Fuoco cammina con me compie trent’anni: venne presentato per la prima volta in Italia a Taormina il 29 luglio 1992

Nel 1992 Twin Peaks era appena finita con un cliffhanger gigantesco e che sembrava riportare la serie sui binari dai quali era partita prima di perdersi dietro alle tende di Nadine e ai turbamenti d’amore di James il motociclista. David Lynch non era ancora “il regista che fa film nei quali non si capisce niente”: Eraserhead sembrava ancora un lontano ricordo, e Twin Peaks la sua nuova normalità, un mix spesso imprevedibile di comicità e tragedia, di trope da soap opera e deliri psichedelici, ma sempre con una certa levità di fondo. I tempi di Strade perdute e Mulholland Drive erano ancora lontani, e il mondo intero (compreso Quentin Tarantino in questa intervista) si aspettava che Fuoco cammina con me fosse una prosecuzione del discorso cominciato con la serie. Poi il film fu presentato alla stampa, prima a Cannes e poi ad altri festival in giro per il mondo Taormina incluso, e al pubblico, e le cose precipitarono. Trent’anni dopo possiamo dire senza tema di smentita che bastava avere un po’ di pazienza, David Lynch avrebbe prima o poi chiarito tutto.

Fuoco cammina con me è un film che acquista tutto il senso che pareva non avere se lo si guarda dopo aver visto Twin Peaks: The Return, la terza allucinante stagione della serie nella quale Lynch ha finalmente potuto fare della città di Twin Peaks e dei suoi abitanti quello che pareva a lui. Per anni, la prima stagione-e-qualcosa di Twin Peaks è stata vista come l’apice del lynchismo, l’opera perfetta per raccontare la multiforme e sfaccettata visione artistica di questo autore. C’era di tutto in Twin Peaks, da Fellini a Beautiful passando per l’horror e Ai confini della realtà, e soprattutto si rideva – spesso nei momenti sbagliati, quasi sempre per i motivi più inaspettati, ma si rideva.

Danza

Oggi, alla luce di Strade perdute, Mulholland Drive, Inland Empire e soprattutto The Return, viene da pensare che Twin Peaks sia stata più che altro un’eccezione, ed è questo il motivo per cui Fuoco cammina con me venne ricevuto così male. Alcuni degli elementi distintivi di Twin Peaks ci sono, soprattutto simboli e immagini (il semaforo, il sacco che avvolge Laura); ma Fuoco cammina con me ha un’atmosfera, un intento e anche riferimenti cinematografici completamente diversi da quella della serie a cui fa da prequel. È come se, libero dalle catene produttive imposte alla serie, Lynch abbia deciso di riversare tutte le sue idee più estreme e impresentabili dentro il film, quasi sfidando i fan di Twin Peaks a sopportare una visione che stravolge tutto quello che la serie aveva insegnato loro.

È vero, per esempio, che Twin Peaks faceva accenni frequenti e anche espliciti alla doppia vita di Laura, alle sue notti da prostituta, al consumo di droga. Ma Fuoco cammina con me fa un passo ulteriore e ci porta a forza dentro il suo mondo, fatto di terrore costante e non identificabile ogni volta che il padre le passa vicino, fatto di nottate passate a strusciarsi su sconosciuti per soldi, fatto di cocaina ma anche della costante ricerca di un contatto umano di qualche tipo, che la porta ad avere relazioni con James, con Bobby, con Harold il giardiniere agorafobico.

Fuoco cammina con me Leland

Laura Palmer è sempre stata un personaggio tragico, una vittima e un simbolo. Fuoco cammina con me la trasforma anche in un’icona da bruciare e calpestare. Un’influenza tossica su chiunque le stia intorno, compresa Donna (qui interpretata da Moira Kelly perché Lara Flynn Boyle si rifiutò di partecipare al film), che vive in un mondo di orrore e sofferenza costante. Manca anche il più piccolo barlume di speranza in Fuoco cammina con me, manca tutta la leggerezza e anche la simpatica pacchianeria di scene come questa; manca tra l’altro quasi del tutto Dale Cooper, perché anche Kyle MacLachlan ci mise un po’ a convincersi a partecipare e chiese che la sua parte fosse tagliata.

Violenza, orrore e disperazione separano nettamente Fuoco cammina con me da Twin Peaks, ma c’è un altro motivo ancora più importante per cui il film venne ricevuto così male e, rivisto oggi, è invece una delle chiavi di volta dell’intero universo lynchano. Si potrebbe spiegare così: Twin Peaks era una serie che mostrava situazioni normali nelle quali si infiltrava qui e là (e sempre più pesantemente con il procedere della storia) un pizzico di soprannaturale, di weird, di incomprensibile e inaspettato. Fuoco cammina con me, come anche The Return e quasi tutti i film di Lynch post-Twin Peaks, inverte invece queste proporzioni: è tutto strano, e nei rari casi in cui non lo sembra ancora più strano perché ci si chiede dove sia il trucco.

Dopo un inizio quasi lineare, il film ci mette pochissimo a deragliare, e nel momento in cui il lungo prologo ambientato a Deer Meadow si chiude e la scena si sposta a Twin Peaks Fuoco cammina con me esce definitivamente dai binari per non rientrarci mai più. D’altra parte è il racconto di un viaggio agli inferi che si concluderà, lo sappiamo fin dall’inizio, con l’omicidio della protagonista da parte del padre: Lynch ce lo racconta assaltando i nostri sensi senza un attimo di tregua, giocando con il montaggio e il sound design nei modi che poi ritroveremo in The Return.

Non arriviamo a dire che Fuoco cammina con me sia una prova generale per la terza stagione di Twin Peaks, ma di certo era avanti sui tempi di almeno trent’anni. Al tempo pochissima gente ci capì qualcosa, e ancora meno apprezzò l’uscire dalla sala senza avere la minima idea di che cosa volessero dire frasi come “io sono il braccio”.

Oggi lo sappiamo, e possiamo dirlo: ha sempre avuto ragione Lynch.

Classifiche consigliate