Neal Adams non può che essere americano. Non c’è alternativa. Lo vedi, con i suoi denti bianchissimi e perfettamente allineati e con il ciuffo da crooner alla Frank Sinatra, e sai che la sua patria non possono che essere gli Stati Uniti. Adams è anche un maestro di un’epoca che fu, che ancora oggi si confronta con il mercato e che ha delle idee molto precise su quel che vi accade e sulle sue implicazioni. Non ha smesso di essere un disegnatore dal gusto classico, elegante e affascinante.

Ha avuto la gentilezza di rispondere ad alcune delle nostre domande, sulle sponde del Lario, durante il Lake Como Comic Art Festival. In realtà, aveva voglia di chiacchierare moltissimo e noi abbiamo per lo più ascoltato. Purtroppo, dando il via alla conversazione con un argomento non proprio felice.

 

Grazie mille, Mr. Adams. Lei ha rilasciato alcune dichiarazioni non proprio tranquillizzanti sullo stato di salute e sulle condizioni di vita attuali di Stan Lee, ultimamente. Conferma quello che anche noi abbiamo riportato? E ha qualcosa da aggiungere?

Deadman #1, copertina di Neal Adams

Sì, confermo tutto quanto. Da aggiungere ho solo questo: noi che lo conosciamo e che gli vogliamo bene siamo preoccupati, ma a quanto pare la situazione non è tragica. Abbiamo motivo di essere comunque in pena per lui, per la situazione che si è venuta a creare. Le persone che aveva accanto le conoscevamo e sapevamo che, per quanto avessero i loro interessi per stargli vicino, erano adeguate alle sue necessità. Ora, dopo la sua recente malattia, sua figlia si è improvvisamente riavvicinata a lui, assieme a una serie di persone a lei associate. Non che sia mai stata molto vicina a suo padre. Ora sente che la cosa migliore per aiutare e proteggere suo padre e, forse, per proteggere i propri investimenti e la propria eredità, sia vivere con i suoi amici a casa di Stan e allontanare tutti coloro che si sono occupati di lui per venti anni.

Non ho mai conosciuto nessuno che avesse qualcosa di buono da dire su di lei, devo dire. Mi dicono che abbia messo una guardia alla porta della casa di suo padre, un ex wrestler di due metri e passa. Ha tolto a Stan il suo telefono e gliene ha dato un altro, senza divulgare presso i suoi amici il nuovo numero, isolando, di fatto, suo padre dalla maggior parte delle persone che lo conoscono. Tranne che da coloro che lo sorvegliano. Tutto questo è accaduto quando Stan era malato, aveva una brutta influenza. E ora lui si affida completamente a lei e dice di essere d’accordo con lei. Molti di noi si chiedono se questa sia o meno la cosa più saggia. Siamo preoccupati. Lo abbiamo visto a una sessione di firme, poco tempo fa, e non sembrava in buone condizioni. Le buone condizioni in cui era quando Max Anderson si occupava di lui.

Kamandi di Neal Adams

Ma ci ha confermato di essere a quella convention di sua spontanea volontà. Inoltre, ha affidato ad alcuni video il suo pensiero, dicendo che sta guarendo e che viene trattato bene. Se sia vero non lo so. Ha novantasei anni e credo sia possibile manipolarne le opinioni. Eppure, se dovessimo chiedergli se lo stanno obbligando a dire o fare qualcosa direbbe di no. Ci sono persone che hanno parlato con lui, a casa sua, faccia a faccia e da soli, e lui li ha rassicurati. Siamo preoccupati perché conosciamo sua figlia, ma c’è da capire che il legame familiare viene prima. Ci preoccupiamo per lui, ma se vuole affidarsi a lei, va bene. Il punto è che non sappiamo se gli stia succedendo qualcosa di brutto, non siamo certi di nulla, non sappiamo se sia nelle migliori condizioni possibili in cui trascorrere l’ultima parte della sua vita. Non possiamo saperlo e questo ci fa preoccupare, perché nessuno può intromettersi in questioni di famiglia.

Non sentiamo dire niente di buono, ma va ammesso che non arrivano nemmeno notizie terribili. Siamo impotenti e ignoranti. Ma, se qualcuno leggerà queste mie parole e penserà che qualcosa non vada e che bisognerebbe fare qualcosa in merito, io gli chiedo di soffrire un po’ assieme a noi. Come noi siamo preoccupati e non abbiamo risposte, vi chiediamo di condividere la nostra incertezza.

Grazie mille, Mr. Adams. Parlando di comics, che cosa pensa della scena del Fumetto odierna in termini di–

Sixpack and Dogwelder: Hard-Travelin' Heroz #1, variant cover di Neal Adams

Penso che i comics stiano conquistando il mondo. E senza fare vittime. Non muore nessuno. A parte Donald Trump che, sicuramente non legge fumetti, per fortuna… e credo che non legga proprio niente nella sua vita che abbia più di diciassette parole. Tutti, in qualche modo sono coinvolti dal mondo del Fumetto, oggigiorno. I comics e l’industria sono in forma smagliante, così come lo sono tutti gli aspetti che vi gravitano attorno. Siamo in un’era tutta nuova. La gente non ha una vera percezione di quel che accade nella Storia, dall’interno. La Storia è la situazione in cui viviamo nel presente. Non ce ne accorgiamo fino in fondo, ma i comics hanno davvero preso possesso di quasi qualunque cosa. I film, i videogiochi, i pigiami, le magliette, le ciabatte… tutto quel che possediamo, usiamo, vestiamo è stato conquistato dai fumetti. Si usano i super eroi per vendere automobili, oggigiorno.

Ormai siamo in un’era in cui i media si sono mescolati tra loro, cosa che ha permesso al Fumetto americano di essere letto in Cina, Russia, India e Giappone. E così viviamo in un periodo in cui l’immaginario collettivo del mondo intero ha le sue radici nel nostro Fumetto, nei personaggi dei comics. So che è stranissimo da dire, ma è così. Non sono bande dessinée, non sono fumetti italiani: sono comics americani. E fanno bene all’economia mondiale, offrono alla gente una passione da seguire, portano a incontrarsi un sacco di persone molto creative.

The Coming of the Supermen #1, copertina di Neal Adams

Quando il nostro Fumetto è nato, lo ha fatto scritto e disegnato da un gruppo di ragazzini ebrei di New York. Ora, ai nostri albi collaborano persone di tutto il mondo, dalla Cecoslovacchia, dal Brasile, dalla Spagna, dall’Italia, dalla Serbia. Si è creata una comunità artistica e professionale planetaria che contribuisce all’esistenza dei comics, intrattenendo tutti noi. E in ogni famiglia americana che conosco c’è almeno un ragazzino che, da grande, vuole disegnare o scrivere fumetti.

Non è più “geeksville”, ma uno dei fenomeni più importanti della cultura popolare del mondo. E non ce ne accorgiamo fino in fondo perché ci siamo dentro. La stessa cosa è successa con il Rock and Roll, la più grande rivoluzione culturale di quando ero ragazzo io. E quel che l’epoca del Rock and Roll ha significato era la possibilità che dei giovani, degli adolescenti, per la prima volta nella storia, avessero dei soldi in tasca e potessero scegliere come spenderli. Non era così, prima. Non era mai stato così. Nel 1965, hanno cominciato a pagare per quel che volevano e il mercato ne ha dovuto prendere atto, ha dovuto vendere loro vestiti, dischi, cose che piacevano a loro. Questa prospettiva così diversa ha cambiato l’intera economia mondiale, l’intera cultura mondiale. E ora siamo protagonisti di una nuova rivoluzione. Sta succedendo. Oggi.

 

 

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