Al Giffoni Film Festival 2022 Francesco Alò ha incontrato Andrea Purgatori, Il giornalista e conduttore televisivo.

Video: Andrea Storzillo

“Le inchieste sono fondamentali per la ricerca della verità e si fanno esclusivamente per l’opinione pubblica. Il problema è che oggi sono sparite. È rimasta solo l’opinione pubblica”. Andrea Purgatori mette subito la ‘notizia’ in attacco. Il giornalista e conduttore televisivo, autore di importanti e scomode indagini in punta di penna, dalla strage di Ustica all’omicidio Moro passando per l’arresto di Totò Riina, consegna alla memoria dei giffoner della sezione Impact! una grande lezione sul ruolo della informazione. “Il giornalismo d’inchiesta è complesso, costoso e non garantisce risultati se sei onesto ma resta necessario per fare luce sui ‘buchi neri’ della storia del mondo” ha detto il professionista romano classe 1953. “Le inchieste partono quasi sempre da una intuizione personale. Non devono però essere vissute per confermare quella stessa intuizione né per fare da impalcatura alle proprie idee. L’obiettivo è raccogliere più informazioni possibili per raccontare un avvenimento nella sua completezza”. Da questo punto di vista la strada si fa stretta: “Per un vero lavoro d’inchiesta è decisivo il punto di distanza dal potere” ha sottolineato Purgatori. “Il giornalista resta un ‘cane da guardia’ del funzionamento della società a tutti i livelli. Il suo unico padrone è la ricerca della conoscenza e della verità. Un lavoro d’indagine può durare mesi anche solo per realizzare qualche articolo. Un tempo che ha un valore inestimabile per la collettività”. Memorabile la sua inchiesta sulla mancata perquisizione del rifugio di Riina dopo l’arresto: “Per diciotto giorni nessuno si prese la briga di farla. I mafiosi portarono via tutto, anche la carta da parato. Non sapremo mai quali fossero i segreti dell’allora capo della mafia. Secondo alcuni collaboratori di giustizia sarebbero ora nelle mani di Mattia Messina Denaro, latitante da trent’anni, per il quale costituirebbero una polizza sulla vita da non detenuto”.

Per fare luce su quanto accadde Purgatori ha raccontato ai giffoner di aver fatto un lavoro di indagine che è durato “cinque mesi” e che ha portato alla realizzazione di due pagine sul Corriere della Sera. “Per me è inaccettabile, al di là di qualsiasi sentenza” ha tuonato “l’idea che nessuno per oltre due settimane andò a perquisire l’abitazione di Riina. Solo facendo luce su quell’episodio potremo conoscere il vero rapporto tra Cosa Nostra e lo Stato”. Purgatori ha ricevuto molti prestigiosi riconoscimenti nel corso della sua carriera. Come il nastro d’argento nel 1992 per il miglior soggetto con Il Muro di gomma, film sulla strage di Ustica. E come il premio Sergio Amidei per la miglior sceneggiatura internazionale con la pellicola Fortapàsc, che racconta la storia del giornalista precario del Mattino Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra nel 1985 a seguito di una inchiesta sulla commistione tra politica e criminalità organizzata. “Ho sempre pensato che fosse sbagliato raccontare certe vicende per come già le conoscevamo. Sono andato oltre pure in quel caso” ha spiegato il giornalista. “Ho vissuto a stretto contatto con la famiglia e gli amici di Giancarlo Siani per provare a restituire all’opinione pubblica la sua anima. E’ stato un eroe. Un eroe involontario. Voleva semplicemente fare il suo lavoro di giornalista seriamente e ha pagato con la vita questo atto di coraggio”. Purgatori ama il giornalismo: “È il lavoro più bello del mondo. Sei testimone della storia e ha la possibilità di raccontarla. Una professione strategica per ogni democrazia che possa dirsi compiuta. Purtroppo oggi in Italia” ha concluso “ci sono quarantamila precari con paghe indegne che rappresentano un attentato alla libertà della informazione”.

Classifiche consigliate