Un articolo del Los Angeles Times riporta al centro del discorso industriale la questione delle sceneggiature originali, contro quelle che qui per praticità chiameremo “derivative” (cioè adattamenti di altre opere, sequel, prequel, reboot e simili). Lo fa dichiarando la morte dello spec script, ovvero la sceneggiatura scritta senza nessuna commissione e venduta ai singoli produttori, i quali poi cercano come realizzarla, la propongono a registi e agli studios fino a riuscire a metterla in piedi. È sempre stato un modo per aggirare gentilmente il sistema degli studios. In questo dettaglio stava la sua preziosa utilità, offrire un complemento importante e soprattutto creativo, imprevedibile e sorprendente alla produzione più istituzionale e “sicura” fomentata dalle imprese.
Stando a Chris Erskine e agli sceneggiatori che ha interpellato per l’articolo, questo meccanismo non esiste quasi più, e non è difficile immaginare che abbia ragione anche solo guardando i film che arrivano al cinema...
Nel grandi dibattito sulla creatività nel cinema americano le voci più ricorrenti parlano di morte. Eppure i film ci dicono il contrario
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