Fear Street è su Netflix

Se c’è una cosa di cui non si può accusare Fear Street è di volersi nascondere. È una trilogia-horror-evento esclusiva su Netflix, certo, ed è pure un’opera tratta dai romanzi di uno dei più noti scrittori per l’adolescenza; ma è anche, forse soprattutto, un omaggio a cinquant’anni di cinema horror e una sorta di introduzione al genere rivolta a chi non ha ancora aperto quella porta e vuole fare i suoi primi passi verso l’abisso. Fortunatamente Fear Street è anche una trilogia molto ben scritta e con una mitologia interessante che si svela in tutta la sua potenza solo una volta arrivati alla fine della corsa, per cui il rischio di venire troppo distratti dal citazionismo spinto è relativo. Ma è innegabile che il citazionismo ci sia, e che vada anche al di là della semplice e vaga “ispirazione”.

Ancora una volta, non lo diciamo noi: lo dice Leigh Jeniak in persona, che non ha problemi ad ammettere che la trilogia è stata per lei anche una scusa per rifare, nel 2021, una serie di film che hanno segnato la sua vita di spettatrice di horror. Lei ne cita tre o quattro, ma andando a scavare se ne possono trovare molti di più: noi ne abbiamo selezionati dieci, e chissà se Jeniak sarebbe d’accordo con noi – per qualche motivo non ne dubitiamo. Li trovate qui sotto, ovviamente in rigoroso ordine alfabetico; altrettanto ovviamente, troverete qualche spoiler su Fear Street: se non l’avete ancora visto andate a farlo e poi tornate qui.

Fear Street halloween

Halloween

Fear Street Parte 1: 1994 guarda soprattutto a Wes Craven e Kevin Williamson, come vedremo sotto, ma il serial killer di turno (che non parla, che vive nelle ombre, che riesci a vedere solo quando sta per aprirti la testa con un’affettapane) deve molto anche a The Shape, a Michael Myers, al tizio con la maschera bianca. Anche esteticamente 1994 ha parecchi rimandi al cinema di Carpenter, soprattutto nell’uso di luci, ombre e nebbie varie per nascondere quanto basta da generare tensione.

IT

C’è una piccola cittadina della profonda provincia americana che nasconde un male sotterraneo le cui radici affondano nel passato della comunità e che grava come un’ombra su chiunque abiti a Shadyside; e c’è un gruppo di adolescenti un po’ outsider che sfidano le loro più grandi paure per fermare questo male, in un’avventura che copre decenni di storia. È la trama di IT, ma è anche la trama di Fear Street, e non è un caso che Stephen King sia un plot point importante di 1978 – al punto che oltre a IT avremmo potuto citare anche Carrie, come d’altra parte fa il film stesso.

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L’alba dei morti viventi

Qui è più che altro una questione di ambientazione: non ci sono zombi in Fear Street, e non c’è neanche quello che gli zombi solitamente rappresentano – le metafore dell’opera di Leigh Jeniak si muovono in altri ambiti e parlano di discriminazione e bigottismo, non di turbocapitalismo e consumismo estremo – ma c’è un finale, cioè la coda di 1666, che vede un gruppo di personaggi barricati in un centro commerciale che si devono difendere dall’assalto di creature assassine e senza cervello.

Mamma ho perso

Mamma ho perso l’aereo

Sempre a proposito del finale di 1666, che poi è in realtà 1994 – Parte 2: è impossibile non vederci un riferimento a un notissimo home invasion con Macaulay Culkin, che è sempre stato scambiato per un innocuo film per famiglie ma che in racconta il diabolico piano di un ragazzino che escogita una serie di trappole dolorosissime a cui sottoporre come una tortura due poveri ladri che hanno sbagliato casa da svaligiare.

Scream

Uno dei tre film citati da Jeniak come ispirazione principale per la sua trilogia – in questo caso per 1994, ovviamente. Scream non fu il primo teen slasher della storia dell’horror, ma fu il primo a buttare elementi sfacciatamente meta- nel mix, nonché il primo a dare così tanta importanza al lato teen dell’equazione (e non è un caso che Kevin Williamson in quegli anni stesse lavorando anche a Dawson’s Creek). Fear Street gronda meta-cinema e problematiche adolescenziali: non è difficile capire da dove arrivi tutto quanto.

Sleepaway Camp

Versione low budget di Venerdì 13, ha anche un tasso di ormoni decisamente superiore, e rispetto al suo illustre predecessore parla di adolescenti molto più di quanto parli di omicidi di adolescenti – è un film sul sesso, la sessualità e la fluidità di genere, oltre che uno slasher ambientato in un campeggio. È un discorso simile a quello che si può fare su 1978, il cui lato horror pecca di scarsa fantasia compensata dalla cura con cui è trattato il lato umano.

New world

The New World – Il nuovo mondo

Secondo Leigh Jeniak, il film di Terrence Malick su Pocahontas è la principale ispirazione per 1666. Noi ci permettiamo di avere qualche dubbio come vedremo tra poco, ma la sua spiegazione è tutto sommato convincente: «È un mondo bellissimo, puro, e vediamo i coloni che lo inquinano e lo distruggono: esattamente quello che abbiamo cercato di raccontare in 1666».

The Witch

Convincente quanto volete, ma a noi 1666 ha fatto subito venire in mente il film di Robert Eggers con Anya Taylor-Joy. Del quale è una versione for dummies, priva della profondità storiografica di The Witch, ma la storia di una giovane innocente che sembra venire corrotta dalle forze del male e in questo modo trova finalmente sé stessa e sboccia diventando adulta è molto simile: in fondo entrambi i film sono la origin story di una strega.

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Urban Legend

Jeniak cita So cosa hai fatto tra le ispirazioni di 1994, e più in generale «tutti quegli slasher anni Novanta che non si prendevano sul serio», noi ci permettiamo di citarne un altro preso da quell’ideale cestone: il franchise di Urban Legend è ancora meno serioso di So cosa hai fatto, e come Fear Street è costruito sul folklore locale e sull’idea che ogni luogo, anche il più apparentemente innocuo, nasconda dei terribili segreti. Magari non guardateli proprio tutti ma limitatevi ai primi due: potreste scoprire un altro terribile segreto, e cioè che il terzo, dedicato a Bloody Mary, è tremendo, e non in senso buono.

Venerdì 13

Venerdì 13

Il capostipite di tutti i film che contengono questi tre elementi: un campeggio estivo, un gruppo di adolescenti che nuotano nella voglia di accoppiarsi, e un serial killer mascherato che li ammazza in serie. Rispetto al film di Sean Cunningham, a Fear Street Parte 2: 1978 manca tutto l’aspetto creativo degli omicidi in serie (il killer ammazza tutti e tutte allo stesso modo), ma quantomeno su quello ormonale si difende bene.

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