Alzi la mano chi qualche anno fa avrebbe scommesso sulla resurrezione di Resident Evil. Dopo aver galleggiato fin troppo a lungo nella mediocrità, negli ultimi tempi la saga ha ripreso a macinare orrore di qualità, nostalgico o di nuova fattura che sia, e finalmente giocare a un videogioco intitolato “Resident Evil Qualcosa” è tornata a essere un’esperienza imperdibile. Come dite, pensavate parlassimo dei film e che stessimo per dire qualcosa di bellissimo su Welcome to Raccoon City? Purtroppo no, ci dispiace: con tutto l’affetto infinito che abbiamo per Paul W.S. Anderson (senza il quale i film di Resident Evil manco esisterebbero) e per Milla Jovovich (idem), il franchise al cinema non è mai riuscito a raggiungere i livelli videoludici, e anche il punto più alto raggiunto in sala non è comunque all’altezza non solo del punto più alto raggiunto su una console, ma forse neanche del secondo o terzo classificato.

Questo non significa che la saga di Resident Evil non ci abbia regalato soddisfazioni – d’altra parte non si incassano 1.2 miliardi di dollari con sei film orribili. Significa solo che, rispetto a certi filotti avvenuti su console, i film di Resident Evil sono più rarefatti in termini di momenti indimenticabili, e quasi tutti, in un modo o nell’altro, hanno qualche difettuccio grande o piccolo che li tiene un po’ a bada. Però ripetiamo: 1.2 miliardi di dollari. Qualcosa vorrà pur dire. Cosa di preciso non lo sappiamo, ma il dato, e ovviamente l’uscita di Welcome to Raccoon City, ci hanno fatto venire un’idea: mettere in ordine dal peggiore al migliore i sei film (fin qui) della saga di Resident Evil. Inutile dire che come tutte le classifiche anche questa è soggettiva e contestabile (siamo sicuri in particolare che la prima posizione causerà discussioni): se avete opinioni diverse fatecele sapere!

INDICE

Resident Evil: Retribution

La cosa più bizzarra dell’intera saga di Resident Evil è che l’uomo che l’ha fortemente voluta è anche quello che ha girato i capitoli peggiori della saga. In particolare dopo il 2010, il povero Paul W.S. Anderson è andato incontro a un filotto di disastri nei quali ha provato a sperimentare con il 3D e a combinarlo con la sua passione per l’ipercinetismo e le inquadrature spericolate, ottenendo come risultato roba tipo I tre moschettieri. O appunto questo Retribution, che riesce a spiccare per il casino immotivato che genera in una saga già parecchio confusa di suo riesce. Rispetto al prossimo posto in classifica ha il vantaggio di coreografie più chiare e meno da epilessia istantanea, ma poco altro.

Resident Evil Retribution

Resident Evil: Afterlife

Il ritorno di PWS alla saga è anche il film che più di tutti si batte con Retribution per l’ultimo posto in classifica. Il fatto che sia stato concepito già nel 2005 come seguito di Extinction ma che sia poi uscito solo cinque anni dopo già all’epoca era un segnale che qualcosa non stava funzionando; in questo caso il qualcosa è quasi tutto sulle spalle dell’autore del film, che scrive una sceneggiatura inutilmente intricata e un po’ scema e ci innesta sopra alcune delle peggiori scene d’azione da lui mai girate, con in particolare un utilizzo criminale del 3D. Il suo vero difetto però è forse quello di riprendere alcuni aspetti dell’estetica del primo film e ripulirli a livello “pareti di vetro di un Apple Store”, dando così un taglio netto con l’immaginario post-apocalittico che funzionava così bene nel secondo e terzo capitolo.

 

Final Chapter

 

Resident Evil: The Final Chapter

Viene voglia di premiarlo solo per il simpaticissimo titolo nel quale non abbiamo creduto neanche per un istante – a meno che non vogliate obiettare che “Welcome to Raccoon City è un reboot e quindi non c’entra con i sei precedenti”. In realtà The Final Chapter ha il grosso difetto di arrivare troppo tardi: è il film nel quale PWS dimostra di aver finalmente capito come usare i nuovi giocattoli tecnologici sui quali ha puntato fin da Afterlife, e di conseguenza quello più leggibile a tutti i livelli – visivo, ma anche di scrittura. Aiuta anche il fatto che il film è una sorta di chiusura collettiva di parentesi, un gigantesco sendoff che può quindi contare anche sul fattore emotivo.

Resident Evil: Apocalypse

Alexander Witt è la seconda unità di fiducia di Ridley Scott da sempre, e Apocalypse è il suo debutto assoluto da regista. Basato in parte su Resident Evil 3: Nemesis (il videogioco), è un taglio netto con le atmosfere claustrofobiche del primo film della saga, e comincia ad avvicinarsi alla post-apocalisse dei film successivi, come suggerisce d’altra parte anche il titolo. Anderson non c’è, ma in qualche modo si vede: il film pesca a piene mani da classiconi sci-fi tipo Fuga da New York, e a Witt non rimane che eseguire. Peccato solo che Nemesis, uno dei mostri più (possiamo dirlo?) iconici della saga videoludica, non riesca, per motivi che se avete giocato ai giochi potrete facilmente capire, ad avere l’impatto che si meriterebbe.

 

Resi 1

 

Resident Evil

D’accordo, molta gente lo odia, perché pur essendo molto simile al videogioco al quale si ispira (in termini di ambientazioni e di storia raccontata) Resident Evil prende una strada molto più action, diciamo da Aliens, e rinuncia quindi alla claustrofobia e al terrore puro del non sapere che cosa si nasconde dietro l’angolo. Ma Resident Evil, visto con gli occhi della persona a cui piace il genere e non con quelli da fan dei videogiochi, era e rimane ancora oggi un ottimo action-horror; teso il giusto, violento quanto basta e anche un po’ di più, girato con mano sufficientemente ferma da rendere leggibili anche le infinite sparatorie in corridoi bui che lo caratterizzano. E poi è il film che ci ha regalato Milla Jovovich nella sua versione migliore di sempre: anche per questo gli siamo grati.

Resident Evil: Extinction

Sapete cos’ha fatto Russell Mulcahy prima di Extinction? Alcuni esempi. Un horror con un cinghiale assassino intitolato Razorback (bellissimo, recuperatelo). Il primo Highlander. Il secondo Highlander. The Shadow, quello con Alec Baldwin supereroe. Il video di A Kind of Magic dei Queen. Il video di Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler. Questo per dire che Russell Mulcahy è tante cose, ma sicuramente non è una persona sobria. Ed era quindi quello che nel 2007 serviva a Resident Evil, un film che per far capire le proprie intenzioni fin dall’inizio si apre quasi in stile Saw e prosegue così:

 

 

…e prosegue dritto per dritto su questa strada fatta di deserto, neve, e un’eccezionale Las Vegas post-apocalittica, regalandoci tra l’altro una delle morti migliori della storia del cinema (spoiler, ovviamente, ma è qui) e un finale che finale non era e che ci prometteva altri film di quel livello, con quell’impatto visivo e con quell’arroganza. Le cose poi non sono andate così (v. l’inizio della classifica), ma per lo meno Russell Mulcahy si può consolare sapendo che non è colpa sua.

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