Quali sono i film perfetti per Quentin Tarantino? Che caratteristiche deve possedere un film per dirsi tale? Secondo lui il film perfetto non è necessariamente uno che risponde alla tua personale estetica del cinema né magari uno che per forza deve appartenere ai generi che ti piacciono o alle strutture che di solito apprezzi, ma è semmai il film sul quale non puoi dire davvero nulla di negativo. 

E gli esempi che fa per rendere l’idea sono quasi tutti film americani degli anni ‘70, inevitabilmente i primi che gli vengono in mente e il tipo di cinematografia con la quale è cresciuto. Ne ha parlato durante un’ospitata da Jimmy Kimmel per promuovere Cinema Speculation il suo nuovo libro, non un’opera di finzione ma un saggio sul cinema, un libro di critica. Tuttavia non ha propriamente fatto un discorso di critica ma di come lui veda i film e il cinema. Tarantino sa essere un critico eccezionale, uno che ragiona, guarda e parla di film in una maniera che è solo sua, con una voce unica, ma non qui.

Il fatto di essere un regista (e di esserlo in fondo sempre stato anche prima di girare la sua prima scena) deforma la sua visione spesso, portandolo ad una forma analitica di visione dei film. Nel suo podcast The Video Archives ad esempio parla ogni settimana di film sommersi, sconosciuti, di exploitation e alle volte girati in paesi di cui si sa poco (sempre cinematograficamente). E anche lì si trovano gli stessi criteri, cioè l’analisi della scrittura sempre molto focalizzata sulle singole scene e raramente sugli archi, l’analisi della regia sempre centrata su alcuni dettagli tecnici, su cosa è stato fatto a fronte del budget o delle disponibilità e su alcuni momenti specifici più che sul tono generale. Tuttavia quando ragiona su quel cinema mostra un impeto e un coinvolgimento che davvero ci fanno vedere quei film con i suoi occhi ed è tutto un altro mondo.

È sempre stato così del resto. Nei primi anni in cui è diventato famoso Tarantino era capace di letture uniche di prodotti culturali ritenuti bassi o commerciali. Prendeva le storie e le riraccontava come se dovesse fare lui un film da quella stessa sceneggiatura. Era un esempio quasi unico di critica registica, cioè di critica con gli strumenti e la testa di un regista. Certo uno che ha visto moltissimi film, ha letto moltissima critica (non lo ha mai nascosto di essere un nerd anche di quello) e che ha una testa imbevuta di cinema ma lo stesso un regista, che separa la storia dalla sua messa in scena e non riesce a non pensare cosa ci legga lui e su cosa metterebbe l’enfasi lui.

Adesso invece nel parlare dei film perfetti ne elenca (a titolo non esaustivo di esempio) sette: Lo squalo, Non aprite quella porta, Io e Annie, L’esorcista, Il mucchio selvaggio (che non trova proprio perfetto ma le cui imperfezioni pensa siano parte della sua magnificenza), Frankenstein Jr. e Ritorno al futuro. Aveva già parlato una volta del miglior film di sempre secondo lui ma questi sono in linea di massima film tarantiniani, cioè sono operatici nella loro violenza, sono espressionisti e hanno spesso personaggi larger than life. Soprattutto sono tutti espressione della cultura del cinema mainstream americano (tranne forse Non aprite quella porta). E questo, da un regista che invece parla, venera e sì esalta per i film meno noti, le opere indipendenti, marginali e di exploitation, forse è il dettaglio più interessante.

Quello che Tarantino dice, implicitamente senza affermarlo effettivamente, è che quel cinema perfetto a cui, nemmeno lui che non manca di senso critico, può appuntare niente, è il meno esaltante. Tornando a The Video Archives, il podcast che gestisce con Roger Avary, c’è in quei film filippini con arti marziali, o nei thriller indonesiani di cui parla molta più esaltazione, molto più senso della meraviglia di fronte alle trovate rese sullo schermo in maniere dozzinali ma che (di nuovo) nelle sue parole e nella sua visione in effetti trovano la dignità inventiva che hanno ma è seppellita da un’apparenza dozzinale. 

Più che il cinema letto e raccontato da Tarantino è ancora una volta più interessante il cinema visto dai suoi occhi. Quando parla di film perfetti e fa speculazione intellettuale intorno al cinema sembra fuori dal suo territorio, quello cioè del piacere della visione, ragiona con la testa quando la sua forza sta nel ragionare di pancia. Che Io e Annie sia un film perfetto lo può obiettivamente dire chiunque, che One Armed Executioner (esiste!) sia un esempio molto superiore alla media di exploitation filippina, che abbia una scena di allenamento e sequenze di gun fu fuori dalla media perché cerca di educare lo spettatore a come funzioni quell’arte marziale in modo che poi negli scontri possa riconoscere i colpi, è una grande trovata e infine che le interpretazioni così stentate abbiano una loro forza espressiva davvero lo dice e lo fa capire solo lui.

Classifiche consigliate