Di Gian Luigi Rondi due cose si conoscono più di tutte: la sciarpa bianca e l’epigramma di Pasolini (“Sei così ipocrita che l’ipocrisia ti avrà ucciso sarai all’inferno e ti crederai in paradiso”).

Pochi sanno che solo qualche anno dopo Pasolini stesso si pentì di quanto aveva scritto (non sarà né il primo né l’ultimo regista a odiare un critico) e divenne molto amico con Rondi. Ma del resto tutti erano amici di Rondi e Rondi era amico di tutti. Negli ultimi tempi era noto più che altro per la collaborazione assidua alla trasmissione di Rai Uno Cinematografo, chiusa burrascosamente qualche anno fa, ma in realtà è stato uno dei più rilevanti animatori culturali cinematografici della seconda metà del novecento italiano. Ci sono ottime ragioni per odiarne la figura, le idee e l’etica, come ce ne sono di altrettanto ottime per lodarne l’operato e la funzione di tramite tra il mondo distante dei critici tutto d’un pezzo e quello bieco della politica che nel cinema cerca una legittimazione. ...