Omicidio in diretta è su Star di Disney+

100 milioni di dollari, a fronte di un budget di oltre 70: fu questo il triste esito al botteghino di Omicidio in diretta, il primo di una striscia terribile di insuccessi che allontanarono definitivamente Brian De Palma da Hollywood, e che visti con il senno di poi non meritavano quel destino. Non lo meritava Mission to Mars né lo meritava Femme Fatale. Su Black Dahlia possiamo discutere, ma è possibile che quello che lo meritava meno di tutti fosse proprio Omicidio in diretta, un thrillerone di puro virtuosismo con protagonista un Nicolas Cage nel pieno del periodo migliore della sua carriera e che riesce nel miracolo (il film, non il signor Coppola) di tenerlo a bada (ora sì il signor Coppola) e non fargli rubare tutta la scena.

Tutta no, ma gran parte sì: Rick Santoro, il detective di Atlantic City interpretato dal nostro sciamano preferito, è un personaggio scritto apposta per riempire lo schermo e catalizzare l’attenzione. È una sorta di versione ottimista del classico detective da noir, o se preferite un personaggio di Shane Black con più consapevolezza e meno autocommiserazione. È corrotto, disonesto e anche violento, ma è anche sempre sorridente, amico di tutti, si sente il re di Atlantic City e il suo unico sogno è finire in TV e diventare famoso fino a farsi eleggere un giorno sindaco. Conosce tutti e tutti gli vogliono bene, e De Palma ce lo presenta con un piano sequenza che sfonda abbondantemente i dieci minuti di durata, e che rimane uno dei più clamorosi pezzi di bravura di un regista che non ha mai lesinato sui virtuosismi.

 

 

Tutto Omicidio in diretta in realtà è una collezione di virtuosismi, di messa in scena ma anche di scrittura. Il setup è quello suggerito dal titolo, un attentato alla vita di un ministro americano presente tra il pubblico durante un importante incontro di pugilato. De Palma ci mostra subito quello che succede, filtrato dagli occhi e dal punto di vista del protagonista (Cage, appunto); e poi passa tutto il secondo atto del film a decostruire quei pochi minuti, facendoceli vedere dal punto di vista degli altri personaggi del film, a partire dal capo della sicurezza del politico colpito e migliore amico di Santoro, cioè il generale Kevin Dunne (Gary Sinise, ma De Palma avrebbe voluto Al Pacino).

Omicidio in diretta è quindi un film che per ogni passo avanti ne fa tre all’indietro, costruito tanto sull’azione quanto sui flashback, e sulla moltiplicazione dei punti di vista, che a ogni mitosi rivelano più dettagli sull’intreccio. Compreso quello che non scriveremo esplicitamente per principio, ma che è il genere di rivelazione che solitamente viene riservata al climax finale, e qui invece arriva molto presto e quasi a freddo, quando manca ancora almeno metà film.

 

Omicidio in diretta virtuosismo

 

È uno scarto di tono rapidissimo che trasforma il film da classico giallo a thriller puro, mettendo da parte la classica detection per dedicarsi invece a un gioco del gatto con il topo che coinvolge un parco sempre crescente di personaggi immancabilmente ambigui – a partire da Julia Costello (Carla Gugino), che nel giro di meno di due ore riesce a essere protagonista, antagonista, MacGuffin, deus ex machina e damsel in distress. De Palma lascia modo al cast di contorno di respirare e ritagliarsi un po’ di spazio: Omicidio in diretta ne guadagna in atmosfera e tridimensionalità, fondamentali per un film monolocation come questo. Aiuta che la gente che ruota attorno a Cage e Sinise siano volti tutti affidabilissimi e carismatici come Michael Rispoli, Luis Guzman e John Heard.

 

Tiparossa

 

L’attenzione, però, è quasi tutta sul duo protagonista, i più classici nemiciamici. Gary Sinise fa Gary Sinise: ha quella faccia, quella voce e quella presenza scenica, ed è quasi impossibile che sbagli un ruolo, soprattutto uno che gli si adatta così bene nonostante fosse stato scritto per qualcun altro – a proposito, Omicidio in diretta è scritto da David Koepp, che per De Palma aveva già scritto tra l’altro Carlito’s Way. Cage, invece, che veniva da anni ricchissimi tra Con Air, Face/Off e l’Oscar per Via da Las Vegas, deve interpretare quello che negli anni diventerà un suo classico: il personaggio pazzo pazzissimo, sempre sopra le righe, talmente folle che a volte sembra che vada al triplo della velocità del mondo che ha intorno e che si ritrovi quindi a parlare da solo, mentre intorno a lui la gente viene travolta da un turbine non meglio identificato.

Inutile dire che gli viene benissimo, e che Rick Santoro è uno dei suoi personaggi migliori in carriera; esagerato e incontenibile, ma mai a scapito della sua umanità e della sua capacità di abbassare i toni quando la situazione lo richiede. Cage è il cuore pulsante di Omicidio in diretta e anche il suo punto di vista privilegiato, l’occhio attraverso il quale vediamo svolgersi tutta la vicenda e il cervello che ricostruisce i pezzi del puzzle. È sovente buffo, a tratti impressionante e sempre un gradino al di sopra di chi gli sta intorno – tutta gente che è più che felice di adeguarsi al ruolo di secondo violino, e che fa da spalla a ogni suo eccesso senza battere ciglio (una menzione in particolare in questo senso va a Carla Gugino).

 

Carla Gugino

 

La cosa curiosa di Omicidio in diretta non è tanto che sia andato male al botteghino, quanto che sia stato accolto come un esercizio di stile e poco altro, con recensioni che all’epoca parlavano di “trama prevedibile” e “film vuoto”. È vero che a un primo impatto il film di De Palma può sembrare tutto stile e overacting; ma se lo si guarda con l’occhio del detective si scopre anche che è un thriller costruito con il misurino e tutt’altro che banale, ricolmo di piccoli e grandi particolari che dimostrano un’attenzione non banale ai dettagli (eccovi un esempio che capirete dopo che avrete visto il film). Che è tutto costruito, più che su un omicidio, sul rapporto tra due persone, una con scopi nobili messi in atto con metodi ignobili, l’altra interessata solo al proprio successo ma anche in grado di mettere l’etica davanti al profitto. E con un finale eccezionalmente amaro e gattopardesco che ne cementa definitivamente lo status di filmone – alla faccia degli incassi.

Classifiche consigliate