La torre nera va in onda su TV8 questa sera alle 21:30

Parlare di La torre nera è un po’ come sparare sulla Croce Rossa, se la Croce Rossa non fosse un’organizzazione internazionale di volontariato ma un brutto e pasticciato adattamento di una saga letteraria che è stata per anni considerata infilmabile – e a buon diritto. Il film Nikolaj Arcel, che dal 2017 non si è ancora ripreso, era destinato al fallimento fin dall’inizio, e aveva una possibilità pari allo 0,7% di ribaltare i pronostici e rivelarsi un’opera azzeccata. C’è un motivo se prima J.J. Abrams (voluto fortemente da King in quanto grande fan di Lost) e poi Ron Howard hanno abbandonato il progetto di adattare i sette-romanzi-e-mezzo di Stephen King in un film unico, e c’è un motivo se gli amici di Arcel da allora lo prendono in giro perché non è stato capace di annusare il pericolo e mettersi in salvo prima che fosse troppo tardi.

Il motivo è che i romanzi di King (sette più un racconto) sono lunghi, densi, complessi, intricati, collegati tra loro in maniere non sempre lineari; sono un affresco gigantesco e spesso eccessivo (nell’accezione migliore del termine) creato dalla fantasia di uno Stephen King in versione fantasy/western, un colosso che travalica i generi, la prima incursione del Re nell’ambito della mitopoiesi di stampo tolkieniano. E non solo! La torre nera è anche ispirato alla leggenda di Re Artù, ai film di Clint Eastwood, oltre che ovviamente al poema quasi omonimo di Robert Browning. È forse il magnum opus di Stephen King, e funge anche da crocevia per tante altre storie più o meno collegate (compreso Shining) e che vanno a costituire una sorta di multiverso kinghiano in anticipo sul resto della cultura pop di almeno vent’anni.

 

Idris

 

Di fronte a cotante aspettative, era ovvio già dall’inizio che La torre nera avrebbe deluso. Non è un caso che il progetto iniziale prevedesse non solo il film, ma una serie di altre opere collaterali/crossmediali (compresa una serie TV soffocata nella culla dopo il flop del film) che avrebbero espanso ed esplorato in profondità l’universo appena accennato nell’opera principale. La quale già di per sé partiva con ambizioni forse troppo alte: adattare non il primo romanzo, ma tutti e sette contemporaneamente, e in più ambientare il film dopo la fine dei romanzi stessi, così da renderlo anche una sorta di sequel. Non vogliamo arrivare a dire che fosse un’operazione condannata al fallimento, ma non ci andava lontano: come si fa a comprimere così tanto materiale in un film da novanta minuti senza lasciarsi per strada dei pezzi, e creare quindi un’opera insoddisfacente e insufficiente per i fan, e al contempo incomprensibile per chi non ha mai letto i romanzi?

Non si fa, ecco come: e infatti La torre nera è esattamente quello che abbiamo appena scritto, un film frettoloso e raffazzonato se visto dal punto di vista del fandom, ma anche confuso, incomprensibile e un po’ casuale se visto con occhio neutrale. È come se la produzione si fosse trovata di fronte a un bivio – facciamo felice il fandom o proviamo a creare pubblico nuovo? – e avesse deciso di imboccare una terza strada, quella segreta, quella che in ultima analisi non soddisfa nessuno, né i vecchi lupi del deserto né le nuove reclute.

 

Cupo torrione

 

È fin troppo facile identificare i problemi di La torre nera. Il più grosso di tutti è forse il fatto che gli manchi completamente un’anima: è un film nel quale devono per forza succedere un sacco di cose una dopo l’altra, e devono succedere esattamente nell’ordine e nel modo in cui succedono perché altrimenti l’intero ordito del film collasserebbe su sé stesso. È un film meccanico, preoccupatissimo di portare la trama dal punto A al punto B e poi al C senza mai sgarrare, e che quindi non ha tempo di infondere nel racconto quel minimo sindacale di umanità ed empatia che aiuta l’immersione. È anche un film pensato male in partenza: quando hai a disposizione un Idris Elba in gran forma (l’unico raggio di luce nel deserto emotivo che è La torre nera), è un peccato sprecarlo e trasformarlo in un personaggio di contorno, la spalla del protagonista, uno che esiste solo in quanto deus ex machina e dispensatore di spiegoni.

Soprattutto se poi il vero protagonista è un ragazzino (Tom Taylor) indubbiamente talentuoso ma la cui semplice presenza sposta immediatamente il film in territori PG-13: La torre nera è anche una saga violenta e disturbante, weird nel modo giusto, scritta da uno che ha dimostrato un paio di volte in carriera di saperci fare con l’horror. Il film di Arcel, invece, è educato e perbenista, cucito su misura intorno a un protagonista pre-adolescente che si trova catapultato in un mondo altro nel quale si scopre bersaglio del villain di turno.

Il quale è un’altra delle grandi delusioni di La torre nera: per farla semplice, Matthew McConaughey non ha alcuna voglia di essere lì, e si vede. Il suo Walter Padick non ha un briciolo del carisma che hanno solitamente i personaggi di McConaughey, e anche le sue motivazioni sono nebulose se non si ha esperienza con la fonte letteraria. Ci stiamo sforzando al massimo per trovare qualcosa di buono da dire sulla sua prestazione, ma il massimo che ci viene in mente è “bei costumi”. Vale un po’ per tutto il film: quantomeno non si può dire che i 60 milioni circa di budget siano stati sprecati, visto che nelle rare occasioni in cui Arcel si concede un po’ di spettacolo La torre nera sembra quasi poter funzionare.

Ogni volta dura pochissimo: il tempo di sentire un’altra frase scritta da un algoritmo ed enunciata con la stessa passione, o di assistere all’ennesima sparatoria girata senza ritmo e senza guizzi. La torre nera poteva essere un mattone di tre ore scritto e diretto apposta per i fan dei romanzi di King. O al contrario poteva essere un mattone di tre scritto e diretto apposta per chi non aveva mai letto un romanzo di King e voleva fare i suoi primi passi nel Medio-Mondo. Invece si è scelto di fare tutte e due le cose insieme, e di farle malissimo.

Trovate tutte le informazioni su La torre nera nella nostra scheda!

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