Vi presentiamo un’intensa chiacchierata con una delle migliori autrici italiane, nonché scrittrice affermata: Paola Barbato. Abbiamo colto l’occasione di contattarla in vista del nuovo progetto a cui sta lavorando per Sergio Bonelli Editore insieme a Corrado Roi. Credevamo si trattasse di una storia della collana delle Mini-miniserie e invece… È un’ennesima sfida della casa editrice milanese!

Con Paola abbiamo parlato ovviamente dell’Indagatore dell’Incubo e della miriade di attività che la vedono impegnata. Ne è uscita la corposa intervista che vi proponiamo di seguito, ringraziandola per la sua squisita gentilezza e disponibilità.

 

Dettaglio sulla nuova miniserie Bonelli, firmata Barbato - RoiCiao Paola, benvenuta su BadComics.it. Le domande e le curiosità che vorremmo potessi soddisfare sono molte, visti i tuoi svariati impegni. Partiamo dall’occasione che abbiamo colto per quest’intervista. Sul tuo profilo Facebook hai postato un’immagine illustrata da Corrado Roi con il commento “No, niente”. Tutt’altro, perché è un piccolo assaggio di un fumetto che uscirà per la nuova collana le Mini-miniserie della Sergio Bonelli Editore al debutto il mese scorso con Coney Island di Gianfranco Manfredi. Di cosa parlerà?

Ciao a tutti, subito una rettifica: non si tratta di mini-miniserie ma di una miniserie vera e propria, un prodotto atipico per la casa editrice. Definirla è difficile e sui temi devo stare ancora per un po’ abbottonatissima. Posso dire che è una storia che si svolge in un mondo “dopo gli uomini” e che attraversa quasi ogni tipo di tematica esistente, a volte negandola, a volte stravolgendola, a volte sfiorandola soltanto. C’è di tutto, così come di tutto c’è nella testa di Corrado che ne è il creatore.

Siamo ovviamente molto interessati all’argomento: quanti numeri la comporranno? È già lecito conoscere titolo e data d’esordio?

I numeri saranno sei e il primo dovrebbe uscire nel 2016 ma non abbiamo ancora alcuna data, nemmeno un periodo indicativo, a dirla tutta. I sei albi vengono disegnati interamente da Corrado, quindi sarà lui a stabilirne i tempi di realizzazione, per quanto stia procedendo come un missile.

Paola Barbato

Paola Barbato

Hai lavorato sui formati narrativi più svariati: serie regolari, speciali, romanzi e ora una miniserie. Ognuno ha le sue regole e le sue esigenze editoriali. Trovi sempre piuttosto facile adattarti e muoverti all’interno di logiche sequenziali così diverse?

In realtà sì. Non è un processo ragionato, è una questione di ritmo. Se scrivessi di musica saprei adattarmi a comporre una colonna sonora piuttosto che un jingle, c’è una logica intrinseca di ritmi, scansioni temporali, durata. Quando conosco il percorso e la sua durata stabilisco il ritmo del mio cammino, il numero di passi. Mi viene facile, il che non significa che sappia sempre farlo bene. Però mi piace tentare cose nuove (l’ultimo esempio sono gli Smartcomix che hanno una logica narrativa completamente nuova), quindi non dico mai di no.

Veniamo a Dylan Dog. Con il numero 338, Mai più, ispettore Bloch, hai mandato in pensione uno dei comprimari più amati della serie. È stata dura per te? Da chi è venuta la decisione e l’hai condivisa?

Amo molto il personaggio di Bloch e non mi piaceva per niente il ruolo che si era ridotto a recitare, quasi una macchietta sempre uguale a se stessa. La decisione è stata di Roberto con l’appoggio totale di Tiziano e a me stava benissimo pensare di rompere i ceppi in cui il personaggio era rinchiuso. Ho avuto modo di renderlo pieno co-protagonista di almeno tre albi che ho scritto ed è stata una soddisfazione immensa, è un personaggio molto ricco e perfettamente definito, ha grandi potenzialità che finora erano rimaste inespresse. La sola difficoltà di quell’albo sono stati i tempi di realizzazione che sono stati giocoforza stretti, il tempo era poco, Bruno disegnava man mano che io scrivevo e non si poteva tornare indietro. Così il risultato non mi ha soddisfatta quanto avrei voluto.

Roberto Recchioni ha assicurato che tornerai sui due personaggi introdotti in quell’albo e che hanno avuto un certo seguito di fan: Nora e Gus. Quando li rivedremo, puoi anticiparci qualcosa?

La storia è già stata scritta, Bruno è all’opera e io mi sono divertita un mondo. Basta?

Dylan Dog 347

Dylan Dog 347 – disegni di Raul e Gianluca Cestaro

Il tuo prossimo albo dell’Indagatore dell’Incubo uscirà a maggio, sarà disegnato da Raul e Gianluca Cestaro. Uno spoiler per i nostri lettori?

Uscirà a luglio, non a maggio. E credo  sia in assoluto la storia più complessa che io abbia mai scritto, almeno dal punto di vista del disegnatore (i disegnatori, in questo caso). Raul e Gianluca hanno scritto col sangue il mio nome sul loro libro nero ma i risultati sono da mozzare il fiato. Spoiler? Non posso, vi basti sapere che verrà scardinata un’altra costante dylaniana.

E del Dylan a cui sta lavorando Carmine Di Giandomenico che ci puoi dire? Così scrive su Facebook, con grande affetto e rispetto nei tuoi confronti: “Mi sono riletto per la seconda volta la sceneggiatura che dovrò illustrare. Paola Barbato è immensa. E’ un onore poter reinterpretare DYD. Tornare a lui, attraverso la guida di Paola.”

È il remake de “Il lungo addio”, un’impresa difficilissima e incredibilmente stimolante. Ci ho messo più tempo a scrivere queste 32 tavole che due albi da 94. Ma alla fine credo di aver portato rispetto all’originale. E poi, sul finale, ho avuto un “aiutino” dal suo creatore, Mauro Marcheselli.

Ci sono solo Sclavi, Claudio Chiaverotti e Pasquale Ruju che hanno scritto più pagine di te sulla serie regolare dell’Indagatore dell’Incubo. Inoltre de Le Storie realizzate finora, ben cinque sono tue, nessuno ha fatto meglio di te. Ti senti un po’ un’icona Bonelli?

No, icona no. Sono una che lavora perché ama lavorare, finché me lo lasciano fare quella fortunata sono io. La mia ambizione è di essere considerata una che ha scritto delle buone storie, non una che ha scritto tante storie. Perché quello son buoni tutti.

La domanda è legata e introduce questa, un po’ scomoda. Hai iniziato a scrivere con Tiziano ancora all’opera su Dylan, diversamente da Recchioni che è arrivato dopo. Roberto non ce ne voglia, ma perché lui e non tu come curatore e responsabile di Dylan Dog? È una domanda che non pochi si sono posti. Ti va di rispondere?

Non esisteva una mia candidatura. Non è il mio ruolo. Sono sempre a disposizione della casa editrice, mi hanno definita un’ “aziendalista” e sì, lo sono, quindi se c’è bisogno di me mi metto a disposizione. Ma io sono un’autrice, non una editor, io amo scrivere, non valutare o correggere lo scritto degli altri. Mauro e Tiziano lo sapevano, quindi il mio nome non era in nessuna rosa.

Restiamo in ambito fumetto e passiamo a Davvero, nato come webcomic. È stato un esperimento interessante e la tua prima miniserie. Puoi farci un bilancio oggi di quest’esperienza? Ci sarà spazio per altre iniziative di questo genere da parte tua?

Smartcomix

Smartcomix – Paola Barbato

Con gli Smartcomix sicuramente, anche se saranno serie di formato completamente diverso, per il resto finora no, le idee le ho ma oggi come oggi avere una serie propria è complicato, soprattutto se si fanno proposte poco canoniche come le mie. Professionalmente “Davvero” non è stato un successo ma personalmente è stata un’esperienza bellissima e sontuosa che umanamente mi ha regalato una seconda famiglia a cui sono legatissima. I davveriani sono in effetti una specie di setta e ce ne vantiamo molto. Quindi lo rifarei, assolutamente (e il settimo e ultimo numero è in lavorazione, anche se i tempi sono lunghissimi).

Permettiamoci una stacco, per usare un gergo a te usuale come sceneggiatrice. Veniamo al tuo mestiere di romanziere. Il tuo esordio in libreria avviene nel 2006 con il thriller Bilico seguito nel 2008 da A mani nude che nello stesso anno ha vinto il Premio Scerbanenco e la cui versione francese, À mains nues, si è guadagnata una candidatura al premio Violeta Negra del Festival di Toulouse. Grande soddisfazione. Cosa ti va di aggiungere?

Eh, son cose belle, cose inattese. Non mi aspettavo un’accoglienza così calorosa in Francia dopo che in Italia il clima editoriale intorno a me si era raffreddato un bel po’. Alla fine dell’anno uscirà anche “Il filo rosso” tradotto in francese, subito dopo la conclusione del Festival di Toulouse (a cui parteciperò). Sono stata trattata benissimo da critica e –soprattutto- pubblico, quindi ringrazio tantissimo i “cugini”.

Completando la tua bibliografia, nel 2010 esce Il filo rosso e ora, dopo cinque anni, sempre su Facebook hai regalato la prima pagina del prossimo romanzo. Puoi offrirci qualche dettaglio in più?

Per ora no. Lo sto scrivendo (in realtà ne sto scrivendo due) e ne sto parlando con più di un editore. Spero che possa vedere la luce, anche se per me l’urgenza principale è scriverlo.

Il filo rosso

Il filo rosso

Sei cresciuta con Dylan Dog dove hai iniziato nel 1999 (Il sonno della ragione, disegni di Bruno brindisi). C’è qualcosa dell’Old Boy che ti porti dentro anche quando scrivi prosa?

No, onestamente no. Non di Dylan. Di certe atmosfere, dell’angoscia, di una certa visione della vita sì, ma io sono spietata quando scrivo, mentre Dylan è una bandiera dell’empatia. La mia prosa non fa sconti, quando scrivo su Dylan Dog invece devo mettere da parte un certo nichilismo e tirar fuori la parte più morbida di me.

…e tu, Mimì, che vuoi? È l’opera teatrale che hai firmato, un poliziesco molto curioso che appartiene a un impegno più ampio. Ce lo vuoi illustrare?

L’opera nasce come spettacolo propedeutico all’opera lirica per le scuole, lo scopo era di avvicinare, attraverso una storia attuale di taglio thriller, i ragazzi all’opera lirica, connettendo alcune arie ai delitti di un serial-killer su cui sta investigando un’ispettrice. Un lavoro complesso perché io sono digiuna o quasi di opera lirica, ma ho avuto l’aiuto del regista e della musicista che si occupava delle parti cantate. L’ennesimo esperimento, in questo caso ben riuscito, mi sembra.

Libri, teatro, cinema. Hai co-sceneggiato per la Filmmaster la fiction Nel nome del male con Fabrizio Bentivoglio, trasmessa da Sky nel giugno 2009. Il fumetto è ancora il tuo mezzo espressivo prediletto o stai pensando ad altro? Ci sono progetti e sogni nel cassetto che vorresti confessarci?

Non ho un mezzo prediletto. O meglio, ce l’ho ma è la scrittura in tutte le sue declinazioni. Mi basta scrivere, a volte è sufficiente uno status su Facebook. Scrivo sempre, scrivo comunque, scrivo di tutto. Se proprio devo allora ecco: mi offro come scrittrice di testi di canzoni. Perché c’è in giro roba che proprio non si può sentire [Ride].

Chiudiamo con una nostra consuetudine. Ti va di salutare i lettori di BadComics.it, consigliando un fumetto italiano o estero che ti ha colpito o hai letto recentemente?

L’anno scorso ho letto centinaia di albi per fare il giudice del Gran Guinigi a Lucca, e al di là dei premiati sono rimasta molto colpita da “Fino all’ultima mezz’ora” di Matteo Manera. Proprio per la sua scelta narrativa, il come, non il cosa (per quanto anche il cosa fosse interessante).