Point Break è su Amazon Prime Video

Nell’ottobre dell’anno scorso è uscito, per PC e per le console di nuova e un po’ meno nuova generazione, un gioco chiamato Riders Republic. Ambientato in una mappa creata mischiando insieme alcuni dei parchi nazionali più famosi d’America, il gioco è una collezione di gare ed eventi limitrofi legati agli sport più o meno estremi, dallo snowboard in pista nera ai voli in wingsuit passando per le sempreverdi biciclette. Per giustificare la presenza di queste gare, Riders Republic racconta, o prova a raccontare, una storia un po’ sciocca e raffazzonata, che vede chi gioca vincere gare e farsi notare per scalare i ranghi di questa organizzazione di gente a cui piace rischiare l’osso del collo chiamata, appunto, Riders Republic. È una storia posticcia e inutile, e particolarmente irritante perché popolata solo di quarantenni ipercaffeinati che parlano come se fossimo ancora negli anni Ottanta. Ebbene, ora sostituite l’ottimismo e la caffeina con l’ecoterrorismo e otterrete il remake di Point Break.

Partiamo da un presupposto essenziale, fondamentale, irrinunciabile: Point Break, inteso come il film di Kathryn Bigelow, è un’opera irripetibile. È inutile che proviate a convincerci che con i giusti accorgimenti e le giuste modifiche… Point Break fu il classico lampo in una bottiglia, arrivato al momento giusto e con le facce giuste. Non avrebbe fatto lo stesso successo senza Patrick Swayze, e non sarebbe rimasto nella memoria collettiva se non fosse anche un film girato da una delle migliori registe della storia del cinema. Il suo mix di spiritualismo d’accatto, thriller balneare, action “da maschi”, bromance e un’abbondante spruzzata di camp che lo aiutava a non prendersi troppo sul serio è complicatissimo da replicare, e per farlo servirebbe concedere a chi vuole provarci un’enorme libertà creativa, quasi impossibile in un periodo storico come questo.

 

Utah

 

Per cui perdoniamo in partenza il remake di Point Break in quanto pessimo remake di Point Break: non ci si poteva fare molto. Ci si poteva forse fare qualcosa di più facendo un po’ di attenzione a modificare le cose giuste; e invece qui Johnny Utah non è un ex giocatore di football stroncato da un infortunio, ma un ex appassionato di sport estremi che compiva le sue pazze evoluzioni per avere il maggior numero possibile di visualizzazioni su YouTube. Questa scelta potrebbe sembrare perfetta, perché crea un Johnny Utah già all’altezza delle sfide che affronterà; Keanu Reeves partiva dal football per scoprire il mondo del surf, Luke Bracey invece comincia il film percorrendo in moto il difficilissimo costone di una montagna molto alta.

E invece poi poco dopo scopriamo che Point Break vuole strafare, e invece di concentrarsi su un singolo sport e sviscerarne l’estetica e la filosofia butta nel mucchio ben otto sport diversi. Per cui tutta la costruzione del Johnny Utah competente crolla miseramente, perché saper andare in moto non significa necessariamente saper volare con una wingsuit o fare surf. O meglio, non dovrebbe – perché il film decide di ignorare questo ennesimo particolare tutt’altro che secondario e trasformare Utah in una specie di supereroe che impara alla perfezione qualsiasi sport estremo non appena ci si mette cinque minuti. Un po’ come Neo con il kung-fu in Matrix – che sia un omaggio voluto al protagonista dell’originale?

 

Point Break Utah

 

Ne dubitiamo moltissimo: Point Break non è un film furbo, né particolarmente intelligente. È spettacolare, questo gli va concesso: per lunghi tratti sembra che i dialoghi, la costruzione dei personaggi, le scene di raccordo non siano altro che una lunga rincorsa verso il prossimo momento nel quale i protagonisti si lanciano giù da qualcosa. È un film che vuole raccontare tanto, complicando l’aspetto thriller dell’originale e portandolo su una scala più globale, ed è quindi costretto a infilare meccanicamente una scena dietro l’altra, uno spiegone dietro l’altro per tenere il ritmo del suo stesso intreccio. E in mezzo, a fare da tessuto connettivo nonché unica ragione plausibile per cui nel 2015 una persona potesse decidere di andare al cinema a vedere questo film, tante, tantissime evoluzioni, corse pazze in snowboard, surfate estreme, persino una citazione neanche troppo velata a Fight Club, per non farsi mancare nulla.

Point Break è un film senz’anima, popolato da gente grigia con motivazioni altrettanto grigie e che passa il tempo a sussurrare grigie frasi alla persona che ha davanti in quel momento. È uno showcase di sport estremi, ma serviva davvero il remake di un classico per convincerci che lo snowboard funziona bene al cinema? È il genere di film che quando non sta andando a cento all’ora procede al ritmo di una massa di melassa congelata che cade giù da una scala. È viscoso e appiccicaticcio, e nel tedio dell’ennesimo dialogo fatto di cliché ti porta a farti domande che la sospensione dell’incredulità dovrebbe essere in grado di tenere a bada: perché questi ecoterroristi che vogliono salvare il pianeta vanno in giro in elicottero, distruggono l’ecosistema, usano tavole da snowboard che sono probabilmente assemblate da minori sottopagati in qualche fabbrica lontana dall’Occidente e quindi dalla civiltà, dipinte con ogni probabilità con vernici tossiche per non parlare della provenienza del legno usato nella loro costruzione? In che modo rubare milioni di dollari sotto forma di diamanti e poi farli piovere in testa ai poveracci è una buona idea? Se non hai un tetto sopra la testa e l’energia elettrica come puoi sperare di vendere un diamante ottenuto illegalmente e non finire con la gola tagliata? Le autorità locali saranno immediatamente accorse sul luogo a sequestrare la merce e arrestare la gente: a questo ci avevano pensato, gli ecoterroristi?

 

Hippy

 

Vi ricordate Keanu Reeves e Patrick Swayze? Immaginate come può funzionare la stessa storia interpretata però da Luke Bracey ed Édgar Ramírez. Ve lo diciamo noi: malissimo, i due non hanno alcuna alchimia, nessun carisma, nessuno star power e nessuna capacità di mangiarsi un’inquadratura con la loro stessa presenza. L’assenza di carisma è uno dei tratti distintivi fondamentali di Point Break: è indicativo che, per l’inevitabile ruolo femminile di secondo piano ma utile per far felici gli occhi, sia stata scelta Miss Anonimato Teresa Palmer in persona. Vi ricordate tutta la retorica sul surf che sembrava alta filosofia perché ce la spiegava Patrick Swayze? Immaginate qualcosa di simile, ma senza alcuna traccia di ironia o di personalità, e avrete un’idea di cosa significa sopportare Point Break. Tutto nell’attesa della successiva scena d’azione – ma allora a quel punto tanto vale andare su YouTube a cercare i video con la GoPro che la gente si fa lanciandosi giù dalle montagne. È pure gratis.

Ci consoliamo pensando che almeno il cast si sarà divertito, vista la quantità di magnifiche location nelle quali è stato girato il film.

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