Rivediamo Life – Non oltrepassare il limite, disponibile su Amazon Prime Video, e ne riparliamo in questo articolo pieno di spoiler.

È incredibile che Daniel Espinoza, il regista di Life, sia anche l’uomo dietro a Morbius. Nel primo la sua regia era una promessa. Un’ottima gestione della tensione, una giusta ambizione dimostrata nei piani sequenza non necessari ma belli da vedere, e tanto entusiasmo nel fare cinema di genere. Pochi anni dopo, adattando sul grande schermo il villain Marvel, si è perso tutto questo. Un film teleguidato, senza inventiva e con un senso dell’orrore da pessima tv degli anni ’90. 

Così Life merita una seconda visione soprattutto per dare una seconda possibilità ad Espinoza. Ammettiamolo: già nel primo atto ci regala una delle morti gore più soddisfacenti. Se la prende Ryan Reynolds, insopportabile, sempre ammiccante. Calvin, la creatura aliena recuperata dall’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale, se lo mangia dall’interno. Il sangue sparato ovunque senza gravità e i movimenti involontari dovuti alla presenza del corpo estraneo rendono la sequenza esilarante e impressionante al contempo. Una delle cose che si ricordano di più. Una bella idea di orrore ben eseguita che fa cambiare tono al tutto.

Questo è anche il problema principale del film. Prova a cambiare spesso, usando registri diversi, purtroppo però questi non si uniformano mai bene. L’inizio è quasi contemplativo. Quando sei da solo nello spazio e trovi prove di vita su Marte, è normale riconsiderare le priorità dell’esistenza. Il conforto di non essere gli unici in questo universo, la paura di essere fragili. Poi però Life diventa una sorta di emulo di Alien attribuendo (grave errore) un’improbabile intelligenza all’alieno. Si perde l’idea di avere a bordo una creatura diversa e selvaggia. Un animale. Calvin si comporta invece come un essere umano, anche più intelligente, seppur con una forma e una forza ben diversa. Talvolta si entra nel territorio Gravity: passeggiate nello spazio e rientri disperati sulla terra.

Il finale butta via ogni serietà. Come negli horror da antologia l’effetto sullo spettatore è più importante della chiusura della storia stessa. In poche parole: le cose non riescono come vorrebbero David e Miranda, gli unici due sopravvissuti all’attacco. Si lanciano nelle capsule di emergenza, uno per uccidere l’alieno, l’altra per salvarsi. Dei detriti deviano la rotta. David cade nella baia di Ha Long insieme al mostro. Ha fallito. L’ha portato sulla terra, per lo più in mezzo all’acqua e vicino a dei pescatori. Miranda vaga invece nello spazio senza poter controllare il mezzo. Disperati, i due urlano fino ai titoli di coda. Fine.

Life reynolds

Life come prequel di Venom

Qualche mese prima dell’uscita del film si diffuse una teoria molto curiosa: Life sarebbe stato in realtà il prequel di Venom. Entrambi i film sono della Sony e gli sceneggiatori Rhett Reese e Paul Wernick avevano scritto un trattamento per l’antieroe Marvel. Nel trailer di Life fu inserita un’inquadratura da Spider-Man 3 e la sinossi, un alieno informe trovato su Marte, rendeva la teoria plausibile. Persino il titolo aveva un rimando alla Life Foundation che in Venom scopre e fa esperimenti sui simbionti. 

Life non è il prequel di Venom, ovviamente, ma la teoria è così suggestiva che probabilmente alla Sony si sono un po’ mangiati le mani per non averlo pensato loro. Non si assoldano tutte queste star per farle morire quando puoi averle in un franchise. Che colpo avrebbero segnato però! In un mercato in cui la seconda settimana di sfruttamento dei cinecomic tende a calare di molto, farne uno segreto avrebbe richiamato il pubblico del passaparola.

Life come prequel di Cloverfield

I fan di Cloverfield accolsero Life come possibile spin off del primo film. Ovviamente sempre segreto. Per loro questo modo di produzione lontano dai riflettori non sarebbe stato una novità. 10 Cloverfield Lane era nato come una sceneggiatura a parte, poi inserita a forza in questa serie con qualche dettaglio e con il titolo giusto. Come continuità le cose non quadravano, così J.J Abrams ha dichiarato che il franchise raggruppava storie antologiche. Salvo smentirsi con The Cloverfield Paradox, arrivato l’anno successivo, che ha cercato di legare insieme le cose. Fu un mezzo disastro.

Nel tempo che trascorse da 10 Cloverfield Lane a Paradox si rincorsero i rumor su possibili film riadattati per entrare nel franchise. La trama di Life assomigliava a quella della campagna virale del primo film. In entrambi si racconta di un oggetto che cade dal cielo e arriva nell’oceano risvegliando o portando con sé il mostro venuto dallo spazio. 

Ovviamente Life non ha alcun legame con Cloverfield. Non lo avrebbe mai avuto. Banalmente perché le produzioni sono diverse, il mostro anche, e la trama ha delle importanti divergenze rispetto al virale. Però la proposta resta suggestiva e coerente con il progetto “Clover”.

Life come il prequel del suo sequel

Il finale aperto di Life vuole in realtà chiudere tutto sortendo il maggior effetto possibile. Non ci sarà un sequel. Il colpo di scena è solo un ultimo barlume di orrore. Eppure…

Eppure la storia di Life dall’ultima scena in poi permetterebbe un cambio di genere (dalla fantascienza all’apocalisse con Kaiju) sempre coerente con i temi del film: la vita che si espande, cerca di sostituire le forme più primitive, queste cercano di resistere. Viene voglia di scoprire cosa c’è dopo, perché ha grandi potenzialità.

Daniel Espinoza finisce il film in un buon punto. Può sfruttare il cliffhanger per cambiare stile in maniera coerente. C’è tanto da esplorare, tanto world building inutilizzato. Tante anche le domande esplorabili da un sequel: perché quella missione? Che cosa è successo nel mondo quando la sonda su Marte ha dato i primi indizi di una possibile vita? Cosa comporta per l’esplorazione e lo sviluppo umano? Gli astronauti hanno studiato la creatura. Forse la sua struttura cellulare può permettere di guarire malattie fino ad ora incurabili, la sua forza e la capacità di adattarsi può essere utile per una terra sempre più inquinata e in pericolo. Chi ha finanziato tutto questo? Sono tante briciole lasciate qua e là dalla sceneggiatura che ci fanno intuire qualcosa di più grande di quello che abbiamo visto.

Life

Un film godibile anche nelle sue imperfezioni

La debolezza di Life sta proprio qui. Nell’essere ottimo… come premessa di qualcos’altro. Si è portati a pensarlo perché il film stesso è pieno di ispirazioni che vengono da altrove. In Life tutto è già visto. Rifatto benissimo, certo, ma comunque è in mezzo ad un immaginario ormai diventato “open source”. Gli sceneggiatori e i registi prendono, mixano e creano qualcosa di nuovo che non inventa niente. Il B movie nella sua più scintillante espressione moderna.

Life era ottimo come inizio di una trilogia legata a Calvin. Poteva essere riadattato in un prequel di Cloverfield, magari anche riuscito. Mentre come film segreto di Venom per accompagnare l’uscita della pellicola principale? Ammettiamolo: l’idea era grandiosa.

Semplicemente perché per renderlo tale occorreva cambiare solo il design del mostro e poco altro. Il resto sarebbe stato piuttosto coerente con due ritocchi e addirittura avrebbe giustificato le molte esagerazioni che qui stonano. In un film di fantascienza è difficile credere che un organismo appena scongelato possa fare tutto ciò. In un cinecomic, in cui la fantasia fa da padrona, persino l’intelligenza dell’alieno sarebbe stata un rafforzo della trama. Così la straordinaria forza e l’invincibilità in ogni condizione.

Chissà, se fosse andata così, probabilmente il destino di Daniel Espinoza all’interno del mondo Marvel-Sony sarebbe stato molto diverso. Magari come un detrito spaziale questa idea avrebbe deviato la sua carriera lanciandola ben lontano da Morbius. Magari Life avrebbe incassato molto di più, inaugurando (insieme a Shyamalan) una nuova moda di sequel e prequel segreti. Ma questa è solo fantascienza. O l’inizio di un altro film.

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