Red e Toby, il carrello all’indietro più commovente di tutta la produzione Disney

Red e Toby è struggente.
Scritto da un team molto eterogeneo, ma accomunato dall’essere tutti sceneggiatori cresciuti in seno alla Disney (alcuni come Larry Clemmons o Burny Mattinson delle leggende, altri più delle meteore, altri ancora impiegati in quell’era specifica tra i ‘70 degli ‘80), è un esperimento unico di film d’animazione che fin dall’inizio, fin dai paesaggi d’apertura, accompagnati dal solo rumore del vento, il canto degli uccelli e poi i fucili (che transizione da urlo!), che sembrano quasi un moodboard fatto di nebbia e dramma, cerca di tenere un sorriso fasullo mentre mette in scena un melodramma. Melodramma al 100%, rimasto inimitato anche perché nella sua vita ha incassato poco meno di 70 milioni quando il lungometraggio precedente, Bianca e Bernie, ne ha incassati 170.

 

 

Un attacco simile non era mai stato tentato e non si è più visto. Espressione del periodo in cui è stato realizzato, più di dieci anni prima del Rinascimento Disney degli anni ‘90 in cui le principesse iniziavano ad avanzare pretese, erano ragazze in conflitto con la generazione dei padri, adolescenti irrequiete in tempesta ormonale, pronte a tutto pur di poter uscire, vedere, conoscere e soprattutto frequentare quei ragazzi che i genitori non volevano fargli vedere, questo film applica ad una storia di amicizia interraziale (quello è alla fine) il filtro di un bromance così spinto che non si può dar torto a chi lo rilegge per vederci delle prime forme di storie d’amore LGBTQI+ in stile Brokeback Mountain (c’è anche la storia eterosessuale pretestuosa).

Non arriviamo a questo ma è una lettura difficile da contestare tanto la Disney per quel film aveva deciso di sposare strutture e temi del melò anni ‘50, che poi è anche la forma base delle tragedie LGBTQI+. Più che Lilli e il Vagabondo (altra storia d’amore animale precedente) o Gli aristogatti (ancora una storia tra classi sociali diverse), il bromance di campagna di Red e Toby, scandito come Bambi dallo scorrere inesorabile delle stagioni e quindi del tempo (che in ogni melodramma che si rispetti è il vero villain), è ispirato a Come le foglie al vento o Lo specchio della vita, perché sono le convenzioni intorno ai protagonisti ad impedirgli di essere amici. Come nell’omaggio di Lontano dal paradiso, è la signora benestante bianca che non può amare il proprio giardiniere afroamericano perché non sarebbe accettabile per troppe ragioni.

 

red e toby caccia

 

Nella storia una volpe rimasta orfana perché la madre nella prima scena è uccisa dai cacciatori (il peccato originale, la violenza alla natura che causa la stortura che farà soffrire i personaggi), è allevata da una signora nella sua fattoria. Accanto ad essa c’è un cacciatore con un cucciolo di cane da caccia della stessa età della volpe. Clandestinamente i due fanno amicizia. Con il passare del tempo e il crescere il mondo intorno a loro non fa che separarli e costringerli ad essere uno preda e l’altro predatore. Cercheranno di sfuggire questa legge fino a che, in un gran finale non saranno costretti alla resa dei conti.

È lo schema di molti altri film con un sentimento osteggiato ma ciò che rende Red e Toby struggente è la constatazione di un mondo che non può cambiare, e della violenza della società contro l’individuo. La società, cioè la sovrastruttura che comanda le vite dei protagonisti, in questo caso è il mondo degli umani, che prima lascia orfano la volpe ma poi educa, indirizza, reprime e ordina i due animali.
Diversi decenni dopo la Disney avrebbe prodotto Zootropolis in cui si racconta una storia simile, una di animali che vogliono evadere dal proprio stereotipo, cioè dai ruoli che la società assegna loro, finendo per dire che il cambiamento è possibile, la coniglietta può essere coraggiosa e la volpe (curiosa coincidenza) può essere onesta e non per forza furba. In Red e Toby invece la volpe dovrà essere preda e il cane dovrà essere predatore nonostante in un altro momento della loro vita, da piccoli quando ignoravano l’esistenza delle convenzioni sociali, erano stati amici.

 

red e toby cascata

 

La tragedia di Red e Toby sta tutta nella constatazione disincantata (ma non per questo distaccata!) del principio progressista per antonomasia: ovvero che le differenze non sono innate, è semmai la società a crearle, e che una ribellione ad essa non è possibile. Nel film le differenze sono tra animali, perché è più semplice da accettare, ma in realtà parla di differenze tra umani. Perché non si dà racconto che ci facciamo tra di noi che, in realtà, non parli proprio di noi, a prescindere da cosa siano i protagonisti. E non c’è tema più chiaro di quello delle affinità elettive che vengono massacrate dalle diverse spinte sociali che subiscono le persone.

Nel mondo del 1981 non c’era spazio per il cambiamento o per un’idea di rivoluzione, nemmeno nella fantasia. Red e Toby constata che questa rigidità dalla quale non c’è scampo massacra i sentimenti, e si rassegna a guardare lo status quo in un finale di incredibile commozione. Nonostante un ultimo atto di amicizia grazie al quale volpe e cane si salveranno la vita, lo stesso non potranno mai essere amici, e il film lo constata in quello che, senza alcuna ombra di dubbio è il carrello all’indietro più commovente di tutta la produzione Disney. Un’inquadratura da Toby che dorme che allarga fino alla rupe da cui Red guarda, lontano e rassegnato, la vita che non può vivere, mentre le loro voci da cuccioli che si promettono amicizia eterna ci confermano la morte di qualsiasi illusione. Una chiusa che associa la vicenda e la sua conclusione all’impeto e alla forza della natura attorno ai protagonisti. Riagganciandosi all’inizio.

 

 

La maniera in cui il film giustifica la futilità di qualsiasi ribellione è tramite l’accostamento alla forza della natura. Il passare delle stagioni, il rapporto tra preda e predatori degli uccelli con il bruco che poi diventa farfalla nel finale vincendo su tutto (la side-story comica), e la fissità ciclica e immutabile di questi scenari intorno ai protagonisti non fanno che vincolarli ancora di più, sono il mondo violento contro il quale non possono battersi. La cornice è quella della tela di ragno che sui titoli di testa segna l’ultimissima transizione tra introduzione dello scenario e storia vera e propria: i personaggi che vedremo sono tutti prede di una trappola che li costringe. Ma se vogliamo la rappresentazione della forza ineludibile contro la quale i due si battono è anche l’orso e la cascata del finale, il luogo in cui tutto viene alla luce e anche Toby non può fare a meno di svelare al padrone i suoi sentimenti. Condivisibili ma, in ultima analisi, inaccettabili. La volpe sarà risparmiata ma non potranno vivere insieme.
Più forte di tutto è la natura da cui vengono, dice il film, ed è semmai il fatto che loro abbiano provato a vincerla, il fatto che abbiano osato sfidarla volendosi bene e desiderano vivere insieme che li condanna all’infelicità.

Senza pietà.

Chi non si commuove non ha un cuore.

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