Continuano le confessioni di Dan DiDio relative ai suoi anni passati alla guida della DC. Diciotto anni di carriera terminati da qualche mese e sottoposti ora a una interessante e rivelatoria revisione personale. In questo secondo estratto, DiDio parla del suo rapporto con Paul Levitz, l’uomo che lo ha tenuto a battesimo alla DC Comics, della nascita e degli orizzonti dell’iniziativa Nuovi 52 e del suo rapporto con i personaggi di Wally West e Dick Grayson.

 

DiDio – La parola “mentore” è interessante. Amo la storia dei comics. Credo che tutti lo sappiano. Ancora oggi ho sul comodino Amazing Heroes, Comic Reader, le Comics Buyer’s Guide, copie di Wizard. Amo assorbire informazioni. Paul Levitz non è stato tanto un mentore, per me, quanto un’incredibile enciclopedia di informazioni da cui ho attinto in continuazione. Ho sempre voluto sapere un po’ di più e lui sapeva davvero un sacco di cose. Volevo conoscere le storie che c’erano dietro le storie, la logica di quel che era successo, degli eventi del passato. Volevo sapere se la logica degli autori di un tempo e quella degli editor coincidessero con quelle che mi ero immaginato da lettore. Al sessanta percento lo facevano.

Parlare con Paul è sempre stato interessante, ma mi ha anche aiutato a chiarire e a capire le relazioni con artisti e scrittori, oltre a insegnarmi molto su come motivare le persone e come essere comprensivo. Paul lasciava che io fallissi o avessi successo con le mie forze. Ti consentiva di fare i tuoi errori, il che era un bene, perché sin da subito io ero stato assunto perché serviva una prospettiva esterna, priva di preconcetti su tutto. E lui mi lasciò fare, mi lasciò sbagliare e ottenere le mie vittorie.

Non confondiamoci, però: Paul aveva un’opinione su tutto e ti faceva ben capire quando aveva sbagliato. Ammetteva chiaramente quando pensava che una cosa non avrebbe funzionato e si diceva felice di aver avuto torto, quando una serie che non lo aveva convinto aveva invece successo. Paul mi ha mostrato come sfruttare le occasioni in maniera intelligente. Ero arrivato alla DC pieno di me, con l’atteggiamento di chi avrebbe sistemato tutto quanto. Ma lui mi fece capire che investire le proprie energie per aumentare del cinquanta percento le vendite di una testata che fa diecimila copie, non serve a niente. Bisogna trovarne una che ne vende venticinque o trentamila e portarla, sperabilmente, a quaranta o cinquantamila. Quella era una vittoria che meritava.

 

Da questi insegnamenti iniziò la risalita della DC nella parte mediana delle vendite, dove la Marvel aveva all’epoca il dominio assoluto. Dan DiDio è quindi passato a raccontare l’origine dell’iniziativa dei Nuovi 52, una delle più controverse e meno amate operazioni di rinnovo della storia DC Comics.

 

OMAC

DiDio – Ai vecchi tempi, le origini dei personaggi venivano raccontate nuovamente ogni anno, perché c’era la convinzione che il pubblico si rinnovasse e noi speriamo, nella nostra epoca, di riuscire ad attrarre sempre nuovo pubblico. Che sia poi vero o no, è una speranza che deve guidare le nostre azioni. Il fatto è che pensavamo fosse il momento giusto, che ci fosse un’opportunità. Invece di un’evento di scala globale come ne avevamo visti in passato, che spazzasse via tutto, volevamo realizzare qualcos’altro con i Nuovi 52, che fosse sia una progressione che una nuova partenza. In pratica, la finestra d’entrata definitiva.

Ricordo che tutti ci chiedevano cos’avremmo fatto in DC Comics con Superman e con Batman. Tutti dimenticano serie come I, Vampire, come Frankenstein, Agent of S.H.A.D.E., che erano i progetti che più mi entusiasmavano, che rappresentano quel che secondo me manca oggi nel panorama dei comics, storie che si prendono dei rischi assolutamente folli. Ecco perché, quando qualcuno mette a confronto Nuovi 52 e Rinascita dicendo che quest’ultima ha avuto più successo, io rispondo che è vero sulla carta, perché ha mandato esauriti i nostri venti titoli più venduti.

Nuovi 52 ha preso appunto cinquantadue titoli, di cui almeno la metà erano del tutto inediti o avevano protagonisti a cui nessuno avrebbe mai dato credito. Forse non è stato un successone, ma diamine se ne è valsa la pena provare! Mi getterei mille volte su Mister Terrific, Voodoo o O.M.A.C., piuttosto che scommettere sull’esaurimento di una serie di successo solo perché so che funzionerà. Questi sono i progetti che mi hanno sempre entusiasmato.

 

DiDio ha quindi risposto alla classica critica: che senso ha rinnovare tutto, promettere ai lettori che la nuova situazione è definitiva, per poi rinnovare nuovamente cinque anni dopo? Per DiDio è una questione pratica: se un editore può garantire cinque anni di forti vendite e poi una rivoluzione al loro termine, la scelta è lapalissiana. Il problema è che nel mondo attuale dei comics, ci sono eventi di grandi dimensioni ogni quarto di anno.

 

DiDio – Il problema è che oggi siamo costantemente in un ciclo di rinnovamento e non si può uscire dai binari perché il tentativo è quello di mantenere all’infinito delle altezze che sono in realtà artificiali. Con i Nuovi 52, invece, la speranza era quella appunto di crearci uno spazio di cinque anni di storie coerenti. Sarebbe stata una grande vittoria.

 

Una grande vittoria che sarebbe passata per grandi sacrifici chiesti ai fan di alcuni personaggi DC Comics. Due nomi su tutti: Dick Grayson e Wally West.

 

DiDio – Oggi si parla spessissimo dei personaggi e molto poco delle storie, il che per me è un peccato, perché penso che si dovrebbe parlare solo delle storie. Per me, Wally West era un concetto fondamentale. Il mio problema con lui era che le sue origini dipendevano inevitabilmente dal fatto che suo zio fosse stato Flash. Wally non aveva un personaggio proprio, ma sarebbe sempre stato subalterno a Barry Allen. Avrebbe sempre avuto un altro Flash prima di lui. Se volevamo tornare a concetti basilari, anche di fronte ai media e al pubblico, era sensato tornare a Barry Allen, perché la storia era iniziata con lui.

Nightwing #44, variant cover di John Romita Jr.

Con Dick Grayson succedeva una cosa simile. La gente lo amava perché era invecchiata con lui. Il pubblico sentiva un’affinità con lui e Wally per questo. Il problema era che, come Superman e Batman, Wally e Dick avrebbero dovuto smettere di invecchiare, per evitare di superare i loro mentori. Bruce Wayne non invecchia e Dick Grayson sarebbe diventato più grande di lui, se avesse continuato. Sono cose come queste che di fatto ci portano forzatamente ai reboot.

Nella mia mente, quel che è successo, è che noi continuavamo a far collassare le nostre timeline, creando confusione sui tempi in cui certi personaggi avevano rivestito certi ruoli, sulle loro azioni. Per me, con Dick, il problema non era affatto il mio giudizio sul personaggio. Quando ho detto che lo avrei ucciso volentieri, l’ho fatto pensando semplicemente alla storia. Eravamo nel bel mezzo di Crisi Infinita, il cui presupposto era la frattura tra Batman, Superman e Wonder Woman, incapaci di collaborare, con grandi conseguenze su tutti gli eroi. Avevamo bisogno di un evento che li riavvicinasse, qualcosa che li riunisse.

Mi pareva che la morte di uno dei personaggi che più aveva toccato le loro vite fosse perfetta. Dick Grayson era quel personaggio, ovvero un giovane per cui tutti avevano grande affetto e attaccamento. Mettendolo in quel ruolo e uccidendolo, avrebbe fatto riconciliare Batman e Superman e riunito i nostri eroi contro la colossale minaccia. Credo che sarebbe stata una morte nobile e di valore. Eventi simili sono capitati durante Crisi sulle Terre Infinite. Quel livello di importanza è necessario. Muoiono Barry Allen e Kara Zor-El, due personaggi di peso della DC Comics. Noi avevamo bisogno di qualcosa di simile, di una morte di egual peso.

 

 

Fonte: Games Radar