Quando l’editor Cristian Posocco, lo scorso 29 giugno, ha dato l’addio a Flashbook dopo dieci anni di collaborazione, lo abbiamo subito contattato strappandogli la promessa di concederci l’intervista esclusiva che potete leggere qua sotto. L’approdo è a una delle realtà italiane leader in ambito manga e fumetti asiatici in generale. Qualche idea? Vi togliamo dalle spine: Edizioni Star Comics.

 

Ciao, Cristian, benvenuto su BadComics.it!
Partiamo dal cambiamento che sarà effettivo per te dal 1° settembre: com’è maturata questa decisione? E qual è il valore aggiunto che ritieni di poter dare a Star Comics?

Cristian PosoccoCiao, grazie di avermi contattato e grazie del benvenuto.
Riguardo alla conclusione della mia precedente esperienza professionale, ritengo che fosse davvero giunta l’ora di un cambiamento, di aria nuova. Per me, certo, ma anche, detto in tutta sincerità, per la stessa Flashbook. La decisione non è stata impulsiva, ma è maturata gradualmente e in un arco di tempo molto ampio. Su motivazioni e concause mi riservo di soprassedere per una semplice questione deontologica.

Che valore aggiunto potrei dare a Star Comics? Mi metti davvero in difficoltà, ritengo che nel lavoro l’umiltà sia un valore molto importante, al pari della serietà, della dedizione e di una certa dose di passione, per cui preferisco che siano i risultati, eventualmente, a parlare per me. Anche perché Star Comics, dal mio punto di vista, non sembra aver bisogno di chissà quali valori aggiunti.

Se proprio, magari penso di poter aggiungere una certa mia propensione alla comunicatività con il pubblico – in pratica, mi vedo già come possibile vittima sacrificale/carne da macello da dare in pasto alle belve affamate.

Quale ruolo andrai a ricoprire di preciso in Star Comics, relativamente all’ambito manga?

Sarò il Publishing Manager della linea manga, e le mie funzioni principali e fondamentali riguarderanno lo scouting delle opere e la revisione finale degli albi. Per il resto, sarò a disposizione per qualunque altra mansione di cui ci possa essere bisogno, dallo spazzare per terra al portare il caffè.

Hai già in mente o già discusso con i titolari della casa editrice perugina proposte e progetti per il breve/medio periodo?

Per il momento sono stato aggiornato in merito a progetti e idee già esistenti, mentre inizieranno ora le discussioni in merito alle nuove licenze da (provare ad) acquisire.

Qual è l’attuale situazione di mercato del fumetto giapponese in Italia? Ti sei fatto un’idea delle cause della crisi che ha attraversato non solo nel nostro Paese ma in generale in tutta Europa?

Ushio e ToraSì, be’, ricordo quando diversi anni fa durante interviste e conferenze facevo la Cassandra di turno, sottolineando come una politica editoriale eccessivamente improntata all’aggressivismo, in un mercato ristretto come quello del manga e con una crisi economica in pieno corso, avrebbe sicuramente prodotto macerie.

L’aggressivismo, quindi, in primo luogo; ma anche la carenza di organizzazione; l’incapacità o la mancanza di volontà di una programmazione nel medio/lungo periodo; il voler fare il passo più lungo della gamba pur di puntare a obiettivi forse eccessivamente ambiziosi, o, al contrario, un eccesso di immobilismo; infrastrutture e dinamiche distributive preistoriche che non si riesce (non si vuole?) far evolvere e aggiornare. Per oggi mi fermo qui.

Torniamo al tuo nuovo editore: qual è la serie Star Comics che più hai amato o ami da lettore?

Impossibile citarne una sola. Concedimi un ventaglio di serie: fra quelle “storiche”, i titoli che porto maggiormente nel cuore sono Jojo, Ushio e Tora, Maison Ikkoku, F, Rocky Joe; fra quelle più recenti, le mie preferite sono One Piece e Uchu Kyodai.

E proprio riguardo a Ushio e Tora, immagina quanto possa essere emozionato alla prospettiva di incontrare il maestro Fujita a pochi mesi dall’inizio della mia collaborazione con Star! Uno dei tanti tasselli che si sono magicamente incastrati in quest’inizio della mia nuova vita.

Non possiamo non farti la stessa domanda relativamente a Flashbook: quale titolo in particolare porti nel cuore?

Senz’ombra di dubbio The Five Star Stories, a pari merito con Cross Game. Un gradino sotto, King of Thorn ed Elettroshock Daisy. E poi cito anche Bokura ga ita e ZeroIn, perché sono fra quelle che più mi hanno permesso di crescere professionalmente, grazie in particolare al rapporto e all’interazione con i rispettivi traduttori, Yupa e Susanna Scrivo, due autentici fuoriclasse della categoria.

E ora parliamo un po’ più di te. Puoi raccontarci qual è stato il tuo percorso formativo per arrivare a fare questo mestiere? E cosa ritieni più importante per farlo bene?

The Five Star StoriesAnzitutto, da che io ho memoria, ho sempre letto fumetti. In famiglia mi avevano insegnato a leggere con Topolino e Asterix, alle elementari ero voracissimo di Jacovitti, alle medie ho cominciato a leggere i Bonelli. Poi, alle superiori, uscirono i primi manga, e furono un autentico shock culturale! L’impatto fu talmente potente da spingermi a studiare la scrittura giapponese da autodidatta, e, assieme a un paio di amici che condividevano la mia passione, a creare una rubrica sui manga nel giornale della scuola.

Cominciai così a maturare la convinzione che i fumetti meritassero di essere considerati come potenziale oggetto di studio e approfondimento in quanto autentiche opere letterarie (per poi scoprire che Umberto Eco l’aveva già abbondantemente dimostrato da una trentina d’anni – chi non l’avesse già fatto corra a leggersi Apocalittici e integrati, un testo a mio modo di vedere assolutamente fondamentale per chi ami fumetto, animazione e “cultura pop”).

Il naturale passo successivo fu iscrivermi all’Università di Lingua e Letteratura giapponese, dove, assieme ad altri ragazzi che condividevano la mia, co-fondai la fanzine Kamikaze, il cui ambizioso scopo era quello di “ri-raccontare” manga e anime da un punto di vista “scientifico”, approfondendone forme e contenuti grazie alle basi culturali che i nostri studi ci concedevano. Quell’esperienza fu fondamentale, perché mi permise di toccare con mano quanto fosse complesso e difficile coordinare una redazione, organizzare delle scadenze, incastrare le esigenze più disparate in modo che tutto combaciasse e fosse pronto in tempo utile. Un paio di numeri della fanzine vennero pubblicati da un editore di Mestre, Musa Edizioni, dove feci una sorta di “apprendistato”.

Dopo Kamikaze cominciai a collaborare come redattore e articolista per diverse pubblicazioni del settore, MangaGiornale, Man-Ga, eMotion, fino a pubblicare il libro di saggistica MangArt. Forme estetiche e linguaggi del fumetto giapponese. Per un breve periodo lavorai anche come traduttore per Dynamic Italia, ma mi resi conto ben presto che non era la mia strada.

Venendo a oggi, e dovendo definire cosa sia importante per fare bene il mio mestiere, mi sorge spontanea una domanda: qual è il mio “mestiere”? Si può realmente definire tale quello che faccio? Lo definirei, piuttosto, un “privilegio”. Se ci pensi, quanti sono, in Italia, a potersi mantenere con un lavoro di consulenza e organizzazione nel campo dei fumetti? E quanti, nello specifico, nel campo del manga? Forse, per contarli, basterebbero le dita di una mano.

Elucubrazioni a parte, e tornando in topic, secondo me le doti fondamentali da possedere per far bene quello che faccio sono la “velocità di comprensione” dei fumetti e l’intuizione. Sono facoltà che si acquisiscono solo quando vivi di fumetto da una vita. Sfogliare alcune pagine di un’opera e “sentire” se essa possa contenere o meno “un non so che” prima ancora di leggerla approfonditamente.

Ovviamente, ciò va unito a una buona conoscenza del mercato e dei gusti e delle reazioni del pubblico, nonché “incrociato” con una buona mole di dati oggettivi e misurabili di cui non si può non tener conto nella stesura di un piano editoriale. Però, però… quel “sentire a pelle” è ciò che forse potrebbe permetterti di arrivare prima degli altri, o di arrivarci per vie diverse. Ed è una cosa molto figa.

Non dimentichiamo in questa chiacchierata i vostri partner internazionali: è davvero così ostico conquistarsi la fiducia di editor e autori giapponesi?

Risposta convenzionale: sì, gli editori giapponesi sono molto esigenti. Bisogna rispettare il loro cerimoniale, avere molta costanza, pazienza, dimostrare serietà, precisione e affidabilità.

Risposta provocatoria: forse non abbastanza.

Secondo te cosa rende unici i manga rispetto ai fumetti di ogni altro paese, a prescindere dai connotati estetici?

Uchu KyodaiUhm. Sorry, non riesco a prescindere dai connotati estetici, secondo me sono inscindibili da un discorso sulle peculiarità dei manga. Ciò che probabilmente mi affascina maggiormente è la loro “simbolicità”. I Giapponesi nascono e crescono in una società costellata di simboli, ne sono letteralmente circondati, a partire dal sistema di scrittura ideografico sino alle insegne di negozi e locali, dall’iconografia che permea la tradizione teatrale sino alle varie sottoculture pop, come il kawaii, il goth, o i fenomeni musicali visual kei… Inevitabile che la loro produzione artistica e culturale ne venga condizionata.

Detto in altre parole, il punto, IMHO, è che i manga non cercano di raccontare fedelmente la realtà, di riprodurla o imitarla, bensì la alludono, la suggeriscono, ne costituiscono una sorta di metafora. E questo genera una potenza comunicativa davvero travolgente.

Sei laureato in Lingua e Letteratura Giapponese all’Università di Ca’ Foscari di Venezia. Spenderesti qualche parola per il lavoro immane ed egregio di tutti i traduttori impegnati per le varie case editrici nostrane, soprattutto in merito a quanto sono preziosi e, probabilmente, difficili da reperire?

Come accennavo prima, lavorare fianco a fianco con i miei traduttori è stata occasione preziosissima di crescita umana e professionale. Devo dire poi che, rispetto agli albori, il livello medio attuale delle traduzioni dei manga in Italia è eccellente. Il merito è di una generazione di professionisti che, negli anni, è cresciuta con costanza e dedizione, andando ad aggiungere a notevoli doti innate di concentrazione e capacità di organizzazione, e a uno studio serio e approfondito di lingua, grammatica e cultura giapponese, una skill che in questo mestiere è fondamentale: l’esperienza.

Sfortunatamente, l’andamento del mercato, anziché consentire di premiare questa crescita professionale, ha finito col “mortificarla”: man mano che i traduttori diventavano più bravi, veloci e affidabili, i loro compensi – in proporzioni diverse a seconda di editori e service – andavano al ribasso. Ma non è una situazione da cui è facile uscire.

Il mercato italiano è ancora “drogato” da un sovraccarico di proposte e uscite, e anche la percezione del pubblico dei prezzi è disallineata rispetto a quelli che sono gli standard europei. Spero e auspico che la situazione possa “normalizzarsi” al più presto. Vedremo che succederà, sono molto curioso al riguardo.