Dieci film, vent’anni di vita, complessivamente 1237 minuti di pellicola (da un minimo di 104’ a un massimo di 143’) e una media del 58% su Rotten Tomatoes (da un minimo del 28% a un massimo dell’82%). Al momento della pubblicazione Fast 9 è attorno ai 650 milioni di dollari, che porta l’intero franchise a oltre 6 miliardi e mezzo di incasso totale (con un ventaglio che va dai 159 milioni a 1 miliardo e 515 milioni).

Due registi americani caucasici, due registi afroamericani e due registi asiatici. Decine e decine di attori ma un nucleo centrale solido come poche altre volte si è visto a Hollywood.

Vice lo definisce “l’unico buon franchise di Hollywood”, correggendo poi il tiro all’inizio dell’articolo in un “il miglior franchise dei nostri tempi”. La sostanza cambia ma non di tanto: Fast and Furious è un pilastro di Hollywood, a maggior ragione se lo si guarda nell’ottica del franchise nato direttamente al cinema – una tipologia che, per usare un eufemismo, non abbonda. Nell’epoca della corsa alle proprietà intellettuali rappresenta una (bella) anomalia di questo secolo.

FAST & FURIOUS: IL SEGRETO DELLA LONGEVITÀ

Ma cosa lo rende così longevo e sempre così fresco? Sicuramente la spettacolarità e un cast a cui ormai il pubblico si è affezionato e che a turno può comprendere superstar come Vin Diesel, Jason Statham, Idris Elba, Charlize Theron e Dwayne Johnson. Presi individualmente, in carriera hanno dimostrato tutti di poter essere protagonisti. In Fast and Furious sono invece parte di un ingranaggio più grande, tant’è che mai una sola volta un singolo volto ha fatto da traino nei poster finali dei film. Ogni volta non ci sono mai meno di quattro volti nelle locandine appese ai muri dei cinema.

Ma non è solo questo, ci sono degli aspetti che toccano ripetutamente corde universali. Fast and Furious si è creato una sorta di comfort zone basata su due aspetti intramontabili: legami forti e libertà.

Il senso di gruppo/amicizia è uno dei primi che traspare, perché oltre ai sopracitati ci sono attori che a turno ricoprono ruoli di assoluto rilievo come Paul Walker, Michelle Rodriguez, Ludacris, Jordana Brewster, Tyrese Gibson, Lucas Black, Luke Evans, Sung Kang, Gal Gadot e Nathalie Emmanuel. Pensate ora a tutti i relativi personaggi e la domanda nasce spontanea: chi non vorrebbe vivere un’avventura circondato da un gruppo di questo tipo? Machismo senza un briciolo di mascolinità tossica e personaggi femminili assolutamente alla pari in termini di carattere, inventiva e sentimenti.

La caratteristica che li rende così affascinanti è la più intramontabile e desiderata che esista: il senso di libertà. Qualsiasi cosa venga proposta sullo schermo, e che sia naturalmente rilevante ai fini della trama, ha quell’inconfondibile sapore.

Per strada o più in generale negli spazi aperti succede qualsiasi cosa. L’azione – ovviamente – si svolge all’aperto, ci si innamora per strada, si socializza per strada, si mangia per strada e si balla per strada. È un aspetto impossibile da non notare, e se avete guardato la saga durante il lockdown o nei periodi delle varie, recenti restrizioni è una caratteristica che balza ancora di più all’occhio. Il senso di libertà è ovunque ed è contagioso. Sono liberi i destini e i percorsi dei personaggi: Paul Walker è libero di lasciarsi alle spalle il lavoro da agente sotto copertura per ammiccare al mondo delle corse clandestine, dall’altra parte Vin Diesel e soci sono liberi di abbandonare il mondo delle corse clandestine per mettersi – a modo loro – al servizio del potere governativo.

Seppur temporanea, pure le corse di auto esprimono un senso di libertà: i raduni clandestini, quindi senza l’approvazione o comunque contro il divieto delle autorità, diventano una discoteca a cielo aperto prima di lasciare posto al rombo dei motori. Le canzoni latine di Pitbull e J. Balvin, oppure quelle hip hop ad alta concentrazione di bassi sparate composte da alcuni dei pesi massimi della classifica Billboard come Post Malone, Wiz Khalifa, 2 Chainz, Quavo e tanti altri fanno il resto. Se non intervenisse la polizia si andrebbe avanti per tutta la notte.

Fast & Furious 2001

Scendendo nei dettagli, anche la scelta della birra ha quel sapore: fin dal primo film il feticcio è la Corona, ovvero la birra messicana adatta alle giornate in spiaggia, da prendere direttamente dai cestelli pieni di ghiaccio appoggiati sulla sabbia. Sostituite la Corona con una birra doppio malto tipica di qualche ombroso pub irlandese e avrete un effetto completamente diverso. E invece Fast and Furious non si lascia sfuggire l’occasione di comunicare libertà nemmeno con una semplice birra inquadrata per pochi secondi alla volta, ma che fa da “ritornello” tanto nel primo film quanto in Fast & Furious 9, attualmente al cinema.

Libertà che va di pari passo con il desiderio di vivere appieno la propria vita. Nel corso di questi vent’anni i personaggi sono cresciuti e le loro vite sono cambiate. Nessuno di questi schiva le responsabilità che l’età adulta porta con sé. Arrivano relazioni e figli, non ci si sottrae al proprio (nuovo) ruolo ma allo stesso continua a essere essere vivo un fuoco sacro che continua a portarli al centro dell’azione. Con il passare dei film diventa sempre più bello vederli in questa doppia veste, e piano piano cedere sempre al proprio richiamo interiore e gettarsi nella mischia. Vivere al massimo, sempre e comunque, e riempirla di adrenalina, anche quando la vita fa di tutto per portarti nella direzione pantofole e divano (l’unico che cede è il personaggio di Paul Walker, ma è solo una necessità narrativa dovuta ai tristemente noti motivi).
E chi non vorrebbe avere un fuoco sacro che fa sentire sempre vivi anche quando la gioventù anagrafica diventa un ricordo? Vivere un quarto di miglio alla volta tiene quanto più possibile alla larga la fase decadente della vita. Forever young.

Libertà di sovrapporre le emozioni reali a quelle della finzione cinematografica. Lo struggente finale di Fast and Furious 7 basta e avanza per riconoscere e celebrare l’anima di questo franchise. Come se non bastasse, dalla riapertura dei cinema a oggi vi sarà sicuramente capitato di vedere il trailer metacinematografico durante il quale Vin Diesel si rivolge direttamente al pubblico in sala per incoraggiare il ritorno nei cinema per godersi appieno l’esperienza cinematografica.

Vi ricordate tanti altri finali così emotivamente forti e simbolici? E vi ricordate tanti altri trailer così atipici e che vi guardano dritti negli occhi? Normalmente i trailer usano legittimi trucchi per stuzzicare e intrigare lo spettatore. Qui nessun trucco: Vin Diesel parla senza fronzoli dei ricordi pre-pandemia che ci accomunano tutti e fa leva su quelli per convincerci ad andare a vedere il suo film.

Fast and Furious è questo: se vi dovesse ricapitare, guardateli ad alto volume e con la “familia” che vi siete scelti. Ne varrà la pena.
 

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