Doctor Sleep è in streaming su Netflix

Uno degli esercizi critici più intensi e complicati, ma anche soddisfacenti, che si possano fare è provare a vedere del buono in quello che è più o meno unanimemente considerato un brutto film. È troppo facile accodarsi alle critiche di tutto il resto del mondo, e rimasticare per l’ennesima volta gli stessi difetti e gli stessi problemi. Anche i film peggiori hanno dietro mesi se non anni di lavoro, e l’impulso creativo di tante persone che, in varia misura, ci hanno creduto; e anche i film peggiori hanno, o possono avere, momenti brillanti, intuizioni geniali, idee interessanti, magari soffocate dal resto del pacchetto, ma sempre presenti, lì, pronte per essere colte. Vedere il buono dove una buona fetta del pianeta ha visto solo il cattivo: provateci, è un’esperienza interessante. Ed è quello che abbiamo provato a fare di recente riguardando Doctor Sleep, sbarcato da qualche giorno anche su Netflix.

Nonostante le ottime recensioni e una discreta seconda vita con lo sbarco in streaming, Doctor Sleep è considerato un flop. Dal punto di vista commerciale lo è senza dubbio, ma più in generale il film ha lasciato di sé l’impressione di essere un’opera tutto sommato superflua, utile ad approfondire una mitologia (quella di Shining) che stava benissimo come stava. Il problema, e qui ci spostiamo in parte nel campo delle interpretazioni, è che Shining inteso come il romanzo di Stephen King e Shining inteso come il film di Stanley Kubrick sono da sempre in competizione. O meglio: Stephen King è da quarant’anni nemico giurato del film, che secondo lui dimostrava come Kubrick non avesse capito nulla del suo romanzo.

 

Ewan

 

Il fatto poi che il suddetto film di Kubrick sia diventato ancora più famoso della sua fonte – Shining è un romanzo fantastico e anche sottovalutato, ma non è nemmeno il miglior romanzo di Stephen King, figuratevi meglio di uno dei più grandi e influenti horror della storia – è da sempre per King fonte di costernazione e disdoro. Il Re è convinto che la gente non abbia davvero capito Shining perché per farlo si è appoggiata alla versione cinematografica invece che a quella letteraria. E per rimediare a questa incresciosa situazione nel 2013 ha pubblicato Doctor Sleep, il sequel di Shining che ti spiega per filo e per segno tutto quello che Kubrick non aveva capito.

Doctor Sleep ha sempre avuto un po’ l’aspetto della ripicca, di un’opera scritta perché King si voleva reimpossessare di qualcosa di suo che si sentiva gli fosse stato rubato. Portarlo al cinema era il logico passo successivo di questo percorso di riappropriazione, e infatti King si è lanciato a pesce nel progetto, dando pareri e approvando una serie di cambiamenti rispetto al romanzo che secondo Mike Flanagan avrebbero migliorato il film. Già, Mike Flanagan, l’uomo che si è beccato questa patata bollente da Akiva Goldsman e l’ha afferrata con l’entusiasmo di chi non ha paura di scottarsi. Due anni prima di Doctor Sleep, Flanagan aveva diretto per Netflix Il gioco di Gerald, forse uno dei migliori adattamenti kinghiani di sempre; e con IT già assegnato al più adatto Muschietti, il suo nome è diventato immediatamente la prima scelta per il sequel di Shining.

 

Abra

 

E, nell’ottica di andare a cercare il bello dove forse non c’è, la presenza di Mike Flanagan in cabina di regia è una delle cose migliori di Doctor Sleep – non l’unica, ma una delle poche. Flanagan, che è sempre stato un regista da attori e atmosfere più che da azione, abbraccia l’ingrato compito con l’entusiasmo di quello che vuole trasformare il Danny Torrance di Ewan McGregor nel nuovo Jack Nicholson, o Tom Hanks, o Kathy Bates. Il romanzo, che pur essendo più corto della media delle epiche kinghiane è comunque densissimo, gli mette a disposizione una parata di personaggi che lui si diverte a presentarci e caratterizzare con pochi, selezionati tocchi più efficaci di qualsiasi conversazione. Quando si tratta di muoversi in scena lentamente, con eleganza e un gusto unico per le inquadrature, Flanagan dà il meglio di sé, e Doctor Sleep gli dà parecchie occasioni di farlo.

Qui potremmo scrivere “il problema è tutto il resto”, ma per farlo dobbiamo prima fare una considerazione sul romanzo. Perché il problema di Doctor Sleep è Doctor Sleep. Shining era un romanzo surreale e volutamente ambiguo, scritto in un periodo eufemisticamente complicato e dedicato a temi altrettanto delicati e personali per King. Era un romanzo horror senza un vero antagonista, che costruiva l’orrore a partire da quello che succedeva nella testa del protagonista più che dalla presenza di un mostro nascosto tra le ombre. Introduceva, questo è vero, una serie di concetti tra lo spirituale e il surreale, uno su tutti l’eponimo “shine”, lo sfuggente potere psichico di cui Danny è dotato; ma teneva tutto sullo sfondo per concentrarsi soprattutto sulla cronaca di un crollo psicologico. Per apprezzare Shining, a differenza di quanto pensa King, non serve capire davvero fino in fondo come funziona la luccicanza o quali siano le regole che governano i poteri mentali di Danny; è un romanzo d’atmosfera che sta in piedi, e colpisce duro, anche se la sua mitologia è solo accennata, mai approfondita e probabilmente pure un po’ confusa.

 

Rebecca Ferguson

 

Doctor Sleep il romanzo esiste per spiegare, giustificare e ampliare la parte meno interessante di Shining. E il film fa lo stesso errore. Innanzitutto perché spiega tutto. Tutto quanto. Ogni singolo dettaglio. È da anni che vi chiedete che cosa significhi la parola “REDRUM”? Doctor Sleep vi spiega pure questo! E poi: ci sarà altra gente con la luccicanza al mondo, no? E come la vivono? Ecco, la presenza dei True Knot, vampiri psichici soprannaturali vestiti come se fossero appena usciti da una fiera steampunk, una sorta di versione edgy degli X-Men, basta da sola per svilire retroattivamente sia il film di Kubrick sia il vecchio romanzo di King. La luccicanza in Doctor Sleep non è più una metafora di qualcosa, ma la versione kinghiana dei Midi-chlorian. Il luogo del terrore le cui fondamenta sono intrise del sangue e delle anime dei suoi vecchi ospiti diventa un branco di cosplayer appassionati di Wild Wild West, e nel momento in cui Rebecca Ferguson comincia a svolazzare come Neo in Matrix Reloaded diventa chiaro che Doctor Sleep ha un problema di fondo che nessuna grande regia o grande interpretazione potrà mai davvero risolvere.

Non è un caso (ma è indubbiamente ironico) che le sequenze migliori siano quelle che avevano il maggior potenziale per far arrabbiare King – e che altrettanto ironicamente secondo lui “fanno giustizia al mio romanzo dopo il film di Kubrick”. Parliamo di quando Flanagan può finalmente abbandonare i campi sconfinati e le foreste incontaminate dove si consumano i duelli tra Dan, la piccola Abra (a proposito, Kyliegh Curran è l’MVP del film alla pari con Rebecca Ferguson, con McGregor a inseguire a un’incollatura) e i True Knot per tornare nel luogo nel quale non vedeva l’ora di tornare fin dall’inizio.

 

Doctor Sleep Danny

 

L’Overlook Hotel reimmaginato da Flanagan ha il grosso problema di essere stato superato, come operazione mimetica, dallo Spielberg di Ready Player One. Ha anche il problema di essere inevitabilmente legato pure al film di Kubrick oltre che al romanzo di King: è letteralmente impossibile girare qualcosa all’Overlook Hotel senza citare in qualche modo Shining, Jack Nicholson e Shelley Duvall. E quindi Flanagan lo fa senza alcuna vergogna, affidandosi ahinoi a una serie di sosia poco credibili, ma muovendosi su set ricostruiti con passione ma anche personalità, e imitando il più possibile i movimenti di macchina di uno dei suoi idoli. Funziona perché è un’operazione nostalgia onesta al 100%, e un finale migliore di quello del romanzo (dove al posto dell’Overlook c’è un accampamento dei True Knot).

Ma proprio il fatto che questo finale funzioni è un altro insormontabile problema di Doctor Sleep. Perché funziona grazie agli sforzi creativi di uno dei più grandi registi di sempre, e non starebbe in piedi se Shining non esistesse. Magari ha ragione King quando dice che il finale di Doctor Sleep corregge Shining, ma in questo modo non può fare a meno di riconoscerne l’esistenza, e soprattutto l’importanza. Un bel dilemma, che ci porta anche a chiederci se Doctor Sleep sarebbe mai esistito se Kubrick non avesse mai girato Shining.

 

Danny

 

Per giustificare il flop al botteghino di Doctor Sleep si tirò in ballo la sua durata – ed centocinquanta minuti molti dei quali girano a vuoto non sono pochi – e soprattutto il fatto che Warner avesse sopravvalutato l’interesse del pubblico più giovane per Shining – l’idea è che se il film non fosse stato venduto come “il sequel del film di Kubrick” avrebbe fatto più successo. È chiaro che non è vero: senza il film di Kubrick, il romanzo di King e in generale l’aura mitologica che si è creata intorno all’Overlook Hotel e a Jack Torrance nell’ultimo mezzo secolo, Doctor Sleep sarebbe stato solo un altro horror/fantasy, nella migliore delle ipotesi il trampolino di lancio per un nuovo franchise dalla vita breve e dal successo relativo. La sua natura di sequel non necessario ne ha anche fatto la fortuna: Shining poteva benissimo finire lì, ma il fatto che il suo autore abbia deciso che c’era almeno un’altra storia da raccontare rende Doctor Sleep un’opera irrinunciabile a priori. Forse è per questo che si permette di far volare Rebecca Ferguson come fosse Babbo Natale e riesce a farla franca.

Trovate tutte le informazioni su Doctor Sleep nella nostra scheda.

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