Immortal Hulk arriva al suo trentesimo numero mantenendo intatta la sua spinta propulsiva e la forza del proprio successo. Senza ombra di dubbio, dopo quasi tre anni di ottime storie firmate Al Ewing e Joe Bennett, la testata si candida con forza a restare nella Storia come uno dei cicli narrativi migliori di sempre dedicati al Golia Verde.

Personaggio mai facile, sempre spurio, in bilico tra un super eroe e qualcosa di diverso, Hulk ha catturato la passione dei lettori con questa sua incarnazione tenebrosa, demoniaca e più tormentata che mai, la quale ha aggiunto qualcosa di nuovo alla sua mitologia – invece che stravolgerla – e alla sua personalità frantumata e divisa.

Lo sceneggiatore è stato recentemente intervistato da Newsarama in merito:

 

Incredible Hulk #1

Ewing – Le cose sono andate come sono andate perché Bruce è stato ucciso. Tutto nasce dalla necessità di fare i conti con le conseguenze non solo della sua morte, vista su Civil War II, ma con la sua resurrezione andata male, tentata dalla Mano, e la seconda, avvenuta durante Secret Empire. Sapevamo che lo avremmo riportato in vita per davvero con Avengers: Senza tregua, per dare un po’ più di pepe a quel crossover, quindi la domanda era come farlo in modo che la cosa contasse davvero. La mia idea di soluzione era… non fare niente. Perché, come la metteremmo se Hulk avesse il potere di tornare semplicemente in vita, ogni volta che serve?

Avevo intenzione di spingere molto su questo concetto e ho chiesto di mettere le mani in modo esclusivo sul personaggio, durante la scrittura collaborativa di Senza tregua, così da poterne estendere la portata horror e dare un’impronta alla sua personalità. E poi ho chiesto se per caso potessi essere io a scrivere la serie del personaggio. Il che mi ha poi consentito di partecipare al ballottaggio fra i nomi potenziali per Immortal Hulk. Sapevo che Tom Brevoort era molto interessato a questa atmosfera inquietante a cui avevo dato il via.

 

Un elemento che, secondo lo scrittore, è sempre stato insito nel personaggio. Dopotutto, la copertina del primissimo numero di Hulk si chiede se sia un uomo o un mostro. Una domanda che ha sempre risuonato dentro il giovane Ewing, ormai adulto, e che ha seminato i concetti di base di Immortal Hulk.

 

Hulk #30, copertina di Alex Ross

Ewing – Nel primissimo soggetto, che ho riletto recentemente e che ho scoperto contraddetto quasi in tutto dalle mie storie, descrivevo i primi tredici numeri circa. I primi tre già dettagliati pagina per pagina, gli altri più vaghi. Ma i primi erano tutti potenzialmente un nuovo numero #1. Avevo già pianificato molto, ma una cosa inaspettata è stato il fatto di avere a disposizione trenta pagine per il primo numero.

Devo dire di essere molto felice di aver sempre seguito il mio istinto per quanto riguarda il racconto. Ora come ora mi trovo con i prossimi archi narrativi della storia già più o meno architettati. Mancano alcuni dettagli qua e là, alcuni dei quali molto importanti, ma abbiamo un’idea di come apparirà ogni raccolta e sappiamo già come finirà la storia. Nei singoli albi, ci teniamo un po’ di spazio per improvvisare, ma sul lungo termine il piano è deciso.

 

Hulk, Bruce Banner, la giornalista Jackie McGee e Walter Langowski, anche noto come Sasquatch, erano gli unici protagonisti della serie, inizialmente. Ewing ha deciso di iniziare da pochi elementi, senza tirare in ballo il passato del personaggio per non spaventare nuovi lettori. Una scelta dimostratasi vincente. Il tutto per poi reintrodurre una serie di comprimari classici, a partire da Thunderbolt Ross. Che però in quel periodo era impegnato nelle trame della serie di Capitan America: ecco perché la scelta è caduta su Reginald Fortean, direttamente dalle storie scritte da Jeff Parker.

 

Ewing – A parte questo, ovvio che avevo dei desideri. Sentivo che certi personaggi erano necessari per una storia di Hulk, ma allo stesso tempo li volevo in scena al momento giusto. Betty ha fatto un paio di apparizioni, ma quando è tornata in scena è stato perché avevo un’idea chiara per lei in testa. Stessa cosa con Samson e Joe. L’unico personaggio completamente nuovo è Charlene McGowan, che dobbiamo ancora scoprire del tutto man mano che la storia prosegue.

 

Ewing confessa tanto lavoro di ricerca sul personaggio per non contraddire niente, o quasi, di quel che era stato stabilito su Hulk da altri autori e per avere buone spiegazioni per tutto. Per cautelarsi, ha anche deciso di non fare riferimenti a vecchi cicli narrativi, rimanendo inizialmente sul vago riguardo le circostanze della morte di Bruce, gli eventi del suo ritorno in vita, nelle prime battute di Immortal Hulk.

 

Hulk #31, copertina di Alex Ross

Ewing – Una volta preso l’abbrivio, mi sono sentito libero di trascinare alcuni elementi nella storia, di creare legami con il passato, rispondere ad alcune domande in sospeso. Se Betty non era la prima persona chiamata da Bruce dopo la resurrezione, doveva esserci un motivo più serio della precauzione sui comprimari storici. L’unico modo per spiegarlo era riprenderne alcuni. Allo stesso modo, Doc Samson era di nuovo in vita e la cosa non aveva ancora spiegazione. Per scoprirla, bisognava che tornasse in scena. Uno alla volta, i membri del cast di supporto hanno fatto il proprio ritorno. Per ognuno, ho fatto approfondite ricerche.

Dopo i primi tredici numeri, io e Joe Bennett eravamo ormai in sincronia e ci siamo accorti che entrambi ci eravamo appassionati dell’atmosfera body horror che avevamo creato. Quindi abbiamo deciso di spingere su quel pedale con sempre più decisione. Ma a parte questo, sono state anche le ottime vendite e le recensioni sempre positive a spingerci a scegliere quella strada. Ho sentito di avere a disposizione un po’ di spazio di manovra, specialmente in termini di ampiezza narrativa. Non ho mai voluto che la gente pensasse che la storia si fosse adagiata sugli allori o che non ci stessimo prendendo abbastanza rischi.

Quale sarà l’eredità di Immortal Hulk? Non ho alcun controllo su questo aspetto delle cose, quindi non ci penso troppo. Una cosa che spero sopravviva al mio addio alla serie è l’identità di Bruce Banner come un sistema evidente di alternative. Il disturbo dissociativo dell’identità è spesso rappresentato in maniera superficiale, nelle opere di narrativa. Non so se noi abbiamo fatto di meglio, ma ho l’impressione che Bruce abbia più i comportamenti di un sistema di personalità rispetto al passato.

Ognuno degli Hulk che vivono dentro di lui ha il proprio ruolo e la propria ragion d’essere, e quelli che sono del tutto presenti a se stessi hanno anche un compito specifico. Credo che questa sia una direzione che la storia dovrebbe mantenere, un’indicazione per il futuro. Mi spiacerebbe davvero molto se la dinamica dovesse tornare a essere quella semplificata di Hulk contro Banner. Il personaggio è più complesso di così.

 

 

 

Fonte: Newsarama