Tom King è oggi uno dei nomi caldi del fumetto americano. L’autore è infatti il nuovo sceneggiatore di Batman, dopo aver raccolto il testimone da Scott Snyder all’alba del rilancio Rebirth della DC Comics. Ma recentemente King ha scritto altre apprezzate serie, come Grayson e Omega Men per DC, Vision per la Marvel Comics e Sheriff of Babylon per la Vertigo, oltre a essere stato nominato al premio Eisner, assieme a John Paul Leon, per la storia breve Black Death in America, raccolta nel volume Vertigo Quarterly: Black.

Lo sceneggiatore ha parlato con Newsarama del suo nuovo incarico sulla testata ammiraglia di Batman.

 

Questa settimana finirò di scrivere Batman #4 e inizierò il numero #5. Ci sono un po’ di cose da fare, ma niente di troppo grosso, sperando poi che la sceneggiatura venga approvata dagli Editor. Subito dopo, tornerò a concentrarmi su Vision e Sheriff of Babylon. Ho un po’ di fumetti in uscita. Mi sento a un livello di pressione 10, e non esiste un 11. Il livello di stress non sale e non scende per me.

 

Non tutti sanno che, prima di divenire uno sceneggiatore di fumetti professionista, King era un agente operativo della C.I.A., sulla cui esperienza ha dichiarato:

 

Batman: Rebirth #1, copertina di Mikel JaninHo sempre voluto scrivere fumetti. Crescendo sono diventato un super-nerd. Il processo reclutativo della C.I.A. è molto strano. In realtà, lì dentro è tutto strano. Mentre il processo reclutativo nel mondo dei fumetti lo è meno, ma solo un po’. Sono entrambe situazioni nelle quali in molti ti dicono che non ce la farai mai e che il tuo sogno è impossibile da realizzare. Quindi, hanno molto in comune. Inoltre, entrambi i mondi hanno luoghi nei quali entri e ti guardi a destra e a sinistra, e vedi accanto a te persone molto più qualificate di quanto non lo sia tu. Non pensavo avrei mai avuto una possibilità. Ma forse proprio queste difficoltà mi hanno preparato, perché ogni volta che mi dicevano che era impossibile, dovevo dimostrare che potevo farcela.

È avvenuto tutto per caso, facevo lavoretti nelle aziende di Marvel e DC Comics ai tempi del college, e volevo scrivere fumetti, da grande. Quello era il mio obiettivo nella vita, quando ero ragazzo. Mia madre voleva invece che diventassi un avvocato o un dottore. Madre ebrea, capirete bene. Inoltre, sono cresciuto a Hollywood, ma stranamente le persone con le quali sono cresciuto non lavoravano nel mondo dell’intrattenimento.

Poi ci fu l’11 settembre 2001, quando avvenne la cosa con la C.I.A. Nell’agenzia sono stato un interno, ma anche un operativo. Negli ultimi tempi, tornai a casa e lavorai più tempo seduto a una scrivania. Ero impegnato nell’anti-terrorismo, amavo viaggiare oltreoceano: si trattava di un bel lavoro, molto gratificante. Anche se si lavorava per quindici ore al giorno. In quel campo, devi poter essere operativo sette giorni su sette.

Batman #1, copertina di David FinchMio padre andò via quando ero piccolo. Non ho mai avuto un padre. Faccio parte di quella generazione con genitori divorziati, e non avrei mai fatto passare lo stesso ai miei figli, motivo per il quale mi presi un anno di ferie, per fare il papà a tempo pieno, cambiando pannolini e tutte le altre cose mentre mia moglie lavorava. Scrivevo la notte, otto ore al giorno, tre volte a settimana, e dormivo durante il giorno mentre il bambino riposava.

Dopo quell’anno, rivalutai la possibilità di lavorare anche in uno Starbucks, magari proprio lo stesso nel quale io e mia moglie ci siamo incontrati la prima volta. Avevo spedito una storia breve che era stata rifiutata per dodici volte: la risposta più gentile fu una cosa del tipo “lei ha del potenziale”. Mia moglie mi incoraggiò molto, e così decisi di lasciare la C.I.A. e iniziare a scrivere a tempo pieno. Non avevo un piano B, motivo per il quale scrivevo e basta. Ero già stato uno scrittore disperato prima di allora. Realizzai un romanzo, mi pagarono per farlo, e chiamavo il mio agente in continuazione chiedendo se ci fosse bisogno di un ghost writer per un romanzo di vampiri o dei Transformers. Mi ricordo di aver parlato con uno scrittore che aveva firmato con il suo nome sette romanzi, ma che in realtà ne aveva scritti altri trenta per altri. Come si arriva a questo punto in questa industria? Hai solo bisogno di denaro per vivere, e ti arrangi. I soldi sono un aspetto importante.

Ho sempre amato i fumetti e lo faccio ancora. Penso siano una forma d’arte americana, come il jazz. Penso che ci sia ancora spazio perché questo mondo continui a crescere e prosperare. Ritengo invece che la situazione per la narrativa in prosa sia un po’ più satura, e che i romanzi siano diventati un po’ ripetitivi e abbiano perso un po’ di energia rispetto ai fumetti. Infatti, il mio primo romanzo aveva delle pagine a fumetti all’interno…

A Once Crowded Sky di Tom KingSi intitola A Once Crowded Sky, ed è stato pubblicato dalla Simon & Schuster. Nessuno lo ha mai comprato. Si possono trovare delle copie in vendita su eBay al costo di un penny. Ma io lo amo, anche se non avevo una storia precisa da raccontare. Volevo scrivere fumetti, volevo i dialoghi nei balloon. Con il romanzo ero diventato uno scrittore pagato, anche se nessuno aveva acquistato il libro, ma tornai ben presto a essere disoccupato.

Mandavo email a ripetizione a Marvel, DC, IDW, Oni. Non c’è alcun editor là fuori che non abbia ignorato almeno una volta un’email di Tom King. Fortunatamente, avevo lavorato in passato con Cliff Chiang, il quale mi rispose e fece il mio nome a Karen Berger della Vertigo, assicurandole che non ero pazzo. La incontrai al New York Comic Con sia nel 2011 che nel 2012, con la quale mi sedetti a parlare di fumetti. Sul tavolo c’era un gran casino, fogli di sceneggiature sparsi ovunque. Lei mi disse: “Inventa una storia a fumetti sul momento”, cosa che mi colse assolutamente impreparato. Le raccontai qualcosa di orribile, e la sua faccia diceva tutto, anche se fu molto gentile. Ma nonostante ciò, mi affidò a Mark Doyle, e realizzammo assieme un fumetto di otto pagine con Tom Fowler.

Fu il mio primo fumetto. Io e Mark lavorammo assieme per un anno, a un’altra storia di otto pagine per la Vertigo, quella che poi è stata nominata per l’Eisner. Poi Mark divenne l’editor delle testate del mondo di Batman. Fondamentalmente, scrissi moltissimi altri soggetti e Shelly Bond approvò quello che poi sarebbe divenuto Sheriff of Babylon. Nel frattempo, io e Mark continuavamo a parlare, e lui mi suggerì di scrivere qualcosa assieme a un altro sceneggiatore: fu così che nacque Grayson, che ho scritto assieme a Tim Seeley.

 

Dopo Grayson, sono arrivate altre grandi opere come Omega Men e Vision, fino ad arrivare a Batman, personaggio sul quale lo scrittore ha così concluso:

 

Nightwing #30, copertina di Eddy BarrowsQuando sei un bambino piccolo, oppresso e vittima di bullismo, Batman è per te un modello: lui è quello che se cade si rialza, sempre. Superman è invece quello che ti salva e basta, mentre Batman ti fa capire cosa è ingiusto davvero: c’è quel senso di giustizia pura, quasi in modo medievale.

Inoltre, amavo il Batman di Michael Keaton: era perfetto, per me. E adesso tocca a me raccontare di lui, dopo Scott Snyder e Grant Morrison, che hanno forse realizzato le migliori run di Batman di sempre.

Quindi che si fa? Si combatte. Non è qualcosa di più intimidatorio del mio primo fumetto con protagonista Dick Grayson, alla fine. Forse dovrebbe esserlo, ma faccio in modo che non sia così per non essere schiacciato dal peso della responsabilità.

Vi dirò però chi riesce a intimidirmi: Frank Miller. Quando penso al fatto che Anno Uno è una miniserie in quattro capitoli appena, be’ questo mi spaventa, il potenziale grazie al quale si riesce a creare qualcosa del genere.

 

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Fonte: Newsarama