Qualche settimana fa vi abbiamo mostrato alcune tavole in anteprima dell’adattamento a fumetti del romanzo American Gods di Neil Gaiman, scritto da P. Craig Russell e disegnato da Scott Hampton. Si tratta di una maxi-serie di 27 numeri pubblicata da Dark Horse che debutterà sugli scaffali americani il prossimo marzo, con circa un mese di anticipo rispetto alla serie televisiva che andrà in onda su Starz.

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Il sito Comic Book Resources ha contattato lo sceneggiatore del fumetto per farsi raccontare qualche retroscena sul progetto.

 

Hai lavorato agli adattamenti di diverse opere di Gaiman. Cosa ti ha indirizzato questa volta su American Gods? L’imminente serie TV ha influito sulla decisione?

Collaboro con Neil da 25 anni e la principale attrattiva per me è sempre stata la qualità della sua scrittura. La sfida in American Gods sono le dimensioni del progetto: 598 pagine di sceneggiatura e bozzetti sono una gran quantità di lavoro.

So che la serie TV porterà un sacco di interesse sull’opera, ma non ha influenzato la mia decisione di accettare l’incarico; è stato sufficiente il fatto che fosse un romanzo di Neil. Non ho alcuna intenzione di guardare la serie televisiva fino a quando non avrò completato il mio adattamento, non posso rischiare di esserne influenzato. È successo lo stesso quando lavoravo a Coraline, mentre era in lavorazione il film animato. Penso che mi dedicherò al binge watching una volta che avrò finito il lavoro.

C’è un personaggio che preferisci tra quelli a cui hai dato vita nel fumetto?

Le tre sorelle Zarya dell’est Europa, sono state molto divertenti da realizzare.

Hai dovuto affrontare delle sfide particolari in questo adattamento?

Il primo arco narrativo di nove numeri racchiude circa 200 pagine del romanzo originale, il che significa circa una pagina di prosa in ogni tavola a fumetti. E Neil può inserire molte cose in una sola pagina. Perciò è stato necessario snellire un sacco, più che nei due archi narrativi successivi. In alcuni casi intere scene sono state compresse in due o tre vignette prive di testi. Se questo viene fatto in modo giusto, il lettore non ha l’impressione che manchi qualcosa.

Uno dei dilemmi degli adattamenti dalla prosa è quanta narrazione interna mantenere, e Neil è un autore molto visivo con uno stile discorsivo piuttosto riconoscibile. È stato problematico trovare l’equilibrio tra quanto mostrare e quanto raccontare a parole?

Il mio primo impulso è stato quello di inserire quanto più possibile. Guardando gli storyboard era ovvio che si trattava di un prodotto differente dal romanzo, c’erano diversi elementi che potevano essere accantonati. È stato difficile trovare questo equilibrio. A volte una scena può essere composta solamente da immagini, senza neanche una parola. Altre volte la storia prosegue ma sembra di guardare la TV con il volume a zero, così torno sui miei passi e aggiungo del testo. È molto soggettivo, ma con l’esperienza impari a capire quello che funziona.

Quanto testo deriva dal libro? Ovviamente ormai c’è una certa fiducia nel gestire le sue storie, ma quanto è stato coinvolto Neil in questo progetto?

Il testo viene direttamente dal romanzo, almeno quello che è sopravvissuto al processo di riduzione. Le sezioni descrittive sono le prime a essere escluse perché i disegni di un’ambientazione eseguono già quel compito. Posso dover inserire alcuni testi originali in una scena condensata al punto che la prosa esistente non riesce a inserirsi in modo fluido. Il mio contributo alla voce di Neil in questo caso si limita a frasi di due o tre parole, necessarie a riallacciare le fila.

Neil ha risposto a ogni mia domanda sul testo, o ai dubbi se l’esclusione di un evento avrebbe avuto conseguenze più avanti nella trama. Sono cose che dovrei sapere, ma è difficile riuscire a ricordare tutto ciò che avviene in un romanzo di oltre 500 pagine, per questo l’autore è una fonte più affidabile.

Anche se trasformando una storia come questa in un fumetto puoi ottenere un enorme impatto visivo, devi anche sacrificare una parte del mistero. Penso ad esempio a Silas ne Il figlio del cimitero, che non viene mai detto esplicitamente essere un vampiro, ma è stato disegnato chiaramente come tale. Qui non ci sono rivelazioni visive molto importanti, ma le varie divinità hanno tratti fisici che saranno più evidenti nella versione illustrata. Sei preoccupato che il character design o altri elementi grafici possano rovinare parte del fascino dell’opera?

Un autore può evocare nella mente del lettore un’immagine che può essere più spaventosa o adorabile in modo più straordinario di quanto non sarebbe nella realtà. Quando provi a disegnare qualcosa di indescrivibile, inevitabilmente gli dai una forma. Tuttavia, ci abbiamo provato.

Scott Hampton realizzerà i disegni basandosi sui tuoi bozzetti. Com’è avvenuta la collaborazione tra voi? Avete entrambi lavorati sul character design? 

No, il character design lo sta facendo Scott. A volte i miei bozzetti possono indicare in quale direzione potrebbe andare un personaggio, ma mi sono limitato a questo.

Hai realizzato da solo una storia breve pubblicata all’interno del primo numero. Come mai hai tenuto per te quel breve racconto?

Ho pensato che quella storia fosse così gloriosamente oltraggiosa che sarebbe stata una sfida fantastica, riuscire a disegnarla senza ottenere un divieto ai minori, così ho voluto cimentarmi nell’impresa. Ho anche considerato di chiedere di farlo a Tim Vigil [disegnatore underground noto soprattutto per le scene splatter e sexy – NdR], ma in quel caso il divieto sarebbe stato assicurato. Un uomo inghiottito da una vagina gigante è una complicata sfida grafica.

Stai lavorando a qualche altro fumetto che i tuoi fan dovrebbero attendere?

Mi manca qualche mese per completare un adattamento del romanzo The Giver di Lois Lowry. Per coincidenza, Scott Hampton sta disegnando 20 pagine per una sequenza, i ricordi all’interno della trama. Volevo che quelle memorie avessero un aspetto differente dal resto del fumetto. Poi c’è anche la mia ultima fiaba di Oscar Wilde, dovrei riuscire a dedicarmici l’anno prossimo, aspettavo da molto tempo questo momento.

 

 

Fonte: Comic Book Resources