Matrix Reloaded va in onda su 20 Mediaset questa sera alle 21:04

Pochissimi film nella storia del cinema illustrano il Dilemma del Sequel meglio di quanto faccia Matrix Reloaded.

Ora vi spieghiamo perché, ma prima vi spieghiamo che cos’è il Dilemma del Sequel, un’espressione ci siamo appena inventati. Immaginate di fare un film che non solo ha un successo straordinario al botteghino e presso la critica, ma diventa anche una delle opere più studiate e influenti della sua epoca; e immaginate di averlo fatto con l’intenzione di non fermarvi lì, ma di realizzare anche uno o più sequel. Come affrontate la questione? Da un lato c’è quella che chiameremo soluzione-Indiana Jones: il protagonista del sequel rimane fisso, la struttura narrativa anche, ma con modifiche più o meno grandi in termini di ambientazione e soprattutto scala dell’opera. L’ultima crociata, per restare nell’esempio, non è radicalmente diverso da I predatori dell’arca perduta, ma ne è una versione più grossa, più ambiziosa e con più personaggi; Ritorno al futuro 2 è Ritorno al futuro che va avanti nel tempo invece che indietro, Rambo 2 è Rambo in Vietnam contro dei soldati veri invece che a Washington contro dei poliziotti, e così via.

Matrix Reloaded e la soluzione-Tolkien

La soluzione-Indiana Jones è in un certo senso quella più semplice da gestire: il primo capitolo della saga introduce i personaggi e le loro dinamiche e addestra il pubblico, il secondo ripropone gli stessi ingredienti più o meno rimescolati e punta tutto sulla familiarità con, e l’amore per, gli elementi costituenti del prodotto (nel caso di Indiana Jones: l’archeologia, le tombe polverose, le avventure in giro per il mondo, le trappole, pure i nazisti se volete). La soluzione-Indiana Jones è, potenzialmente, infinitamente orizzontale: se un personaggio funziona, niente vieta di dedicargli quindici film nei quali si trova a confrontarsi con quindici situazioni simili ma abbastanza diverse da permettere di fare affermazioni tipo “i miei preferiti sono il 7 e il 9” o “tra il 5 e l’8 c’è stato un crollo verticale di qualità”.

 

Architetto

 

La seconda strada, che per capirci chiameremo soluzione-Tolkien, che è quella più utilizzata in questi ultimi anni e che è poi anche quella che è stata scelta per Matrix Reloaded nel 2003, è quella di trattare i sequel non come iterazioni di una formula, ma come capitoli di una storia più ampia. Matrix, il primo film, fu un successo straordinario, ma a livello narrativo era poco più che una lunghissima introduzione; si chiudeva con Neo che prendeva finalmente coscienza dei suoi poteri e accettava il suo ruolo di figura cristologica surrogata per un’umanità vicina al tracollo, e lasciava aperte infinite strade, perché di fatto non concludeva nulla: le macchine erano ancora al potere, l’umanità ancora loro schiava e utilizzata come generatore di energia, e tutti i discorsi a base di eletti e profezie che venivano accennati da Morpheus e dall’Oracolo rimanevano solo spunti, abbozzi di idee che avrebbero avuto bisogno di altri capitoli per essere approfonditi a dovere. La soluzione-Tolkien è pericolosa: da un lato si rischia di alienarsi quella fetta di pubblico che vorrebbe solo rivedere il primo capitolo ripetuto all’infinito, e dall’altro c’è sempre la possibilità che quelle che erano idee suggestive su carta si rivelino poi un buco nell’acqua quando vengono sviluppate, e che il piano quinquennale di una trilogia dal sapore epico si trasformi nella pratica nel temutissimo “bello il primo film, pessimi i sequel”. Lana e Lilly Wachowski, però, non hanno mai avuto paura di prendersi rischi, come dimostra il loro approccio all’universo di Matrix e a Matrix Reloaded in particolare.

Matrix Reloaded, Enter the Matrix, Animatrix

“Come facciamo a ripetere il successo di Matrix e intanto portare avanti la storia?”, si sono chieste le Wachowski all’inizio del nuovo millennio. “Girando una serie animata e creando un videogioco che fungano da prequel e complemento alla storia che andremo a raccontare in Matrix Reloaded”, si sono risposte. Non è impossibile godersi il secondo film in quanto prodotto a sé stante, ma è limitante e un po’ un peccato: Matrix Reloaded si apre in medias res, sei mesi dopo la fine del primo capitolo, e dà per scontati, o accenna solamente a, una serie di vicende che sono raccontate in Animatrix (in particolare nel primo episodio L’ultimo volo della Osiris) e in Enter the Matrix, il videogioco uscito per Gamecube, PlayStation 2, Xbox e PC nel 2003 e accolto tiepidamente dalla critica e con entusiasmo dal pubblico.

Quando entriamo in Matrix Reloaded Neo ha già definitivamente completato il suo addestramento, ha cominciato una relazione con Trinity ed è diventato una figura semi-divina a Zion; Morpheus ha rimpiazzato alcuni dei membri della Nebuchadnezzar uccisi da Cypher nel primo film; l’agente Smith è stato cacciato da Matrix e si è, diciamo così, messo in proprio; e soprattutto la nave Osiris ha scoperto che un gigantesco esercito di sentinelle sta bucando la superficie terrestre e ha intenzione di scavare fino a Zion, per spazzare via quel che resta dell’umanità, ma è stata intercettata prima di poter comunicare il pericolo al resto dell’umanità (e infatti Enter the Matrix comincia proprio con una missione il cui scopo è recuperare l’ultima comunicazione della Osiris, la stessa lettera che si vede all’inizio di Matrix Reloaded). Per farla breve, il secondo capitolo di Matrix è in realtà il quarto, e quando arriva al cinema la storia di Neo, Morpheus e Trinity è già andata avanti senza di lui – e senza una parte del pubblico, quella interessata non alla crossmedialità ma semplicemente a vedere un altro film di gente che vola e fa a botte con Hugo Weaving.

 

Matrix Zion

 

Dal micro al macro

Pur appoggiandosi a prodotti narrativi extra-cinematografici, Matrix Reloaded è comunque un film che si regge (un po’ a fatica) sulle sue gambe: i pezzi mancanti vengono riassunti o accennati in un paio di dialoghi didascalici piazzati proprio a inizio film, e non ci vuole molto per mettersi in pari anche se si è deciso di saltare Animatrix ed Enter the Matrix. Il vero rischio che si prendono le Wachowski è un altro, ed è legato al sempre attuale problema delle aspettative. Ci spieghiamo meglio. Matrix raccontava una storia tutto sommato autoconclusiva, per quanto incompleta: quello di Neo era un arco pienamente realizzato, al netto delle promesse di capitoli successivi. Ma era anche una finestra su un mondo più ampio: Zion, per esempio, veniva solo nominata, mai mostrata, e ogni discorso sull’Eletto e la Profezia prometteva tanto ma non rivelava nel dettaglio assolutamente nulla.

Questo ha dato modo al pubblico di crearsi una propria personale visione del mondo al di fuori di Matrix e della Nebuchadnezzar: chiunque abbia visto Matrix nel 1999 ha passato i quattro anni successivi a immaginarsi come fosse vivere a Zion, quali altre macchine dominassero la Terra a parte le Sentinelle, chi fosse davvero l’Oracolo. Filosoficamente Matrix era un film completo, ma narrativamente era poco più di un trailer, un primo sguardo a un mondo più ampio sul quale abbiamo riversato per anni le nostre personali aspettative. Matrix Reloaded solleva il velo di mistero e ci fa vedere tutto alla luce del sole (circa): ci mostra Zion, ci fa vedere che aspetto ha un assembramento nel futuro post-apocalittico, ci fa conoscere più esseri umani in carne e ossa di quelli che abbiamo il tempo di ricordarci (lo sapevate che nel film c’è anche Leigh Whannell, meglio noto come quello che ha scritto i primi tre Saw e diretto il terzo capitolo di Insidious?), e cristallizza definitivamente, anche dal punto di vista visivo, la mitologia di Matrix.

 

Morpheus

 

“Lana, apri tutto”

Stabilito che dare finalmente una forma a quel blob amorfo che era l’immaginario di Matrix è una mossa rischiosa, la domanda è: il risultato è valido? È qui che ci troviamo di fronte al vero bivio, perché il vostro apprezzamento per Matrix Reloaded dipende da quali sono le cose a cui date più importanza quando valutate un film. Reloaded è un film opulento e sovrabbondante, che gronda di attenzione ai dettagli e alla costruzione di un mondo (tutta la sequenza a Zion, rave party compreso, è un capolavoro in questo senso), ma è anche un film che propone una versione radicale e anche imprevista di quanto suggerito nel capitolo precedente. Gli esseri umani che si sono liberati da Matrix sono, ci veniva detto, pochi, e disperati: un’ultima sacca di resistenza contro la marea sempre crescente delle macchine.

La Zion di Matrix Reloaded è invece una struttura gigantesca, avanzatissima, funzionale (c’è un lungo dialogo tra Neo e il consigliere Hamann che ruota proprio intorno al paradosso del “siamo in guerra con le macchine ma senza le macchine non potremmo sopravvivere), quasi accogliente – un rifugio, certo, ma anche una metropoli. La prima volta che ci viene mostrata in tutto il suo splendore è, secondo noi, lo snodo cruciale di tutto il film: se vi fa rimanere a bocca aperta significa che apprezzerete anche gli infiniti combattimenti contro gli altrettanto infiniti agenti Smith, o lo straordinario inseguimento in tangenziale che si mangia buona parte del secondo atto; se invece reagite con fastidio e delusione di fronte alla pomposità e alla magnificenza di Zion significa che siete del partito “Matrix funzionava meglio quando suggeriva invece che mostrare”, e probabilmente ricordate Reloaded come una sequenza interminabile di mazzate in bullet time interrotte qui e là da dialoghi altamente didascalici utili a spiegare alcuni passaggi impossibili da mostrare.

 

 

 

Non ho capito: è un bene o un male?

A costo di sembrare democristiani, entrambi i punti di vista sono ugualmente validi. Matrix Reloaded è un film urlatissimo, che non ha alcuna vergogna nella sua ricerca di soluzioni spettacolari o sorprendenti, neanche quando queste soluzioni sono, per dirla con schiettezza, pessime – il Merovingio e sua moglie, AKA Lambert Wilson e Monica Bellucci, sono perdonabili solo perché servono come abbrivio per la già citata scena di inseguimento, ma sono, dal punto di vista narrativo, un deus ex machina un po’ scemo, che stride parecchio con il tono generale del resto del film e dei suoi discorsi su destino e libero arbitrio. Il dialogo tra Neo e l’Architetto illustra ancora meglio questo dualismo: è un momento di pausa filosofica necessario per comprendere la natura delle fondamenta stessa della realtà di Matrix e introdurre quelli che sono i Veri Grandi Temi del franchise, oppure è una sofisticata supercazzola che confonde a suon di paroloni e non si rende conto di risultare ridicola?

Ci concentriamo sulle questioni narrative perché dal punto di vista del puro cinema è difficile trovare qualcosa da dire a Matrix Reloaded: è uno spettacolo, e lo rimane ancora oggi nonostante certa CGI e certe coreografie siano chiaramente invecchiate; è un’orgia visiva tipicamente wachowskiana, con molti colori in più rispetto al capitolo precedente e anche molti più soldi a disposizione (quasi il triplo) per far esplodere le cose e far volare Neo in giro per la Matrix come fosse Superman. Il dubbio quindi non è se Reloaded sia o meno un film spettacolare e che da questo punto di vista mantiene le promesse fatte con Matrix, ma se dietro a tutto questo dispiegamento di mezzi ci sia anche una storia che vale la pena ascoltare. Matrix Reloaded è un inizio di risposta, ma quella definitiva arriverà solo sei mesi dopo con Matrix Revolutions.

Purtroppo, ma questo è un altro discorso ancora.

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