Ci sono dei film che sembrano esistere solo per poter usare Nicolas Cage a briglia sciolta, per poter avere come appeal il fatto che “Nic Cage fa il matto”. Il colore venuto dallo spazio è un po’ questo, non lo è a livello di Mandy, che puntava su quello tutta la sua (scarsa) forza commerciale, ma a suo modo lo è.

Ovviamente alla base di tutto c’è Lovecraft e in teoria la vera attrattiva del film dovrebbe essere il fatto che adatta il famoso omonimo racconto breve, tuttavia a Richard Stanley (una carriera tutt’altro che immacolata la sua, ma andiamo per gradi) interessa molto di più usare il nome che ricreare Lovecraft al cinema.

Da che la storia si svolge come una cronaca di quel che è già accaduto, nel film lo viviamo giorno per giorno, tramite la famiglia protagonista con tutta una sua vibe horror anni ‘80 da Carpenter, molto ancorato a Terra, molto La Cosa.

Prima di andare avanti voglio chiarire una cosa: se a me qualcuno dicesse che esiste un film che adatta Il colore venuto dallo...