Ant-Man è un lungometraggio “piccolo” come un insetto, se confrontato con i più famosi cinecomic Marvel Studios come The Avengers o Avengers: Age of Ultron, ma è un film grandioso nella sua coriacea struttura, sia in termini di script che di riuscita registica. Appare difficile comprendere al meglio a chi vadano riconoscuti i meriti di tale successo: in soldoni, è arduo capire come quantificare l’apporto che il regista Edgar Wright, a lavoro su tale film per anni e poi “scaricato” dallo studio per “divergenze creative”, ha dato al film. Il proverbiale “zampino” del regista di Scott Pilgrim vs. the World è evidente, specie nella resa grafica e nei vivissimi colori, oltre che nel sapiente e correttamente dosato utilizzo di uno humor molto british, sempre calzante, e mai gratuito e stantio (come per esempio si è visto in Thor: The Dark World di un paio di anni fa). Di sicuro, Peyton Reed, regista subentrato a Wright, ha saputo fare il suo lavoro egregiamente, non facendo rimpiangere (più di tanto) la mancanza di un genio visionario quale il director inglese.

Venendo alla storia, Ant-Man ha per protagonista Scott Lang, interpretato da Paul Rudd, il quale è tutt’altro che il prototipo del supereroe: ha la fedina penale sporca, un matrimonio fallito alle spalle, e una figlia che ama ma che non può mantenere. Tutto questo è destinato a cambiare quando l’ex magnate e genio scientifico Hank Pym (Michael Douglas) lo recluterà per una missione apparentemente impossibile. Nel passato, Pym è stato colui che ha scoperto le omonime particelle, dotate della capacità di ridurre le distanze fra gli atomi e conseguentemente le dimensioni di qualsiasi oggetto o essere organico. Dietro la scoperta delle Particelle Pym si cela il segreto della nascita di Ant-Man, eroe in grado di rimpicciolirsi a dismisura e letteralmente parlare con le formiche: Hank fu il primo a indossare costume e il casco del supereroe, in passato, compiendo importanti missioni in gran segreto e salvando il mondo più di una volta. Il primo Ant-Man inoltre, poteva contare sull’aiuto delle superoina nota come Wasp, dietro la cui maschera si celava Janet van Dyne, moglie di Pym: nel corso di una pericolosa operazione volta a smantellare un missile atomico, però, Janet fu costretta a ridursi a livello subatomico, perdendosi per sempre in quella dimensione nota come Microverso, nella quale qualsiasi legge fisica dello spazio/tempo perde di significato e valenza.

Da allora, la vita di Hank cambiò per sempre: questi si ritirò dal suo ruolo di eroe, nascose la formula delle sue particelle al mondo (S.H.I.E.L.D. compreso), esiliandosi nella sua casa e lasciando la gestione della sua azienda al suo protegé Darren Cross (Corey Stoll), un giovane quanto instabile prodigio.

Tornando al presente, il “Progetto Calabrone” ha portato Cross molto vicino a scoprire una formula omologa a quella delle Particelle Pym: questi, ossessionato dall’eguagliare il suo mentore, non è in grado di rendersi conto delle potenzialità e della pericolosità di tale scoperta, ed è disposto a venderla al migliore offerente (l’HYDRA, in questo caso).

Toccherà proprio a Scott Lang quindi diventare il nuovo Ant-Man, imparando a sfruttare al meglio le peculiari caratteristiche del costume dell’eroe, potendo inoltre contare sulla preziosa alleanza di Pym, di sua figlia Hope (Evangeline Lilly) e di un esercito di formiche! La sua missione? Dar vita alla rapina perfetta, rubare il prototipo del costume del Calabrone, e, immancabilmente, salvare il mondo. Ovviamente, le immancabili complicazioni non tarderanno a paventarsi.

Ant-Man si dimostra un lungometraggio meritevole di promozione (con lode) sotto ogni aspetto, a partire dalla sceneggiatura, in grado di raccontare una storia coerente e appassionate, divertente al punto giusto, che riesce a prendersi sul serio non prendendosi per nulla sul serio. Le stesse originalissime abilità del protagonista sono ritratte in maniera chiara e intelligente, permettendo allo spettatore di apprezzare al meglio un personaggio che, sostanzialmente, riesce “soltanto” a ridurre le proprie dimensioni e a comunicare con le formiche, e che non ha martelli magici o armature iper-accessoriate a propria disposizione.

Come già detto, il regista Peyton Reed svolge bene il suo compito, confezionando un film già ampiamente impostato da anni e incastonandovi al meglio qualsiasi modificazione imposta da Kevin Feige e dalla Disney Entertainment vi sia stata dopo l’abbandono di Wright.

Venendo al cast, ottima la prova di Paul Rudd nei panni di Scott Lang, personaggio molto particolare, che però riesce a connettersi empaticamente al cuore dello spettatore con grande facilità. Non vediamo l’ora di rivederlo a fianco di Robert Downey Jr., Chris Evans e compagnia in Captain America: Civil War. Buona prova anche da parte del resto degli attori protagonisti, a partire da un Michael Douglas in grande spolvero, fino al villain della pellicola, impersonato da un Corey Stoll sempre bravo nel dar vita a personaggi caratterizzati da una profonda instabilità psicologica e da una dubbia morale, come già visto, per esempio, in House of Cards.

Non si può non far menzione ai bellissimi effetti speciali della pellicola, che trasportano lo spettatore in un mondo “extra small” la cui resa grafica è perfetta, cosa che consente una totale immersione in una realtà nella quale le formiche sono grandi come cavalli. E che dire della spettacolare colonna sonora? Erano anni che un cinecomic non era così in grado di trasportare l’audience dal punto di vista musicale, cosa che rappresenta la proverbiale ciliegina su di una torta assai gustosa.

In conclusione, Ant-Man dimostra quanto i Marvel Studios siano in grado di dar vita a prodotti di pregevolissima fattura, all’insegna della sempre più marcata diversificazione dei propri franchise. Basti fare un confronto fra le due pellicole di questo 2015, il suddetto e Avengers: Age of Ultron, per rendersi conto di quanto il fenomeno del “cinema a fumetti” abbia oramai raggiunto un proprio e vasto piano di esistenza nel panorama cinematografico mondiale e sia in grado di appagare un po’ tutti i palati, non solo quelli dei geek che si presentano in sala con la maglietta di Capitan America o Batman. Ben venga tutto questo, e lunga vita ad Ant-Man, uno dei migliori lungometraggi del Marvel Cinematic Universe. Finora.