Le testate americane, storicamente, sono molto esaltate da Cannes. Anche quando i film non sono granchè comunque parlano bene del festival in sé, sembrano entusiasti per la sola idea di stare lì e sicuramente un po’ entra in gioco il fatto di stare nel mercato più importante del mondo, là dove tutto avviene. Non è stato così quest’anno, almeno non lo è stato per Variety e Deadline, due testate importantissime, parte del medesimo gruppo (Penske Media di cui fa parte anche Indiewire il quale tuttavia, come vedremo, è esterno a questa storia), che hanno iniziato già prima dell’inizio del festival a pubblicare articoli ben più duri del solito. Alle volte motivati, alle volte molto meno, senza mai pubblicare invece altri di altro tono.

Per intenderci la media dei pezzi americani che escono riguardo Cannes, quelli che non sono recensioni, non sono interviste e non sono notizie di mercato, sono tipo questo di Hollywood Reporter sul fatto che Cannes punta un riflettore sulla sostenibilità o questo di Indiewire sul fatto che Cannes fa uno sforzo per salvare le sale d’essai o addirittura su Cannes (e l’Ucraina!) come modello per un’industria post-crisi. Articoli che celebrano insomma, entusiasti. Sulle sponde di Variety e Deadline invece sembra essere invece successo qualcosa perché quest’anno a differenza del passato è stata palpabile una forte ostilità e il rubinetto degli articoli entusiasti è stato chiuso.

È cominciato tutto con una sacrosanta battaglia di Deadline che ha scritto un articolo sul fatto che l’intervista realizzata con Fremaux non sarebbe stata pubblicata visto che il festival, dopo aver voluto rivedere i virgolettati, ha tagliato delle risposte, ha cioè imposto alla testata di non scriverle. Il festival dice che è prassi in Francia rivedere i virgolettati (e questo ci è stato confermato da altri giornalisti internazionali che da anni intervistano Fremaux e gli devono rimandare le risposte) ma che non hanno cancellato niente. Deadline ha ribadito che non è vero.

Durante il festival vero e proprio poi Variety non ha avuto pietà quando c’era da lamentarsi (giustamente) ad esempio del fallimento del sistema di prenotazione biglietti online, ha titolato un’intervista come un’affermazione (e pesante), ha fatto un grosso articolo sulla mancanza di donne nel panel sul futuro del cinema (altro spunto giusto ma su cui hanno insistito non poco). Senza contare i molti pezzi in cui hanno proprio giocato sporco, cioè hanno lavorato sistematicamente per denigrare il festival. Ci sono inoltre pezzi come questo, uscito all’inizio, in cui si chiedevano se sarebbe stato Cannes il prossimo hub di Covid (in pratica dicendo alle persone “non venite, è pericoloso!”), quando i rivali di Hollywood Reporter si chiedevano invece se Cannes non sarebbe stato un importante banco di prova per la frequentazione delle sale senza mascherine (stesso tema, taglio opposto).

variety problematic pizzeria mural

Variety ha poi riportato storie come quella di un produttore escluso dal red carpet perché indossava dei mocassini che appartengono al suo retaggio culturale (evento all’ordine del giorno e non per razzismo ma per ignoranza dei volontari che controllano e per assurda rigidità della gestione del tutto, questioni simili accadono con il controllo borse se c’è Listerine, deodorante o gli altri anni acqua ma lo sanno tutti, l’esclusione dal red carpet è un racconto tipico di molti non conformi al 100% al protocollo). Ma c’è stato di peggio, sì è arrivati nel territorio dell’assurdo e demenziale con un articolo sul fatto che in una pizzeria di Cannes c’è un dipinto sul muro (“problematic pizzeria mural”) in cui sono ritratte molte star del cinema e tra queste anche Woody Allen, Johnny Depp e Gerard Depardieu, figure che per il mondo americano sono molto discutibili. Il pezzo in questione è firmato da tre persone (!) e dentro viene anche ammesso che il dipinto è vecchio, fatto anni prima del ritorno di fiamma dei problemi di Allen o delle accuse a Depp. Ma non importa ovviamente, era un articolo che serviva a poter scrivere che Cannes ha un atteggiamento morbido su questioni importanti, era palesemente una scusa per un attacco.

A chiusura di tutto Deadline ha poi pubblicato un articolo firmato da una critica afroamericana, che ha raccontato di essersi sentita continuamente discriminata e guardata con sospetto durante la sua frequentazione del festival (altra accusa gravissima). E se non è possibile questionare come si sia sentita la critica (alla sua seconda edizione), lo sa solo lei e se ha avvertito una forma di disprezzo è giusto che lo dica, chi ha frequentato il festival un po’ sorride leggendo la maniera in cui sono riportati quei maltrattamenti, buona parte dei quali sono all’ordine del giorno anche per qualsiasi altro non-francese durante un festival che non fa che maltrattare la stampa continuamente.

Non è chiaro come mai due giornali storicamente così affiancati al festival da aver ricevuto in passato continuamente scoop sottobanco, cioè a cui il festival passa delle notizie anche importanti perché loro e non altri le diffondano (notizie come il film d’apertura o la presenza di certi titoli giganti in selezione ufficiale), si siano rivoltati in questo modo. C’è chi dice che è perché quest’anno è cambiato ufficio stampa e quindi è cambiato qualcosa. C’è chi dice che i due soggetti stanno rivedendo i loro accordi e questa copertura è parte della battaglia.

C’è chi dice che la soffiata di quest’anno era molto, molto sbagliata.

Di fatto sembra chiaro che festival e parte del gruppo Penske Media siano in guerra.

Trovate tutte le notizie sul Festival di Cannes in questa pagina.

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