dà però Ghostbusters: Legacy. Non bisogna preoccuparsi troppo, anche in un mondo di fantasmi è giusto guardare al futuro con leggerezza, perché anche chi non c’è più ci aiuterà a sollevare il nostro zaino protonico e a risolvere la situazione. Quando tuto scorre così veloce da farci sentire fragili e mortali, come i giovani-vecchi tanto amati da Shyamalan in Old, non conta il tempo che ci è concesso, ma quello che facciamo con esso. 

luca enrico casarosa

Luca, Encanto, I Mitchell contro le macchine, Raya e l’ultimo drago hanno usato l’animazione per mostrare diversi tipi di famiglie, e le tante sfumature dei legami che si creano: di sangue, di amicizia, di amore reciproco e di odio. Altre famiglie, questa volta senza abitazione (non come quelle che uccidono a “casa Gucci”), ce le ha mostrate il live action con Minari dove immigrati sudcoreani cercano di dare linfa alla terra americana. Integrarsi è un lavoro paziente di cura e di semi piantati nella speranza che un giorno possano germogliare. Quest’anno Sorrentino ci ha concesso la sua storia, dipingendo con il suo stile cinematografico la sua famiglia e la scomparsa dei genitori. Soprattutto è interessante come si vede lui: come un giovane che, diventando uomo, vaga nomade alla ricerca di una nuova casa. Senza mai dimenticare quella città che l’ha accolto e che ancora gli regala l’ispirazione. “Non ti disunire…“.

Nuovi abitanti, nuovi cittadini e… nuovi figli. Quante madri abbiamo visto quest’anno! Alcune sono parallele, come nel film di Almodóvar e in Petite Maman di Céline Sciamma in cui due bambine scoprono di essere genitore e figlia. Sono anche donne risolute, come la protagonista de La scelta di Anne, che gli uomini vorrebbero imprigionare e costringere a dare alla luce un figlio. Lei invece sceglie, anche a costo di mettere a repentaglio la sua vita. Vanessa Kirby ha interpretato la fragilità di chi un bambino l’ha desiderato ma perduto. Tanti pezzi di una donna in lutto seguita da vicino nella sua sofferenza. Il femminile quest’anno ha vinto sul maschile, i modelli di machismo di un tempo sono messi in crisi dai nuovi “principi eletti” mostrati nella fantascienza. Hanno il volto e il fisico gracile di Timothée Chalamet.

Dune, la grande epica di Denis Villeneuve, è solo in superficie un film politico. Parla invece di una madre, Lady Jessica, che osserva il proprio figlio crescere e camminare da solo in un mondo spietato. 

Sarà in grado di risolvere quello che la generazione precedente non è riuscita a fare? Sarà cura o carnefice? È questa la grande domanda che i film del 2021 hanno affidato al 2022.

 

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