Cosa unisce Jolt, Crank e Grand Theft Auto

Parliamo sempre della questione narrativa, cioè di come cinema e videogiochi influenzino il reciproco storytelling o anche semplicemente si rubino immagini e soluzioni, mai di cosa davvero differenza i personaggi dell’uno da quelli dell’altro. L’uscita di Jolt e il collegamento che ha con Crank, l’incredibile film del 2006 di Neveldine & Taylor, riportano in superficie queste differenze. Perché Jolt ha un po’ l’aria di Crank (non a livello di regia o di ritmo ma per certi presupposti della protagonista) e Crank ad oggi rimane l’unico film in cui il protagonista si comporta esattamente come un personaggio di un videogioco sandbox.

Innanzitutto chi non ha visto Crank dovrebbe vederlo subito. Nel 2006 questo film spalancava l’evidenza di due talenti pazzeschi che avevano trovato in Jason Statham il canale migliore per esprimersi. Neveldine & Taylor erano perfetti per essere un brand, cioè non essere conosciuti con i rispettivi nomi e cognomi ma solo come Neveldine & Taylor. Un marchio di fabbrica che aveva fondato con quel film un cinema come non se n’erano mai visti e quasi non s’è più visto, perché la loro rivoluzione è stata interrotta dalla fine del sodalizio. Era il cinema dell’alto rischio per i filmmaker stessi, stunt che prevedono la videocamera nell’azione dello stunt stesso, pura furia con una trama che sembra pensata per poter fare un film così.

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L’uscita su Prime Video di Jolt, questa settimana, riporta in auge quell’idea, sebbene con tutte altre finalità. Lì la protagonista è una donna che per via di un disturbo e per via di una vita assurda è una macchina di morte alimentata dalla rabbia, così rabbiosa da menare chiunque le capiti a tiro e potenzialmente ucciderlo. L’unico modo che ha trovato di tenersi a bada è un sistema di piccole scosse che si autoinfligge e che la calmano. Quando l’unico uomo che si fosse mai avvicinato a lei viene ucciso saltano tutti gli schemi e comincia la caccia folle. Il fine è ritrarre una furia umana ma la trama di Crank era ancora più assurda.

Jason Statham si sveglia e un messaggio lasciatogli in un DVD gli spiega che è suonata la sua ora, mentre dormiva è stato avvelenato con una soluzione che lo ucciderà. Boccheggia ma non si arrende, chiama il medico e scopre di essere fottuto. L’unica possibilità di rimandare l’inevitabile morte è di tenere alta l’adrenalina in corpo. Solo così il veleno è temporaneamente tenuto a bada. Con questo MacGuffin eccezionale parte un film in cui il protagonista deve essere sempre su di giri per non morire mentre va a caccia dei responsabili per portarli all’inferno con sé. Ogni scena di Crank è finalizzata alla libidine, all’esagerazione, alla paura, all’eccitazione, al brivido, alla rabbia e alla furia. Ogni. Singola. Scena. E come nei videogiochi la morte è un dato di fatto che arriverà, bisogna solo rimandarla.

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All’epoca Crank, parve subito l’unica possibile versione cinematografica di Grand theft Auto, la serie di videogiochi Rockstar. Statham viaggia per una città di micromissione in micromissione e soprattutto ha uno sprezzo della morte che lo assimila ai personaggi dei videogiochi. Ruba mezzi della polizia, viene inseguito, è parte di azioni rocambolesche, tira fuori persone dalle auto e le guida, fa tutto quello che avviene in GTA e, cosa che davvero lo fa somigliare al gioco, lo fa con uno spirito che non contempla la possibilità di morire. Anche una visualizzazione dall’alto in stile Google Mappe presente nel film sembra ricordare la maniera in cui sono usate le mappe in quei giochi.

Questa somiglianza spiega molto bene una differenza fondamentale tra i videogiochi commerciali e i film commerciali. Sono entrambi macchine di intrattenimento che puntano sull’eccitazione ma nei videogiochi come GTA, quelli sandbox in cui il protagonista è libero di esplorare, agire, combattere e mettersi nei guai come vuole, questa è pompata ad un livello completamente diverso, uno che il cinema non riesce a raggiungere perché i suoi protagonisti non hanno mai l’eccitazione come fine, a differenza dei giocatori. In Crank invece Jason Statham non ha niente da perdere e cerca metodicamente l’eccitazione, e questo nonostante abbia anche un obiettivo più grande che manda avanti la storia (cioè prendere le persone che l’hanno avvelenato), finendo per compiere le medesime azioni anarchiche e caotiche di un videogiocatore che, per natura, ha poco riguardo per la sopravvivenza e l’incolumità del personaggio che agisce e invece tutto l’interesse a che questo sia preso in situazioni sempre più clamorose.

Scrivendo un personaggio che ovunque si trovi sperimenta e fa le cose più assurde per la scarica di adrenalina che possono dargli, Neveldine & Taylor di fatto scrivono il primo personaggio del cinema che si comporta come un personaggio videogiocato. Uno che se può fa sesso in mezzo alla strada lo fa, che ruba mezzi della polizia, si inietta di tutto solo per provare e provoca risse senza nessuna ragione. In un certo senso anche la protagonista di Jolt, tramite la motivazione di una rabbia fuori dal normale (vicina a quella di Un giorno di ordinaria follia), scatena sempre situazioni ad alto tasso di adrenalina ma sottraendole il bisogno di essere lei stessa sempre la più eccitata di colpo la si allontana dal modello videoludico.

La differenza quella che esiste tra eccitare il pubblico con una varietà di eventi che possono o non possono coinvolgere i personaggi (si pensi ad un montaggio musicale, ad una serie di esplosioni o un montaggio alternato di due situazioni che crea suspense) e invece eccitarsi facendo qualcosa nel gioco. Crank ricreava esattamente quella sensazione. Jolt invece agli stessi presupposti applica il filtro classico del cinema.

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