SPAWN, TODD McFARLANE E L’EVOLUZIONE DELLO STILE

 

Parliamo del tuo passato. Quando sei passato dalla Marvel alla Image e hai iniziato a disegnare “Spawn”, molti lettori sostenevano che tu ti fossi adattato allo stile di disegno di Todd McFarlane, creatore del personaggio e suo sceneggiatore, oltre che leggendario artista. Cosa ci racconti di quel periodo? E, soprattutto, c’è del vero in quelle affermazioni?

Spawn #250, copertina di Greg Capullo e Todd McFarlane

Non credo sia del tutto vero. Ti faccio qualche esempio. Io ho iniziato con “Quasar” e, quando ho preso in carico “X-Force”, Rob Liefeld aveva appena mollato. Una delle preoccupazioni più grandi, quando c’è un avvicendamento fra artisti su una serie di successo, è cosa succederà se il suo creatore non la disegnerà più. Bob Harras mi diede un sacco di indicazioni sulle famose tasche e borse dei personaggi, sul fatto che potevo realizzare armi enormi e assurde. Venni catechizzato, quasi, allo stile di Liefeld, eccessivo e sopra le righe. All’epoca, visto che sono un artista su commissione, mi adattai.

Poi andai a lavorare per Todd, e la musica cambiò. Ecco come andò: quando McFarlane inchiostra i tuoi disegni, sei destinato ad assomigliargli almeno un po’, perché ha uno stile molto pesante e di grande personalità nell’inchiostrare, ma in realtà non mi ha mai detto cosa fare in termini di stile. Parlavamo solo di storytelling, del modo in cui visualizzava certe scene. Pian piano, però, mi lasciò libertà quasi totale anche su quello, mi ero guadagnato la sua fiducia. Non mi disse mai che non potevo fare qualcosa, non c’erano soluzioni giuste o sbagliate.

Quindi iniziai a sperimentare, tanto che oggi, a volte, se riguardo i miei disegni per “Spawn” sono incredulo. Non riesco a credere di aver disegnato quei dettagli stranissimi, quelle cose assurde. Ma sperimentavo moltissimo e mi divertivo un sacco. Mai per imitare Todd consapevolmente. Soprattutto, mi concentravo moltissimo su quel che i miei disegni e la mia gestione dello spazio e delle proporzioni comunicavano dal punto di vista emotivo. Quella era la mia preoccupazione principale. Chi se ne importa se la testa di Sam era anatomicamente strana o scorretta, finché comunica la sensazione emozionale che mi interessa, visceralmente.

Convogliare la sensazione pura.

Sì, e mi concentravo solo su quello. Infatti, nella mia run su “Spawn” avete visto il mio stile cambiare – è vero – in maniera radicale, ma proprio in virtù di quella libertà totale che Todd mi ha garantito e consentito e della mia crescita personale, cosa che credo sia ancora in corso. Ma, quando sono passato a “Batman”, mi ricordo di un paio di convention a cui andai dove c’era un sacco di gente che non era per nulla contenta del mio arrivo, convinta che avrei rovinato la serie e il personaggio, che lo avrei trasformato in “Spawn” e che il suo mantello avrebbe preso vita.

Pregiudizi.

Dark Nights: Metal #1, copertina di Greg Capullo

Esattamente. Da parte di una minoranza che si faceva sentire parecchio. Invece io avevo una mentalità molto più aperta rispetto all’approccio visivo di oggi, per nulla attaccata agli eccessi degli anni Novanta. Perché, ammettiamolo, esageravamo. Soprattutto nelle linee. Mi ricordo alcuni disegni di “Spawn” che, in originale, sembravano completamente grigi, terminate le matite, perché le linee erano onnipresenti. Quindi io stesso mi posi il problema di adattarmi alla rinnovata sensibilità visiva. Rimanendo me stesso, ma in una versione contemporanea. Il Fumetto è come la Musica: una canzone grandiosa per gli anni Sessanta non lo sarebbe anche oggi. E io non voglio suonare antiquato.

Quindi, in realtà, è stato proprio per “Batman” che ho adattato il mio stile, addestrandomi a recuperare la mia formazione di disegnatore, il modo in cui mi ero formato al disegno da giovane, portandone alcuni aspetti alla luce. Ora, il livello di dettaglio delle mie matite dipende dalla storia. Se credo che ce ne sia bisogno, li aggiungo, come ho fatto su “Metal”, altrimenti no. Quindi, per tornare alla tua domanda iniziale, sì, certo che Todd McFarlane mi ha un po’ influenzato, ma soprattutto dandomi una libertà incredibile. E poi, puoi disegnare un omino a bastoncino, se vuoi, ma se è lui ad inchiostrarlo, vedrai che alla fine, un po’ somiglierai anche tu a Todd McFarlane.

Magari fosse, perché sono un disegnatore incapace. Stavo per chiederti quale sia la tua relazione con Todd in generale, ma in pratica mi hai già in parte risposto.

Be’, posso dirti che siamo ancora ottimi amici, al di là del lavoro. Era al mio matrimonio, io a quello di suo figlio. Siamo sempre in contatto. Se siamo nella stessa città, ci vediamo sempre. Quindi posso semplicemente dirti che gli voglio bene. Gliene ho voluto tanto e sempre gliene vorrò. Abbiamo vissuto assieme uno dei migliori periodi della mia e della sua vita, lavorando assieme.

E cosa è successo a “Spawn” quando te ne sei andato? Che fine ha fatto il successo che avevate ottenuto assieme? Può darsi che la sua crisi dipenda dal disinteresse di Todd per il personaggio?

Forse in parte. Ma c’è una cosa interessante. Quando io arrivai su “Spawn”, stavo sulle palle a un sacco di gente.

Non a me.

Be’, grazie mille, davvero. Ma un sacco di gente diceva: “Chi diavolo è questo Capullo? Noi rivogliamo Todd ai disegni”. Poi, dopo un po’ di tempo mi hanno voluto bene e, dopo che ho lasciato hanno provato altri disegnatori. Hanno provato con Medina, poi con Phil Tan e altri. Ma nessuno conquistò i fan. E c’è chi ancora oggi mi chiede di tornare a disegnare “Spawn”, pensa te.

Non hai un po’ la sensazione che il personaggio e la sua storia, per come nacquero, fossero pensati per avere una fine e che invece il modello di Fumetto americano, che quasi esige che un personaggio del genere perpetui se stesso, abbia tradito quella natura originaria?

Probabile. Credo che ci sia della verità, così come è in parte vero che Todd ha cambiato priorità e che la qualità si è abbassata, all’epoca. E non posso biasimarlo. Fare fumetti non sarebbe altrettanto lucrativo per lui e la sua famiglia, rispetto al suo lavoro per le action figure. Sapeva che i fumetti avevano un orizzonte più ridotto, e ha cambiato rotta. Todd è un tizio intelligente, un grande uomo d’affari. Nonostante ciò, sono convinto che avrebbe dovuto dare un po’ più d’amore alla sua creatura, a Spawn, perché credo che inizialmente volesse farlo diventare un personaggio all’altezza di Superman o Spider-Man.

E a un certo punto, credo che sia stato anche possibile.

Sarebbe stato comunque un’impresa, perché si tratta di un antieroe, con cui racconti storie non per tutti, con molta più violenza. E con controversie religiose.

Sarebbe ancora più complicato oggi: in un mondo in cui quel che Nick Spencer fa con Capitan America viene riconosciuto come un successo dalla critica ma fa arrabbiare gran parte del pubblico americano, non credo che la primissima versione di Spawn otterrebbe il successo che ebbe allora. Da quel che hai detto prima, emerge un concetto. McFarlane ha vissuto il picco di successo dei comics, lo ha riconosciuto e ha cambiato settore, prima della discesa inevitabile. Domanda: si sta preparando, forse, un nuovo picco di successo?

Sì, ma vedrai che impallidirà a confronto con quegli anni. Quell’era è semplicemente una follia, e mi piacerebbe pensare che potrebbe tornare, ma è difficile. Ci sono troppe alternative incredibilmente attraenti per i ragazzini. I videogiochi di oggi sono una cosa pazzesca.

E pensa che anche il loro mercato è un po’ in crisi.

Sì, ma impegnano il tempo e sono visivamente incredibili. E, con lo sviluppo di visori immersivi e realtà virtuale, lo sarà sempre di più. Quindi sono scettico se mi dici che torneremo a un’epoca in cui il primo numero di una serie vende un milione di copie. Robert Kirkman, con una storia incredibile e tutto il sostegno della serie TV, ha venduto mezzo milione di copie del numero #100 di “The Walking Dead”. Mica male. Una bella cifra.

Ovviamente, i grandi numeri di oggi non sono quelli di allora.

Esatto. Chiariamoci, è un successone per tutti, nella nostra epoca. Magari altri ci riuscissero. Home run! Ma questo ti dà la distanza con quel che succedeva allora. Credo che il Cinema ci dia una grande mano. Fortunatamente Hollywood è arrapatissima da ogni progetto fumettistico. Forse sta per arrivare una nuova crescita. I miei bambini hanno appena visto “Black Panther”, hanno scoperto che esistono dei fumetti del personaggio e ne sono interessati. Questo ci dà un po’ di spazio per una rivitalizzazione dell’ambiente, ma dammi retta: non torneremo certo agli anni Novanta.

 

 

Continua nella prossima pagina – segue: Reborn, Mark Millar e le tentazioni della Marvel