Proseguiamo con le nostre interviste per il quarantennale di Lupo Alberto. Dopo Giacomo Michelon, Piero Lusso e Casty, intervistiamo Francesco Artibani.

Come hai cominciato a collaborare con Lupo Alberto? Cosa ricordi del periodo in cui muovevi i primi passi con il personaggio?

Il debutto risale al 1992 e sono arrivato sulle pagine del Lupo grazie a Vito Lo Russo, un grande animatore e un grande amico a cui devo moltissimo. Lavoravo nel suo studio come assistente animatore e Vito cominciò a realizzare per Silver degli studi dei suoi personaggi in movimento. Nello stesso periodo Silver e l’editore della rivista Francesco Coniglio cercavano nuovi autori per disegnare il personaggio e così mi ritrovai a seguire un corso accelerato tenuto dal bravissimo Bruno Cannucciari. Preparai delle pagine disegnate scrivendone anche i testi e il risultato fu determinante per me: i disegni non funzionavano ma in quei testi Silver ci vide del buono. Ricordo ancora la telefonata di Coniglio in cui l’editore mi disse: “Ti passo una persona!” e quella persona si presentò dicendo: “Ciao, sono Silver.” invitandomi poi a scrivere qualche altra avventura del Lupo. Quello che mi porto dentro di quel periodo è l’emozione e la gioia di un ventiquattrenne alle prese con un personaggio e un autore leggendari. Sono sempre stato un grande lettore di Lupo Alberto e poter lavorare con quei personaggi per me era una fortuna assoluta ma ancora di più un onore. Il timore di non essere all’altezza di quell’incarico mi ha sempre accompagnato e spero di aver fatto bene la mia parte e di essermi meritato la fiducia concessa.

Rispetto ad altri personaggi con cui hai lavorato, cosa contraddistingue il cast che popola la fattoria McKenzie? Quali sono le caratteristiche che lo differenziano dagli altri fumetti?

La libertà, essenzialmente, la possibilità di riuscire a far ridere usando tutti gli strumenti della comicità, con gag fisiche, battute, dialoghi brillanti, ossia gli strumenti di Silver. Il cast della fattoria McKenzie è perfetto perché composto da elementi molto forti che, diversamente combinati, danno sempre vita a situazioni divertenti e bizzarre, senza limitazioni. Una delle ragioni della popolarità quarantennale di Lupo Alberto arriva da qui e dall’essere riuscito a raccontare con ironia e invenzioni straordinarie il lato comico della vita.

Quali sono le storie di Lupo Alberto che preferisci?

Tutta la produzione di Silver, dalle strisce alle autoconclusive, è imprescindibile. Per quello che mi riguarda sono affezionato a tutte le storie che ho scritto; ho comunque un debole per quelle natalizie, per la storia dedicata a Nick Carter (con il lupo, Mosè ed Enrico nei panni di Carter, Patsy e Ten), per l’episodio speciale realizzato per i 100 anni del fumetto, per il Tesoro dei McKenzie che ho scritto con Tito Faraci e disegnata da Giorgio Cavazzano e, ultima in ordine di tempo, per la versione di Fahreneit 451.

Da anni la visibilità della testata è in calo, con sempre meno storie inedite e una produzione che purtroppo non è paragonabile agli anni d’oro del personaggio… Pensi che il personaggio abbia ancora qualcosa da dire? Cosa potrebbe farlo tornare alla ribalta?

Lupo Alberto resta un personaggio solido e molto popolare. Le difficoltà che il settore dell’editoria italiana sta attraversando da tempo si sono fatte sentire anche per il Lupo ma credo che ci sia ancora spazio per delle sue nuove storie, magari immaginando speciali annuali (mantenendo naturalmente all’appuntamento fisso con il mensile e le sue tavole inedite). La rete può diventare un canale alternativo per promuovere il personaggio attingendo al suo vastissimo archivio ma non è certamente dalla rete che, al momento, possono arrivare dei ricavi significativi. Spero di poter presto leggere (e scrivere) nuove avventure di Lupo Alberto perché con i personaggi della fattoria McKenzie le storie non finiscono mai.