Dovreste già essere informati riguardo X-Men: Grand Design, il progetto che affida a Ed Piskor la sostanziale rinarrazione delle storie classiche degli X-Men tramite tre grandi capitoli da due numeri l’uno.

Il fumettista indipendente, considerato uno degli astri della scena alternativa degli ultimi anni e vincitore dell’Eisner Award per Hip Hop Family Tree, è stato intervistato riguardo a questo progetto. Ecco le sue dichiarazioni più interessanti.

 

X-Men: Grand Design #1, copertina di Ed PiskorTutto è iniziato da un mio istante di egocentrismo e vanità. Ho scritto un tweet in cui dicevo che la Marvel avrebbe dovuto lasciarmi realizzare un fumetto sugli X-Men dandomi carta bianca. Testualmente, in pratica. Un paio di giorni prima, stavo parlando con Rob Liefeld, che per primo mi ha messo in testa l’idea che avrei davvero potuto far qualcosa per la Marvel.

Di mio, potrei tranquillamente continuare per sempre con i fumetti di Hip Hop. Grazie ad essi, conduco una vita finanziariamente senza problemi. Quindi quel tweet non era di un uomo in condizioni di ristrettezze, che aveva bisogno di un lavoro o chissà che. Con enorme rapidità, Axel Alonso mi ha contattato e mi ha chiesto cosa avessi intenzione di fare con loro.

In questo momento sto lavorando a nuove pagine, per i prossimi capitoli del progetto, ma sto anche mettendo assieme in effetti i primi numeri. Quindi sto facendo un sacco di straordinari. Ma pare che la mia carriera sia un po’ tutta così.

Conosco gli X-Men come il palmo della mia mano. Sono certo di aver letto le loro migliori storie – tipo il periodo di Fenice Nera – almeno cinquanta volte nella mia vita. Almeno. Tutto il resto, l’ho letto almeno quattro o cinque volte. Quindi non esagero se dico che mi sto preparando per questo progetto da trentacinque anni.

X-Men: Grand Design, anteprima 08Il mio primo fumetto è stato uno degli X-Men. Ancora oggi mi ricordo l’esperienza di leggere Uncanny X-Men #157. La prima cosa che sono stato in grado di leggere da solo. Chris Claremont, Dave Cockrum, Josef Rubinstein. Capire che quei nomi che leggevo nei credit erano quelli di chi aveva lavorato a quello specifico fumetto è ciò che mi ha condotto a diventare un professionista in questo settore. Non ho mai voluto fare altro, diventare altro. Pensavo che se un tizio poteva scrivere comics, anche io potevo farlo. Se un tizio poteva disegnarli, perché non io?

Insomma, X-Men: Grand Design è per me davvero un lavoro da sogno. Non mi interessa se sia dentro o fuori dal canone della storia Marvel, non posso lasciarmi influenzare. Ecco perché ho semplicemente intenzione di raccontare la mia storia, la mia storia definitiva degli X-Men, trasformando circa ottomila pagine di narrazione periodica in una graphic novel. Se Grand Design sarà poi utilizzata come canone o meno non dipende da me, ma questa è la mia lettera d’amore a Claremont e agli altri. Pensare o meno alla canonicità della storia è ridicolo. Le storie che abbiamo amato da ragazzini sono sempre lì, quindi è inutile pensarci. Lasciamo semplicemente che chi scrive racconti la storia che gli pare.

 

Piskor ha quindi parlato della mole e del metodo di lavoro necessari a realizzare un progetto del genere. Rischia di essere sepolto da tutti gli appunti, gli schemi, i diagrammi di flusso della storia che ha realizzato per ridurre un universo vasto come quello degli X-Men alla forma di Grand Design. Una preparazione stimata in diecimila ore di pratica. L’autore è convinto che il talento migliore di un fumettista sia quello di essere un grande editor di se stesso.

 

X-Men: Grand Design, copertina di Ed PiskorIl bello di essere un cartoonist e di avere il controllo completo di ogni aspetto visivo della storia è che questo fumetto ha la possibilità di essere sempre vitale e soggetto a evoluzione, fino a che non lo avrò finito e non sarà consegnato alle stampe. Sto costantemente modificando cose e cambiando dettagli. Non è che solo perché la sceneggiatura è scritta, allora tutto quel che contiene sarà accolto dai disegni. Posso gestire i due aspetti contemporaneamente e, mentre realizzo le tavole, devo sempre essere un recensore duro di me stesso, cambiare anche solo un avverbio o la sintassi di una frase. Così come mi capita di ridisegnare certe vignette dopo un po’ di tempo. Voglio che la storia sia a prova di proiettile. Non è mai davvero del tutto formata finché non è finita.

Sono un grande sostenitore della filosofia che ho sentito condividere da Daniel Clowes e Jim Woodring, secondo cui le cose migliori succedono nell’ultimo cinque percento del lavoro creativo, in cui hai la tenacia di tornare indietro ed essere obiettivo con te stesso, esigente, cercando di sistemare tutto quel che non funziona. Se è possibile un approccio diverso, lo provi e vedi se è migliore. Ho la fortuna di essere in questa posizione lavorando per la Marvel Comics, senza essere un criceto sulla ruota con scadenze mensili.

X-Men: Grand Design #1, anteprima 01Sono uno studioso dei comics. Questo è quanto. E sono curioso di vedere che aspetto può avere un fumetto Marvel se gli infilo dentro un po’ di Hal Foster. Anche Otomo è un’influenza importante. Rimarrò sempre uno studioso dei comics e non mi faccio problemi riguardo le mie fonti di ispirazione. Se penso che Carl Barks avrebbe potuto fare una specifica cosa meglio di me, non ho remore a copiare.

C’è una scena, nel primo numero, in cui Quicksilver salva Scarlet, che ho realizzato pensando a un vecchio cartone della Warner. Se è nella mia testa, finisce nella storia. Nel realizzare questo fumetto, mi confronto con dei giganti della narrazione, quindi rubare a grandi artisti per farlo al meglio è un atto di consapevolezza dei miei limiti. Ci sarà una pagina alla Winsor McCay, nel secondo numero, così come altre cose ispirate a Hergé e alla linea chiara. E tutto funziona assieme. Non credo che interromperà l’esperienza di lettura nemmeno per un secondo. Ma chi avrà l’occhio per guardare, troverà un sacco di omaggi.

 

Piskor ha quindi parlato della trama in sé e del modo in cui reinterpreta le vicende degli X-Men. Una storia lunghissima, frutto del lavoro di molti autori che dovevano, di mese in mese, pensare a una nuova avventura e aggiungerle un capitolo, senza avere in mente una prospettiva a lungo termine e senza poter progettare vedendo la storia a figura intera, sotto le sue mani cambia. Avendola di fronte tutta quanta, Piskor può trasformare ciò che fu frutto del caso, dell’assemblamento di sequenze narrative distinte, in un disegno premeditato, alterando molti dei particolari, limando certe macchinosità del racconto, colmano buchi e tracciando sentieri alternativi nel materiale narrativo. In questo senso Grand Desing è davvero un piano magistrale.

 

X-Men: Grand Design, copertina di Ed PiskorPer me, questo titolo ha un sacco di valore e di implicazioni. Come autore, sto giocando a fare dio con questi personaggi. Sono come Uatu l’Osservatore, che sa tutto quel che dovrà accadere, sa quello che succederà prima che lo sappiano i protagonisti. E tutto questo progetto è fatto di aggiustamenti per far cadere tutto quanto all’interno di un ordine coerente, come se tutto fosse da sempre stato progettato e preparato per andare in un certo modo. Mentre invece, francamente, non è così.

Ogni due numeri si consuma un mini-arco narrativo, che diventa un capitolo. I primi due usciranno singolarmente a dicembre e gennaio, raccolti in volume ad aprile. Il tutto durerà circa tre anni. Mi servono circa sei mesi per realizzare un numero, a un ritmo di due pagine alla settimana. E parlo di sette giorni su sette di lavoro. Questo progetto è più grosso di un normale mensile e più intenso. Vi assicuro che è da non perdere, ma il buon fumetto richiede tempo. Non voglio che nulla lasci la mia scrivania senza che ne sia convinto al cento percento.

X-Men: Grand Design è il primo fumetto Marvel realizzato unicamente e interamente da una sola persona, e la casa editrice ha investito un sacco di soldi su di me per permettermi di realizzarlo. Sento una responsabilità immensa nei loro confronti, affinché recuperino ogni centesimo e affinché questo apra le porte ad altre personalità del fumetto d’autore, affinché possano realizzare le loro visioni di Spider-Man o dei Fantastici Quattro. Ecco cos’ho in mente ogni volta che una pagina lascia il mio tavolo da lavoro.

X-Men: Grand Design #1, anteprima 02Non voglio che alla Marvel riconsiderino la saggezza della decisione di affidare a uno come me i propri personaggi. E non è una questione personale, non è che Axel sia venuto da me e mi abbia avvertito che, se il mio lavoro non avesse funzionato, nessun altro avrebbe visto la luce. Ma so che gli affari funzionano così: se io ho successo, forse vedremo Michel Fiffe creare una storia simile per i Guardiani della Galassia, per esempio. E, da fan dei comics, io voglio vederla una cosa del genere. Insomma, mi impegno tanto in questo progetto perché Dan Clowes non ha ancora scritto i Fantastici Quattro e i fratelli Hernandez l’Incredibile Hulk.

Certo che ho altre idee per il dopo X-Men: Grand Design, se la Marvel vorrà starmi ad ascoltare. Credo che abbiano fatto una mossa intelligente permettendomi di lavorarci e penso che sarebbe anche più furbo lasciarmi a indugiare nella mia creatività, perché se dovessi fallire sarebbe tutta farina del mio sacco. Non ho nessun editor che i fan potrebbero accusare, se la storia non funzionasse. Faccio tutto io.

Ma, nel caso in cui avessi successo, allora avrebbero una risorsa e un’idea davvero entusiasmante per le mani. Non ho ancora alcuna esperienza con loro in quanto custodi gelosi di questi personaggi da miliari di dollari. Forse, se facessi qualcosa di controverso, si manifesterebbero come censori, ma per ora no. Eppure, nel mio mondo, quello del Fumetto completamente indipendente, hanno la nomea di un editore che ti lega le mani, che ti limita abbastanza. Forse mi lasciano più libertà per via del grande successo di Hip Hop Family Tree, o forse no. Magari, semplicemente, nessuno pensa che alla Casa delle Idee possano interessare prodotti come il mio. Per ora, la mia relazione con loro è grandiosa e se continuerà a esserlo fino alla fine sarà stata una meraviglia e sarei felice di continuarla. E ho un’idea molto precisa di cosa vorrei fare, se arriveremo a quel punto.

 

 

Fonte: Newsarama