Quando muore un artista, è tradizione ormai consolidata encomiarne i pregi e stendere un velo di discreta circospezione circa i difetti della sua opera. Sarebbe semplice applicare questa tacita legge anche a Franco Zeffirelli, che si è spento all’età di 96 anni dopo aver coperto più di mezzo secolo cinematografico italiano con i suoi film, ricoprendo peraltro una parallela posizione di spicco nel nostrano panorama teatrale. Si potrebbe facilmente sorvolare sui manierismi accentuatisi negli anni fino a prendere il totale sopravvento sulla sostanza narrativa, o sulla fatale attrazione per i toni più melodrammatici dei suoi film, più volte spinti sull’orlo di un sentimentalismo teatrale fin troppo melenso. Molti sono quelli che la critica ha definito passi falsi tra l’esordio del ’57 con Camping, basato su un soggetto di Paolo Ferrari e Nino Manfredi, e l’ultimo Omaggio a Roma, cortometraggio del 2009 che vedeva gli emblemi d’italianità da cartolina