Brendan Fraser è tornato con The Whale. Ecco perché la sua performance ci ha emozionato particolarmente per quello che c’è dentro e, questa volta, anche per quello che c’è stato fuori dallo schermo.

Una standing ovation, al giorno d’oggi, non si nega a nessuno. Soprattutto nei grandi festival cinematografici, dove la presentazione dei film di Hollywood segna il più delle volte l’inizio della campagna promozionale che, come sperano i produttori, potrebbe portare a qualche nomination oltre a una lunga vita al botteghino. L’applauso del pubblico, e degli addetti ai lavori, a fine proiezione è una gentilezza (non) dovuta e un modo di supportare l’opera. Però ci sono applausi e applausi. Quando si è lì, in presenza alla fine della proiezione, si può benissimo percepire la differenza.

Quando si riportano le notizie delle reazioni del pubblico alla prima spesso si contano i minuti. Badate bene, nessuno tira fuori un cronometro per misurare lunghezza e intensità, sono sempre stime spannometriche e vanno prese come tali. Nessuno è poi obbligato a stare in sala a celebrare regista e cast. Spesso quindi c’è chi si ferma ad applaudire e chi esce per andare alla proiezione successiva. Anche questa è una metrica spesso trascurata: quanti restano. Un film può dividere e piacere molto solo a metà del pubblico, lasciando con l’amaro in bocca il resto. Ma questo, con una vistosa standing ovation, passa in secondo piano sui giornali.

Cos’è The Whale per Brendan Fraser

The Whale è un film dai buoni sentimenti, ma è pur sempre un film di Darren Aronofsky. Un regista che ama sporcare le sue opere, che riesce piacere moltissimo e contemporaneamente ad essere odiato. Se infatti sul film non si è avuto un consenso critico, sulla performance di Brendan Fraser anche i detrattori del film hanno ammesso senza problemi che si tratta di un gradito ritorno. Il suo Charlie è tutto per Aronofsky, a lui è affidato tutto il trasporto emotivo. L’immenso corpo è frutto ovviamente di effetti speciali (le immagini promozionali rilasciate fino ad ora non rendono l’idea di quanto sia radicale il trucco). Non sarebbe sufficiente a fare entrare nella storia. Fraser riesce invece a fare emergere il suo personaggio oltre l’apparenza utilizzando le mani e gli occhi come principali strumenti comunicativi. Crea molte sfumature, capisce il passato di Charlie, lo fa suo e lo rende parte integrante del presente.

Nonostante le difficoltà che deve affrontare, Charlie è autoironico e pienamente consapevole della sua condizione, sia fisica che famigliare. Non è difficile volergli bene. Ogni movimento gli è impossibile, anche i più elementari. Persino deglutire gli può costare la vita. La sua presenza in scena è all’insegna della fragilità. E Fraser è bravissimo a metterla sullo schermo. Passa da un estremo all’altro come richiedono le performance istrioniche che spesso preludono agli Oscar. Certo, alcune polemiche recenti rispetto alla rappresentazione dell’obesità, potrebbero soffiargli di mano l’ambito premio. Va riconosciuto però che questa è di gran lunga la migliore interpretazione di tutta la carriera di Brendan Fraser e non solo, è la più inaspettata. Se mai da qui ci sarà una rinascita della sua carriera, non sarà questo un seguito ma il suo nuovo inizio. 

Il secondo tempo di Brendan Fraser

Brendan Fraser è stato un monito per tutti: la celebrità arriva all’improvviso e altrettanto velocemente svanisce. Gli innamoramenti di Hollywood durano molto poco. Prima sei ovunque, con un incessante ritmo lavorativo che può piegarti. Il giorno dopo nessuno ti chiama più per le interviste e le uniche parti che riesci a racimolare sono in prodotti minori. 

Tutto iniziò nel 1991 con ruoli poco più che da comparsa. Nel giro di un anno ottenne il suo primo ingaggio da protagonista in Scuola d’onore (insieme a Ben Affleck e Matt Damon). Da lì in poi Fraser fu catalogato e rinchiuso nel personaggio. Eroe d’azione, simpatico ai più giovani, perfetto per i blockbuster ricchi di umorismo. Una carriera all’insegna di muscoli e risate, in George re della giungla..? e soprattutto nel franchise che lo fece diventare una star globale: La Mummia. Alle porte del duemila i suoi film facevano soldi, anche a fronte di una qualità discutibile. Poche le incursioni nel cinema d’autore. Ha avuto un ruolo in Crash: Contatto fisico, un film pieno di star, per poi ritornare ai film per ragazzi con Viaggio al centro della terra

Nel 2008 la fiaba stava per finire. Come ha confessato a GQ era uscito a pezzi dal decennio da star. Sofferente nel corpo per via delle continue performance fisiche che gli venivano richieste e senza un’idea di come rilanciarsi. Ha affrontato il divorzio nel 2009, mentre i franchise che lo vedevano protagonista venivano rilanciati con reboot senza di lui. 

brendan fraser george

Le molestie e la crisi

Brendan Fraser ha raccontato di essere stato vittima di depressione in seguito alle molestie subite nel 2003. Era a un pranzo di gala della Hollywood Foreign Press Association quando l’ex presidente dell’associazione, Philip Berk, si avvicinò a lui e iniziò a toccarlo nelle parti intime. L’attore si allontanò e chiese tramite il suo agente una lettera di scuse che gli venne poi recapitata. Il fatto ebbe però dure conseguenze su di lui: cambiò radicalmente il suo posto all’interno di Hollywood. Da quel momento iniziò a ricevere meno chiamate dopo essere stato inserito – come lui dice – in una lista nera di Hollywood. In quegli anni ripensò radicalmente la sua posizione all’interno dell’industria. Accuse e deduzioni che Berk e la HFPA hanno detto essere completamente inventate. 

Al di là delle cause, quello che colpisce di più dopo avere visto The Whale è proprio quello che è successo. Il tramonto di una carriera mai veramente iniziata. C’era il Brendan Fraser con il potere di star, ma non abbiamo mai potuto vedere il Brenda Fraser attore. La sua rinascita è stata lenta e faticosa. Una nuova “gavetta” a partire dalla televisione. Ha partecipato a The Affair: Una relazione pericolosa e Texas Rising. Poi Trust: il rapimento Getty e Condor.

Nulla in confronto a quello che promette questa nuova stagione 2022-2023. Oltre a The Whale infatti vedremo l’attore in Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese. Sarà protagonista di Behind the Curtain of Night e condividerà lo schermo con Josh Brolin e Peter Dinklage in Brothers. Anche Batgirl avrebbe contribuito al suo grande anno ma, come noto, il film è stato cancellato. Qui potete trovare commento ironico a tal proposito dell’attore.

Il tempo dei premi

La commozione di fronte all’applauso che gli è stato tributato a Venezia e il premio raccolto a Toronto non sanno di trionfo. Sono il segno di una maturazione tanto attesa, di una seconda possibilità per mostrarsi al pubblico non più come star ma come la versione più vera di sé che il grande schermo può concedere.

È la stessa storia che il cinema ama raccontare dentro e fuori lo schermo. Chi va in cima cade e si rialza. Chi è in basso può seguire il suo talento e ricominciare. Non è mai troppo tardi, c’è spazio per chiunque abbia molto da dare. Solo che nella realtà non è così. E spesso chi non riesce a reggere il ritmo dello stardom viene messo da parte e mai più ripreso. Con Brendan Fraser tutto questo colpisce ancora di più. È certamente una seconda possibilità significativa. A che uomo è stata concessa però? Al giovane che correva di qua e di là nei film facendo innamorare le donne e salvando la situazione o a un artista profondamente cambiato?

Così il ritorno di Brendan Fraser assomiglia a qualcosa d’altro che ad un semplice ritorno di fiamma. È la conferma per tutti coloro che tra gli anni ’90 e l’inizio del 2000 avevano visto qualcosa di magnetico in questo attore che si era sempre messo a disposizione del film. Sempre presente, mai veramente memorabile, restava però catalizzando su di sé un affetto irrazionale e solo apparentemente immotivato. La risposta sta arrivando. La standing ovation è meritata. Chi aveva visto Brendan Fraser… ci aveva visto giusto.

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