Nel corso del BGeek 2015 abbiamo avuto la possibilità di intervistare il Maestro Milo Manara, una delle leggende viventi del fumetto italiano, il quale ha ripercorso la sua straordinaria carriera, dalle origini ai lavori più recenti.

 

Partiamo dagli inizi: Hai sempre amato l’Arte, ma il tuo primo amore è stata la Scultura, è corretto?

Intervista Manara 01Il mio amore per la scultura è un amore abbastanza interessato, nel senso che all’epoca dovevo guadagnare qualcosa per pagarmi gli studi all’Università. Lavoravo presso alcuni scultori, i quali avevano spesso bisogno di apprendisti. Nella fattispecie, ho lavorato per uno scultore che stava realizzando un grande monumento dedicato ai Caduti di Cefalonia e aveva bisogno di aiutanti. Successivamente, lavorai per un grande scultore spagnolo, Miguel Berrocal, che realizzava delle piccole sculture smontabili, fatte di tanti pezzi. Per questo motivo, c’era bisogno di un “allegato” assieme alla scultura, un vero e proprio libretto di istruzioni, per poter montare o smontare, le opere in questione. Quindi, io realizzavo i disegni dei pezzi che poi venivano inseriti nel libretto di istruzioni.

Berrocal era davvero bravo, oltre che famoso, anche perché sposò Paloma Picasso. All’epoca vi era la dittatura di Franco nel suo paese d’origine, cosa che lo portò all’esilio. I miei contatti con il mondo della scultura sono stati molto importanti e formativi per quanto mi riguarda, anche perché gli esami di maturità artistica io li ho fatti proprio sul modellaggio, forse quasi per divertimento.

Quando hai capito di aver un dono naturale nel saper descrivere così intimamente con il tuo tratto, l’universo erotico femminile? Ti ispiri a un modello che è una donna reale, concreta, oppure è l’elaborazione della tua fantasia?

Direi che è soprattutto un’elaborazione di fantasia, nel senso che il disegno dà la possibilità, a differenza della fotografia o del cinema, di utilizzare la parte più astratta della nostra mente, la fantasia, appunto. Questa ha bisogno di essere comunque domata, perché è necessario codificarla e lavorare secondo un certo canone. Penso che non esista mai un realismo totale nel disegno, per così dire. Nel disegno è una questione di codici e di complicità da parte del lettore, il quale è lui che, a sua volta, deve “far finta” che quei segni, quei tratti, corrispondano, per esempio, a un corpo. Certo, una base realistica è comunque necessaria, in modo tale che chi guarda la tua opera non possa mai confondere una donna con un cavallo. Ma è assolutamente necessario che l’elemento reale presente nel disegno venga sottoposto a un processo di sublimazione, un passaggio dal mondo della realtà a quello della fantasia, dei sogni, in un processo vagamente platonico.

Caravaggio Milo ManaraCome nasce una tua storia? Cosa avviene prima, nel tuo processo creativo, l’immagine o il contesto narrativo, lo storytelling?

Normalmente direi che viene prima il contesto narrativo. Lo storytelling è l’idea da cui poi parte tutto. Però, nel corso dell’esecuzione, non è detto che talvolta si parta prima dall’immagine. Mi spiego: se in fase di sceneggiatura uno pensa all’articolazione dei disegni nell’ambito della pagina, ma all’improvviso viene in mente un’immagine più suggestiva e adatta a quella prefissata in fase di sceneggiatura, allora è lì che l’immagine prende il sopravvento sullo storytelling, addirittura andando a cambiare in maniera radicale quanto scritto in precedenza. Questo mi è capitato lavorando su sceneggiature di altri artisti, come per esempio Hugo Pratt.

In “Tutto ricominciò con un’estate indiana”, giusto per fare un esempio, vi è una prima sequenza di immagini mute: questa, in fase di sceneggiatura, si sviluppava in quattro o cinque pagine, ma io la portai a essere lunga ben undici o dodici, dato che era talmente bella e suggestiva che mi sentii in dovere di aggiungere altre immagini che mi erano balenate in mente. Si tratta di una sequenza narrativa fantastica che meritava di avere quello spazio.

Arriviamo a Caravaggio: La tavolozza e la spada, la biografia a fumetti che hai voluto realizzare sul genio lombardo per l’etichetta 9L di Panini Comics. Per quanto tempo ti sei dedicato a questa ambiziosa graphic novel? Come e quando è nata l’idea?

Non ricordo se l’idea dietro questa storia sia nata improvvisamente o meno. Di certo, era molto tempo che pensavo di raccontare la vita di Caravaggio, o perlomeno mi trovavo a raccontarla a me stesso. Si tratta di un pittore del quale si sono scoperte tante cose nel tempo: ci sono molte rivelazioni delle quali abbiamo avuto notizia solo di recente. Questo perché abbiamo biografie molto scarne di autori dell’epoca. Paradossalmente, abbiamo scoperto molto di più sul personaggio grazie ai rapporti della polizia, dato che veniva arrestato molto spesso: ogni volta che questo avveniva, venivano redatti verbali, con testimonianze di terzi, più le sue arringhe difensive. Di questi documenti, ogni tanto ne emerge qualcuno.

Quando potremo godere del secondo e conclusivo capitolo della storia?

La sceneggiatura del secondo capitolo è pressoché ultimata. Penso di incominciare la parte grafica al massimo per la fine dell’estate, direi per il prossimo mese di settembre: presumo che tale fase si concluderà per la primavera del 2016.

Non possiamo non parlare della polemica che ha scatenato la tua fantastica copertina di Spider-Woman #1, la scorsa estate. Immaginavi portasse a un tale dibattito, con tutte le conseguenze che abbiamo visto nel corso degli ultimi mesi? L’artista Frank Cho è intervenuto a “gamba tesa” in tua difesa.

Spider-Woman #1 - variant cover di Milo ManaraSì, sono al corrente di quanto fatto in mia difesa da Frank Cho, al quale ho anche scritto per ringraziare, ricevendo una bellissima risposta da parte sua. Ho ovviamente seguito tale polemica, e devo ammettere di esserne rimasto sorpreso. Mi pare abbastanza assurdo riuscire a scandalizzare qualcuno con un disegno, dato tutto quello che quotidianamente vediamo nel mondo attorno a noi. Mi sono quasi fatto i complimenti da solo, dicendomi “Vecchio mio, riesci ancora a stupire”.

Trovo comunque che questa sia stata una polemica abbastanza pretestuosa, non direi che vi fosse alcun motivo per alzare un polverone del genere. Alla fine, penso che tutto nasca da un’ipocrisia di fondo: le supereroine sono praticamente nude, fatta eccezione che sono colorate, con costumi molto aderenti. Lo stesso discorso vale per i supereroi di sesso maschile. Superman ha addirittura una specie di mutande sopra il costume, cosa che conferma quanto ho poco fa affermato.

Se io avessi immaginato la stessa identica posizione di Spider-Woman, però inquadrata dal basso, solo allora magari si poteva dare adito a qualche potenziale polemica. Io l’ho invece inquadrata dall’alto. Davvero, ho cercato di realizzare un’immagine che fosse più casta possibile. D’altra parte, prima di realizzare il disegno, mi sono andato a documentare sul personaggio, per mezzo di internet: la maggior parte delle volte Spider-Woman si trova in posizioni di quel tipo. Posso pensare, al massimo, che normalmente i disegnatori americani siano meno realistici, ma anche questo non è più tanto vero.

Qual è lo stato attuale della sua collaborazione con Marvel Comics, anche a seguito della suddetta polemica?

Non c’è stata alcuna vera rottura con la Marvel, solo che, di fatto, tale collaborazione è al momento sospesa perché attualmente sono sotto contratto con un’altra casa editrice americana: la Dark Horse Comics, che ha un taglio abbastanza autoriale. La Dark Horse sta dando vita, da diverso tempo, a una collana con tutta la mia opera a fumetti: si intitola Manara Library e siamo già giunti al settimo o all’ottavo volume pubblicato oltreoceano. Il primo volume era impreziosito anche dalla prefazione di Frank Miller. Di tanto in tanto, mi dedico anche alla realizzazione di alcune copertine per altre collane Dark Horse.

Sei stato legato a Hugo Pratt da un profondo legame di amicizia oltre che di collaborazione professionale. Qual è a tuo a parere il suo maggior lascito alle generazioni future di autori e lettori?

È difficile crederlo adesso per voi giovani, ma prima di Hugo Pratt il fumetto non godeva della considerazione attuale, non veniva, in sostanza, visto come un veicolo culturale anche per adulti. Ci sono stati due grandissimi artisti: uno era, appunto, Pratt, l’altro Dino Battaglia. Questi sono stati i pionieri dell’introduzione della letteratura nel medium fumettistico. Battaglia ha raccontato i grandi classici della letteratura a fumetti, come Moby Dick. Se non ci fossero stati questi due giganti dell’Arte, le cose oggi sarebbero diverse.

Sempre riferendomi a Pratt, voglio ricordare l’atteggiamento che lui aveva nei confronti del lettore: Hugo aveva grande coraggio e autonomia, cioè si comportava da Autore, con la “A” maiuscola, un po’ come faceva Caravaggio nella sua epoca. Non era una cosa facile, ve lo posso assicurare. Quando mi fu chiesto di entrare al “Corriere dei Ragazzi”, dove sarei stato assunto e stipendiato (vi erano già dei grandi disegnatori attivi sulla rivista, come Aldo Di Gennaro), Pratt fu contrario: mi disse “Devi essere libero da vincoli, devi poter scrivere le tue storie”. Lui era così, era uno spirito libero e questa cosa richiedeva tanto coraggio all’epoca, perché spesso si trattava di rinunciare a un guadagno certo per inseguire, invece, un sogno, cosa che comportava dei rischi.

Adesso magari sembra la cosa più normale del mondo, ma vi assicuro che all’epoca non era così. Perciò voglio ribadirlo ancora: Hugo Pratt è stato colui che ha inventato il fumetto moderno.

Grazie davvero per la tua cortesia, Maestro Manara.

Di nulla, è stato un vero piacere.

 

 

Si ringrazia Francesco Borgoglio per la preziosa collaborazione nella stesura delle domande di questa intervista