L’universo dei film “reclusi in casa” degli ultimi 10 anni

Che le nostre vite si stessero sempre più spostando dentro le case già prima dei lockdown, ce lo stava dicendo il cinema, che in un modo o nell’altro negli ultimi 10 anni ha moltiplicato i film domestici, quelli in cui per una ragione o per un’altra l’azione è tutta chiusa in un’abitazione.
Sono generi in realtà antichi: il cinema da camera affonda negli anni ‘20 e così anche i film di rapimento, gli home invasion (Ore disperate è uno dei padri ed è del 1955 con un grande Humphrey Bogart criminale) e quelli in cui qualcuno è tenuto sedato da qualcun altro (Misery non deve morire) o è impossibilitato a muoversi (La finestra sul cortile). Tipologie che non nascono oggi ma che oggi sono ampliate, ripassate, riprodotte e quindi guardate sempre di più.

Questa galassia di cinema casalingo è quella cui si ispira in vario modo Vetro di Domenico Croce, che mette insieme tutti i generi, grazie ad una protagonista che spia cosa avviene in altre case dalla sua finestra, che vive da reclusa, che si sente oppressa e ad un certo punto trattenuta contro la sua volontà e che, per effetto di sostanza allucinanti, vive momenti di delirio in cui le fobie diventano reali come in Repulsione di Polanski.

 

repulsione

Il cinema italiano ce l’aveva già raccontato qualcosa di simile, cioè un film di reclusione domestica, anche se storicamente è un genere che non ci appartiene molto. Stefano Lodovichi con La stanza aveva provato ad imbastire una trama di fantasia con un coté surreale in stile Jean Pierre-Jeunet (ma senza la sua fotografia deformante e il suo gusto per il grottesco), girando intorno al legame di clausura di una donna. E se si guarda al di fuori dell’Italia già nel 2020 è uscito un film molto simile a Vetro intitolato Run.

Questo universo di film diversi tra loro ma accomunati dall’utilizzo dell’ambientazione domestica come gabbia da cui non si può fuggire o dalla quale si desidera essere protetti, hanno in diverse maniere prefigurato (senza poterlo sapere) una vita di reclusione effettiva che è arrivata nel 2020. Anche in Vetro la reclusione inizia come scelta, come frutto di una fobia, di un problema e di un rifiuto dell’esterno ma poi diventa altro. Così molti di questi film ci hanno messo di fronte al mutamento degli ambienti domestici e all’aumento delle loro potenzialità. Le connessioni ad internet per comunicare con l’esterno, il vicinato da spiare, le violenze subite, le televisioni connesse, il delivery a casa… Un mondo di mutamenti che hanno cavalcato l’aumento del tempo passato tra le mura domestiche.

 

room

 

Se è vero che per quanto ci si possa svegliare presto al mattino l’immaginario cinematografico si è comunque svegliato mezz’ora prima, allora anche in questo caso, pur non potendolo prevedere questo cambio antropologico era nell’aria. Così nell’aria che il cinema l’ha colto perché gli spettatori hanno cominciato a premiarlo, a vedersi rappresentati in storie che, da Paranormal Activity in poi, hanno lavorato tantissimo sull’esplorazione dello spazio domestico, sulle paure della chiusura, sulle sue opportunità e in un certo caso sulla sua coolness (si pensi all’aggiornamento di La finestra sul cortile di Disturbia che lanciò Shia Labeouf).
La Blumhouse per tutti i primi anni di esistenza ha fatto quasi un marchio di fabbrica dei suoi film l’ambientazione in casa (anche il suo nome e logo rimandano alla cosa). Il primo della serie La notte del giudizio è esemplare: il pericolo è fuori, la casa è un tempio da preservare in cui non far entrare nessuno.

 

babadook

 

Altri horror come The Babadook o Sinister o L’evocazione non hanno fatto che scavare dentro questo immaginario che intanto i thriller come The Strangers o You’re Next o ancora il fantastico Hush hanno implementato. Un attacco su più fronti che non ha risparmiato la parte più d’autore. Room nel 2015 ha fruttato un Oscar a Brie Larson e mostrato il talento di Jacob Tremblay.
Hill House ha declinato tutto questo in una serie e The Act ha raccontato una storia quasi uguale a quella di Vetro, solo tratta da un fatto reale, forse chiudendo il cerchio tra previsione della realtà e racconto della realtà. Tutti film accomunati dall’idea che l’ambientazione casalinga porti tensione e non tranquillità, che questa idea di rimanere di più in casa, di trovarsi bene, di avere esistenze sempre più tra 4 mura sia fonte di ansia e non di progresso.

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