La cosa migliore di Encanto è che, per una volta, l’avventura non si svolge di luogo in luogo in un interminabile viaggio tra mille pericoli. Avviene tutto in una casa. Chiaramente non è un edificio qualsiasi: perché è pieno di sorprese, di piccole stanze che contengono spazi enormi. Come le scale di Hogwarts, la casa ama cambiare e soprattutto vuole partecipare alla vita della famiglia che vive al suo interno.

Casa, ovviamente, nella tradizione Disney significa famiglia. Quindi Encanto si concentra particolarmente nell’intrecciarsi di simpatie e antipatie. Riflette su cosa significhi essere un nucleo di persone così vasto e così distinto come è quello del film. Il brano iniziale assolve all’annoso compito di raccontare tutti i personaggi, uno dopo l’altro, velocissimi, cercando però di farli memorizzare grazie ai ritornelli ripetuti. Conosciamo i Madrigal come una famiglia che ha fortemente influenzato lo sviluppo del villaggio. Grazie ai loro poteri hanno sapientemente amministrato il territorio, proteggendolo dalle insidie. La casa che abitano racconta visivamente la loro prosperità. Intorno, e solo grazie a lei, che dall’alto tutto vede, il territorio limitrofo convive in pace rispettando le differenze e senza conflitti.

Quando questa inizia a creparsi, fino a crollare, i colori sono desaturati in segno di lutto. Ma attenzione: lo sono sia per i Madrigal che per il popolo. Il problema della famiglia è un problema di tutti! Anche i contadini che assistono alla scena sono preoccupati, più volte bussano alla loro porta chiedendo informazioni sulla buona salute della magia. Il lieto fine di Encanto è, ovviamente, la rivelazione dei desideri di protezione della nonna, che ha fondato tutto questo per tenere insieme la famiglia. C’è poi una sorta di restituzione dei favori che per anni loro, magici, hanno fatto al resto degli abitanti. Insieme ricostruiscono la casa e tornano a vivere sereni. Mirabel, in particolare, senza poteri, trova la sua vocazione nel tenere insieme, nel riparare le crepe e aggiustare rapporti.

Vissero felici e contenti? Niente affatto!

 

encanto

 

Nonostante Encanto cerchi in ogni modo di raccontarlo come un finale felice, quello che accade nelle ultime battute non è altro che la restaurazione di un sistema antico, tutt’altro che positivo.

Non è chiaro se consapevolmente o inconsapevolmente, i registi Byron Howard e Jared Bush hanno dipinto i Madrigal con più ombre che luci. Li hanno raccontati come un esempio positivo, nonostante tutto, da preservare. Invece il crollo della loro casa e quindi della dinastia, è la cosa migliore che poteva succedere alle persone che vivono ai piedi della colorata magione.

Già dalla posizione centrale e rialzata della casa, il film la racconta come un castello principesco. I confini netti tra il dentro e il fuori ne fanno una sorta di Xanadu: la gigantesca residenza di Charles Foster Kane in Quarto Potere. Uno spazio sconfinato ricco di oggetti e lo stesso inesorabilmente vuoto. La casa Madrigal è il centro da cui si origina tutto il resto. È lei che protegge tutto il villaggio con il suo “Encanto”. 

Con il pretesto di vivere tranquilli e in pace (un po’ come il Wakanda o Ta-Lo di Shang-Chi) la popolazione è di fatto isolata dal resto del mondo. Questo crea una fortissima relazione di interdipendenza verso la famiglia Madrigal. Loro sono gli unici a possedere i mezzi di sviluppo, ovvero la magia. Come in una società pre industriale tutto ruota intorno alla casa del padrone, che fornisce i mezzi di produzione e che garantisce il sostentamento dei sudditi.

Alma “Abuela”, la nonna che ha fondato questo piccolo sistema, è più subdola. Dona, elargisce favori, addirittura obbliga i propri figli e nipoti a risolvere i problemi del popolo. Luisa, che è la forza lavoro, ad un certo punto non ce la farà più a reggere i bisogni di tutti. In quel momento si rivela la terribile perversione del sistema creato dai Madrigal.

Rispondendo a tutti i bisogni in maniera automatica e deresponsabilizzante, hanno privato il resto delle persone dall’autonomia rispetto alla magia. Fossero stati in un villaggio aperto, dove quindi trovare mezzi e soluzioni altrove, per gli abitanti questa non sarebbe stata una maledizione. I poteri dei Madrigal privano invece di ogni possibilità di emancipazione. Il resto degli abitanti sono infatti incapaci di badare a sé senza la dipendenza riverente dal padrone. Cosa che la famiglia al centro del villaggio non è mai esplicitamente, ma lo è di fatto costringendo gli altri a chiedere per avere. Un sistema di favori con enormi limiti.

I Madrigal non formano mai gli altri alla sussistenza autonoma, e ne sono consapevoli. Perché così facendo perderebbero la loro centralità politica. Quanti carretti potrebbero costruire con la forza di Luisa invece che costringerla a fare il lavoro di cento uomini! Che grande aiuto potrebbe dare Bruno prevedendo, ad esempio, con assoluta precisione le condizioni atmosferiche o gli avvenimenti futuri. Antonio, che parla agli animali, non deve comandare le bestie da soma, ma insegnare ai proprietari ad allevarle. Julieta addirittura cura le persone con il suo cibo, ma impedisce lo sviluppo di qualsiasi altra forma di medicina. Quando ci si fa male bisogna andare da lei. E se lei un giorno si rifiutasse di curare qualcuno, magari una persona sgradita alla famiglia?

Insomma, grazie alla magia i Madrigal hanno instaurato un regime di dipendenza leggero e invisibile. La nonna lo sa bene, per questo finge che non ci siano crepe nella magia. Sa che perdere la possibilità di elargire doni significa tornare a una posizione sociale di parità.

Invece sul finale, grazie anche a Mirabel, i suoi timori sono vanificati. Il lavoro fatto di oppressione psicologica è stato così forte che il popolo, inconsapevole della ritrovata libertà, addirittura offre gratuitamente i suoi servigi al padrone per ricostruire una cattedrale al potere. I Madrigal ne escono vincitori assoluti, restaurando la magia da zero, senza cercare un modo di donarla a chi è fuori della famiglia.

Encanto è così una fiaba atipica, molto attenta a spiegare cosa succede all’interno di una famiglia di prìncipi e principesse totalmente moderni e all’apparenza inclusivi. Sono i piani della Regina-nonna, vero villain del film, a dare al finale una pennellata di colore nero, in una delle conclusioni subliminalmente più amare di tutta la storia Disney.

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