Presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Venezia, Laila in Haifa è un film di Amos Gitai con Maria Zreik, Khawla Ibraheem, Bahira Ablassi, Naama Preis. Qui sopra potete vedere la recensione di Francesco Alò, mentre subito sotto la sinossi trovate il podcast.

LAILA IN HAIFA: LA TRAMA

Nel corso di una notte, attraverso una serie di incontri e situazioni si intrecciano le storie di cinque donne, che nelle loro relazioni e identità personali sfidano ogni categoria e classificazione. Con un cast corale di attori israeliani e palestinesi, Laila in Haifa è un film drammatico e pungente, ambientato in un locale notturno nella città portuale di Haifa. Un’istantanea di vita contemporanea, in uno degli ultimi luoghi rimasti in cui israeliani e palestinesi si ritrovano per impegnarsi in relazioni faccia a faccia. Lo stesso club diventa di vitale importanza per la trama del film.
Amos Gitai ci consegna un’immagine delicata e umana della vita nella regione. Laila in Haifa è un luogo di incontro, un momento di dialogo, in una terra che soffre di odio e violenza cronici. E ci pone alcune domande: come possono le arti creare uno spazio in cui le persone riescano a esprimere le loro diverse identità, cercando modi per una pacifica convivenza? Come può il linguaggio del cinema, accostando frammenti di storie, creare un comune tessuto umano?

LAILA IN HAIFA: IL COMMENTO DEL REGISTA

È una sera cupa, buia e umida nella città portuale di Haifa. Entriamo in un bar, apparentemente per vedere la mostra di un fotografo attivista israeliano. Gil incontra la direttrice della galleria, Laila (che in arabo è un nome proprio e in ebraico significa anche “notte”), e viene trascinato in un labirinto di relazioni umane. Il club, Fattoush, è infatti un rifugio per le persone più disparate: uomini e donne, etero e gay, ebrei e arabi, radicali e moderati. Il film dimostra che si può essere diversi, e che non si deve necessariamente uccidere o distruggere l’altro. Ogni società ha bisogno dell’altro: è un aspetto della modernità, che supera i confini del Medio Oriente. A noi – all’artista, al regista, al viaggiatore – non resta che posare un altro mattone nel muro.

 

 

SPECIALE FESTIVAL DI VENEZIA

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