We Only Find Them When They’re Dead è uscito negli Stati Uniti con il suo primo numero e la serie di Al Ewing e Simone Di Meo si è rivelata all’altezza delle aspettative. Un’opera che si annuncia fin da subito molto ambiziosa ed estremamente curata nella definizione dei personaggi. Personaggi che Ewing ha presentato, assieme alla trama e all’idea generale della serie, qualche tempo fa.

 

 

All’indomani dell’uscita dell’albo di esordio della loro colossale space opera, targata BOOM! Studios, lo sceneggiatore britannico e l’artista italiano hanno risposto ad alcune domande sull’argomento. Ecco le loro dichiarazioni più gustose.

 

We Only Find Them When They're Dead #2, copertina di Simone di Meo

Ewing – Ogni universo narrativo condiviso è una grande macchina fatta di tante parti in movimento, in cui ogni storia ha una sua forza di gravità. Quel che puoi fare è muoverti all’interno di questo ambiente affollato. In pratica, ogni personaggio esercita una forza attrattiva sulla storia, deformandola. Se invece io creo il mio universo e i miei personaggi, con Simone che li porta in vita, sono molto più libero di fare esattamente quel che voglio con essi e alcune storie possono essere raccontate solo in questa maniera. Questa è una di loro.

Alcuni dei miei fumetti preferiti sono stati prodotti presso BOOM! Ero un grande fan di Giant Days e di Midas Flesh e mi diverte un sacco Once & Future. Mi sono portato dentro l’idea di questa storia per un po’ e BOOM! è stata d’aiuto nel portarla alla luce, per farla esistere concretamente invece di rimanere qualcosa di cui chiacchieravo alle convention con artisti già troppo impegnati. Ho imparato parecchio da questa esperienza e spero di poter applicare quel che ho appreso anche in altri contesti.

Per questa storia avevo bisogno di un artista, non semplicemente di qualcuno che la disegnasse, ma di una persona in grado di portare un senso di coerenza all’ambiente, un senso di progettazione, di un co-creatore. Ho già lavorato con Simone su una storia singola di Immortal Hulk che è  andata molto bene, quindi sapevo che mi sarei divertito a lavorare con lui.

Se le cose fossero andate diversamente, avremmo anche potuto prendere direzioni diverse. Abbiamo realizzato un soggetto generico del primo arco narrativo, dopodiché le cose si sono evolute in un progetto sempre più grande, in parte perché sapevo che Simone aveva gli strumenti per reggerlo. Il suo disegno è una delle più grandi forze propulsive di questa serie.

Personalmente, vedo gli dei della storia più come esseri teologici a tutti gli effetti che come giganteschi alieni. Man mano che li vedremo più da vicino, lasciando il nostro cosmo e spostandoci nel loro, potremo accorgercene sempre più. Quest’idea mi interessa molto: usare gli strumenti e le metafore della grande fantascienza in cerca di un significato ulteriore. Mi sembra di entrare a far parte di una tradizione antica nell’usare questo genere per cercare risposte alle questioni filosofiche.

La fantascienza è stata il mio punto di partenza sotto molti punti di vista. Da scrittore come da lettore. Il primo fumetto “serio” che abbia mai letto è stato 2000AD, la grande antologia fantascientifica britannica. Ma non è soltanto questione di fumetti. Leggevo un sacco di libri, da bambino, e c’era un sacco di roba di fantascienza, nel mucchio.

We Only Find Them When They're Dead #3, copertina di Simone di Meo

Di Meo – Amo quasi tutto ciò su cui ho dovuto lavorare per questo universo. Sono un grande fan della fantascienza, dell’astronomia, e poter creare un universo tutto nuovo è stato incredibile. Continua ad esserlo. Se devo scegliere la cosa che ho amato di più, cado sulla progettazione visiva degli dei morti. Ho davvero lavorato duro per cercare di trovare una soluzione che fosse memorabile, divina ed elegante. Spero di esserci riuscito.

Non credo che dimenticherò ma il momento in cui Al mi ha chiesto di essere parte del progetto. Abbiamo lavorato assieme a un albo di Immortal Hulk e, dopo un paio di mesi, mi ha scritto per propormi quest’idea che avrebbe voluto sviluppare. La trovai brillante e me ne innamorai alla prima parola. Accettai all’istante. Non potevo iniziare a lavorarci subito, causa impegni precedenti, ma BOOM! Studios, dopo aver approvato il progetto e il suo sviluppo, mi ha dato il tempo di finire il resto, prima di cominciare.

 

Di Meo ha collaborato con la casa editrice per diversi anni, prima di approdare a We Only Find THem When They’re Dead, sulla serie Power Rangers. Un ambiente di lavoro che ha già apprezzato molto in passato.

 

We Only Find Them When They're Dead #1, variant cover di Dan Mora

Ewing – Se apprezzate Immortal Hulk o Guardiani della Galassia, questa storia ha delle preoccupazioni simili. Non tanto nel body horror o per gli aspetti super eroistici, ma in termini di sguardo e prospettiva, di lavoro sui personaggi, di esplorazione di certe idee tramite metafore poetiche e visive.

Volevamo realizzare quindici albi di We Only Find Them When They’re Dead e quindici ci sono stati concessi. Questa non è una serie che ci darà il tormento per la possibilità che venga cancellata. Abbiamo in mente una storia molto precisa e la racconteremo.

Ci sono tre volumi, tre atti, con un inizio, una parte centrale e un finale. Dopodiché, avremo costruito un mondo, diversi mondi in realtà, e potremo tornare a quell’ambientazione se ne sentiremo il bisogno. Persino lasciare che qualcun altro ci giochi. Perché no? Un sacco di ottimi romanzi di fantascienza hanno dato vita a dei seguiti.

 

 

Fonte: Games Radar