Peter Jackson ha presentato The Beatles: Get Back, la docuserie dedicata ai Beatles, in arrivo su Disney+ il 25, 26 e 27 novembre. Si tratta di un’opera monumentale di restauro e di montaggio delle 150 ore di audio (e 60 di video) della band chiusa negli studi di Twickenham per comporre quello che diventerà Let It Be.

Il regista ha spiegato di essere da sempre un fan dei Beatles. Classe 1961, è cresciuto con il gruppo che già ricopriva un posto di primo piano nella storia della musica. In casa avevano pochi dischi e crescendo ha recuperato la loro discografia a partire dalle compilation. Per fare Get Back, dice, non c’era altra possibilità che essere appassionato della loro musica data la sconfinata quantità di audio da ascoltare, spesso rovinato e di difficile comprensione. I filmati sono spesso catturati senza che il gruppo avesse piena consapevolezza dei essere sotto i riflettori perché immersi nel processo creativo. Ci sono diverse sfumature in quello che si dicono che richiedono una grande conoscenza delle loro dinamiche interne per essere colte.

Una piccola parte delle immagini furono inserite nel film Let It Be – Un giorno con i Beatles. Get Back racconta quindi le storie individuali dei quattro musicisti, ma anche quella del regista Michael Lindsay-Hogg che, nel frattempo, cerca di fare il suo film. Il suo materiale è restato chiuso in archivio per più di 50 anni, senza essere visto da nessuno.

Peter Jackson ha lavorato per quattro anni sulla fonte originale, arrivando a conoscere i Beatles con un livello di profondità concesso a pochi. “La cosa che più mi ha stupito è la poca organizzazione che c’è dietro il loro lavoro” ha ammesso stupito. Avevano perso il loro manager Brian Epstein, figura cruciale per i loro tour del ’64, ’65, ’66 fino allo stop dalle performance live. L’intero progetto Get Back nasceva infatti originariamente dall’idea di fare uno show televisivo, insieme a un album. Se di solito andavano in studio avendo già un’idea dei brani e parte del materiale pronto, in questo caso “erano particolarmente impreparati” a causa di impegni precedenti. Per questo si può cogliere nella serie una sorta di corsa contro il tempo che non ha però minato la loro creatività e la riuscita finale. 

Michael Lindsay-Hogg è in continua lotta contro la Band. Il regista cerca di catturare i momenti più autentici, ma sa ovviamente che appena punta le telecamere i musicisti si accorgono di essere filmati. Ha dovuto quindi adottare strategie per non farsi vedere, tra cui quella di lasciare aperti i microfoni quando la band chiedeva di spegnere le cineprese (cosa che è successa solo una volta). Il regista usava anche nastri adesivi per nascondere la luce rossa accesa che segnalava la registrazione, prendeva una tazza di tè e se ne andava. Così loro non credevano di essere filmati e interagivano senza filtri. Una ricerca di autenticità che ha conquistato Peter Jackson:

Come mai crediamo di conoscere i Beatles? Beh, abbiamo visto Hard Day’s Night ed Help. Li abbiamo visti suonare sui palchi e nelle conferenze stampa durante gli anni ’60. Ma Quei quei momenti erano tutte performance. Anche in conferenza stampa cerchi di essere naturale e te stesso, ma sei consapevole del pubblico. Erano una sorta di unità. Ma qui vediamo che non sono un’unità, sono solo quattro ragazzi. Quattro persone diverse, come tutti. Perciò hanno un modo diverso di affrontare i problemi. 

Un aspetto umano che emerge in Get Back e che Peter Jackson è contento di avere potuto scoprire. Un gruppo senza prime donne, dove appaiono tutti come persone sensibili pur con tutte le differenti ambizioni e le tensioni che attraversavano il gruppo in quel periodo prima dello scioglimento. 

Un primo teaser trailer di The Beatles: Get Back venne rilasciato il 21 dicembre 2020 giusto prima di Natale riscuotendo un plauso e un entusiasmo generale. Il trailer ufficiale della serie è arrivato però solo nell’ottobre di quest’anno. Una strategia promozionale insolita, che Peter Jackson ha svelato. 

Non stavo promuovendo il film, non si parte così presto di solito. Semplicemente avevamo tutto questo materiale dei Beatles e abbiamo pensato di fare una piccola sorpresa natalizia in un anno veramente difficile. 

Il compito di Michael Lindsay-Hogg era di registrare la performance costruendo un piccolo dietro le quinte di una trentina di minuti da passare in televisione. I Beatles non si aspettavano che gran parte del materiale venisse poi veramente usato come successo in Get Back. E anche all’epoca lo vivevano come un obbligo contrattuale da assolvere con la United Artists di un terzo film, ma senza particolare voglia di farlo. Quello che ne risultò fu Let It Be – Un giorno con i Beatles.

Let It Be non è un brutto film, l’ho visto di recente e non merita la pessima reputazione che ha. Ho parlato con Michael Lindsay-Hogg per tutto il tempo e mi ha raccontato storie della sua post-produzione. Con i Beatles che entravano in sala di montaggio e dirigevano certe cose. A volte Paul entrava e diceva cosa mettere e cosa togliere. Il giorno dopo arrivava John e gli dava istruzioni completamente differenti.

Eppure oggi Paul e Ringo, che hanno visto il prodotto finito, hanno lasciato totale libertà senza imporre note o correzioni. 

Quanto tempo serve perché qualcosa diventi storico? Quando ho mostrato loro la serie finita mi aspettavo di ricevere degli appunti. Se l’avessero fatto non mi avrebbe sorpreso e non mi sarei arrabbiato. Sarebbe stato normale se mi avessero chiesto di tagliare qualcosa o abbreviare delle conversazioni. 

Disney voleva togliere le parolacce e togliere le parti più colorite, ma sia Paul che Ringo si sono opposti, dicendo che è così che parlano. 

Credo che la storia abbia superato la loro preoccupazione sull’immagine da star. Sono cose così lontane nel passato che sono ormai parte della cultura. Perciò credo si possano permettere di farsi vedere al mondo in un modo più veritiero di come sono apparsi fino ad ora. 

Inizialmente Get Back doveva essere un film, poi è diventato una serie in tre parti. Si sono resi conto prestissimo che la storia richiedeva un formato più ampio in termini di tempo. Però Jackson inoltre non ama la cadenza settimanale degli episodi. Bob Iger (che nel 1995 fu convolto nella The Beatles Anthology) è stato di grande supporto. Fu proprio la trasmissione, un giorno dopo l’altro, dell’antologia in tv ad ispirare la release delle “tre notti” una dietro l’altra il 25, 26 e 27 novembre.

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