Nell’anno del loro sessantesimo compleanno, Mark Waid e Tom Brevoort raccontano il ciclo di storie dei Fantastici Quattro che lo sceneggiatore e il compianto artista Mike Wieringo realizzarono tra il 2002 e il 2005, in una lunga chiacchierata sulle pagine di Games Radar. Un ciclo di storie molto speciale, rimasto nel cuore dei lettori fino ai giorni nostri come uno dei più amati del Quartetto nell’epoca moderna.

 

 

Ecco le dichiarazioni più interessanti di Waid e Brevoort scaturite durante questo viaggio sulla via dei ricordi.

 

Waid – Sebbene Fantastic Four sia una delle serie con cui sono entrato in connessione più tardi, da lettore, quando ero ragazzino era sempre uno di quelli di cui si parlava di più, anche nelle varie rubriche della posta. Si percepiva sempre che fosse un titolo importante, all’epoca.

Brevoort – Io ho iniziato a seguire le serie un po’ più tardi di Mark, più o meno nel ’78. Una volta entrati negli anni Ottanta, l’enfasi della Marvel ha iniziato a spostarsi verso gli X-Men, che erano i personaggi più nuovi e popolari, ma i Fantastici Quattro rimanevano erano ancora in cima, nel 1978. Anche se gli Avengers erano in crescita, grazie al lavoro di Jim Shooter e George Perez.

Quasi per osmosi si percepiva che erano personaggi importanti. La Cosa appariva su due testate, perché era anche su Marvel Two-in-One. Pure la Torcia Umana aveva una serie in ristampa su Strange Tales, di dieci anni prima, e si mostrava spesso su Marvel Team-Up.

Fantastici Quattro, copertina di Mike Wieringo

Mark e Mike, assieme a Karl Kesel sono il team che ho sempre avuto in mente per Fantastic Four. La mia squadra, i miei ragazzi. Avevo ereditato la coppia creativa precedente, che era ottima, ma io volevo ricominciare con scelte mie. All’epoca, attorno al 2001, c’era una parte del pubblico convinta che i Fantastici Quattro avessero fatto il loro tempo. Erano i vecchi. La serie aveva un’importanza storica, ma non era fresca a giovane. Cose più importanti accadevano altrove. Ma Fantastic Four era la mia testata preferita da sempre e questi erano i personaggi cui tenevo di più. Quindi volevo dar loro una scossa, farli funzionare di nuovo presso l’audience di quei tempi. Era il mio obiettivo nel contattare questo team creativo.

Mike Wieringo era un po’ il secondo disegnatore di Superman, alle spalle di Ed McGuinness e, da quel che mi avevano detto, non era molto felice della propria posizione. Mi piaceva Mike e mi piaceva il suo lavoro, quindi lo chiamai e mi disse che non si vedeva molto come disegnatore dei Fantastici Quattro. La stessa risposta che avevo ottenuto da Mark Waid. Gli dissi che, quando era arrivato su Flash, disegnava il personaggio in maniera diversa da chiunque prima di lui, che aveva creato una sua versione, una che poi tutti hanno preso a modello. Gli dissi che volevo la stessa cosa per i Fantastici Quatto, che non volevo vedere quelli di Jack Kirby o John Byrne, ma i suoi, che avrebbero fatto da modello per il suo successore. E lui ha abboccato.

Mark, invece, era sul punto di abbandonare CrossGen. Aveva lavorato per loro per due o tre anni. Avevamo già fatto qualcosina insieme, su storie brevi di Spider-Man o roba del genere. Ci eravamo incontrati in varie riunioni editoriali e avevamo sempre espresso interesse a collaborare. Mi ricordo che quando Matt Idelson ha lasciato lo staff degli editor e hanno passato la serie Captain America a un altro, Mark mi ha chiamato dispiaciuto perché non avevano scelto me.

Non è difficile vendermi le storie di Mark Waid. Quando ho sentito che stava lasciando CrossGen, l’ho chiamato all’istante, perché sapevo che ci sarebbe stata la fila e io volevo essere il primo. Abbiamo parlato un po’ e lui mi ha detto di non essere affatto un fan dei Fantastici Quattro, ma qualcosa nella nostra conversazione lo ha messo su una strada diversa, riguardo il suo approccio ai personaggi. Mi ha richiamato il giorno dopo dicendomi che aveva un’idea e che accettava la proposta.

Waid – Quel che è successo e che mi ha convinto è che Tom aveva già chiamato Mike Wieringo e si era assicurato i suoi servigi, il che rese più facile la mia decisione, ma avevo bisogno di dormirci sopra almeno una notte, perché non avevo un’idea forte riguardo i Fantastici Quattro, come invece capitava con altri personaggi. Quindi ci ho pensato su e mi sono focalizzato sul fatto che tutti adorano Sue, tutti amano Johnny, tutti amano Ben, ma nessuno ama Reed. Reed non è il personaggio preferito di nessuno. Quindi mi sono chiesto se sarei riuscito a farlo diventare proprio questo. Presi ispirazione da Buckaroo Banzai, ma un po’ più vecchio e stagionato. Ho chiamato Tom e gli ho detto che avevo l’idea. Un Reed un po’ Doc Savage. Questa era la mia visione dei Fantastici Quattro.

 

Fantastici Quattro, Mike Wieringo 01

 

Brevoort – Nella mia mente, Mike Wieringo e le chine di Karl Kesel erano un tutt’uno, perché avevo lavorato con entrambi su progetti come Spider-Boy e avevo sempre pensato che funzionassero a meraviglia insieme. Ma Karl era anche un grande fan dei Fantastici Quattro e aveva una grande consapevolezza del lavoro. Mi ricordo di quando lavorava su Suicide Squad con John Ostrander e Luke McDonnell e condivideva con il primo le sue idee sui personaggi. Pensavo che qualcuno con quell’entusiasmo e con il suo talento sarebbe stato perfetto per il team.

E poi ero un fan di Karl come scrittore. Ha sceneggiato due numeri che dovevano essere poco precedenti alla nostra run ma che finirono prima di quelli di Adam Warren. Uno dei due era un numero importante e storico, con la rivelazione del fatto che Ben Grimm è ebreo. Era stato più o meno stabilito nel contesto, ma non era mai stato detto esplicitamente e ci aveva colto di sorpresa l’attenzione che quell’albo suscitò. Doveva essere un semplice riempitivo cui non avevamo mai dato peso.

Waid – Karl è un tizio splendido con cui lavorare, perché pensa sempre molto ai personaggi, a prescindere da quale sia il progetto, ma ha un grande amore per i Fantastici Quattro. Era una rete di sicurezza grandiosa. Non so citarvi dei casi specifici, ma ricordo che diverse volte mi chiamava dopo aver letto la sceneggiatura per dirmi quando aveva dei dubbi sul fatto che si sarebbero comportati come avevo pensato in certe situazioni. E non sbagliava, non sbagliava mai.

Brevoort – Era molto coinvolto, era davvero parte del team. Spesso l’inchiostratore è relegato al suo compito specifico, ma Karl si sentiva coinvolto nella gestione dei personaggi e della serie anche più di me, Mark e Ringo. Portava con sé quell’attenzione ai dettagli e l’amore per il proprio lavoro che gli riconoscevamo. Preziosissimo.

Waid – Il primo numero della serie è, dal punto di vista tecnico, probabilmente la sceneggiatura migliore che abbia mai scritto. Ricordo di averne realizzate diciannove diverse versioni. Non è una mancanza di rispetto verso altri scrittori, ma quando approccio una serie, mi piace farlo come se fosse una storia morta da vent’anni e dovessi introdurre un’idea del tutto nuova ai lettori. Credo fortemente che i lettori dovrebbero sempre capire dal primo numero che tipo di serie si troveranno davanti, con le premesse chiare, con i personaggi stabiliti e con la voglia di leggere ancora. Motivo per cui non chiudemmo il primo albo con un cliffhanger.

Adorai la scelta di renderlo una storia coerente e che stava in piedi da sola. Io voglio che i lettori tornino perché hanno voglia di farlo, non perché sentono di avere in mano un quinto di una storia. Volevo mettere i pezzi sulla scacchiera, far muovere le idee, assicurarmi che tutti sapessero cosa volevano i personaggi e cosa li facesse funzionare. Tom mi ha fatto il magnifico regalo del discorso di Reed Richards in chiusura dell’albo.

Brevoort – Mi hai sempre dato troppi meriti per questa cosa. Avrò detto qualcosa sul fatto che Reed si sentiva in colpa e tu hai fatto tutto il resto. La scena, il momento… sono farina del tuo sacco.

Waid – Grazie mille. L’altra cosa che voglio sempre fare in un primo numero del genere, che vuole rilanciare dei personaggi, è consegnare ai lettori una prospettiva su di essi che non hanno mai visto prima, che nessuno ha mai proposto. Questa è la chiave di tutto. Senza quel discorso di Reed credo che sarebbe stato un numero niente male, ma quel monologo ha davvero fatto la differenza.

Brevoort – Introduce un tema che è sempre stato davanti agli occhi di tutti, ma che voi avete mostrato ai lettori per la prima volta. E questo ha reso la storia qualcosa di nuovo. Era una delle questioni con cui facevamo fatica, uno dei motivi per cui abbiamo tentato un milione di versioni diverse del primo numero. Continuavamo a infilarci in vicoli ciechi. Ho tenuto nel cassetto molte di quelle bozze e, quando i miei sceneggiatori si trovano bloccati, ne prendo una e gliela do da leggere. Dwayne McDuffie ha scritto almeno uno speciale basato su una delle tante idee che abbiamo scartato. non è la stessa storia, perché l’ha resa una cosa personale, ma è nata da una di quelle mille conversazioni.

Il primo numero doveva introdurre tutto e tutti in maniera nuova, doveva scuotere via la polvere antica, dare un aspetto rinnovato, fresco, divertente e coinvolgente. Doveva far innamorare dei personaggi in 22 pagine, di tutti loro. Poiché quel primo albo sarebbe costato solo nove centesimi, avevamo deciso di renderlo una storia completa per cui pagare un decino e avere indietro un penny. Una sfida non da poco.

 

Fantastici Quattro, Mike Wieringo 02

 

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Fonte: Games Radar