Nel corso di Lucca Comics & Games 2016 abbiamo avuto la possibilità di intervistare Maurizia Rubino, giovane autrice che da non molto ha iniziato a prestare la propria arte al fumetto realizzando il suo primo libro, Tobiko. È stata l’occasione di parlare con lei del suo stile, dei suoi obiettivi e dei progetti per il futuro. Si ringrazia lo staff di BAO Publishing per l’occasione concessaci.

 

Ciao, Maurizia e benvenuta su BadComics.it!

Ciao a tutti, e grazie!

Partiamo proprio da Tobiko, libro che ho incontrato quasi per caso e che mi ha davvero sorpreso: mi aspettavo una lettura dedicata a un pubblico molto giovane, invece ho trovato una storia molto matura, sebbene sia rivolta a tutti. Da dove nasce questo fumetto, cosa volevi raccontare?

TobikoVolevo raccontare una storia d’amore. Una storia d’amore adulta. Però mi piaceva l’idea che l’immagine della storia fosse qualcosa che rimandasse all’illustrazione per ragazzi: cercavo questo contrasto e, secondo me, da questo scaturisce l’effetto sorpresa. È evidente la dicotomia tra l’immagine, i colori – rosa, azzurro – e la sofferenza dei personaggi, la violenza di alcuni elementi narrativi di questa storia.

L’ambiente in cui il racconto si muove – un mondo distopico nel quale l’umanità si è praticamente estinta – è qualcosa di molto duro, falcidiato dalla guerra: anche qui, però, ho scelto di rappresentare cromaticamente il sangue con il colore rosa, perché – ribadisco – è proprio il contrasto il punto di forza del libro. La storia è tutta raccontata per metafore, una scelta consapevole.

Veniamo alle due razze dominanti nel mondo di Tobiko: perché proprio gli orsi e i corvi?

In questo caso è stata totalmente una scelta di gusto: mi piace molto disegnare orsi e orsacchiotti, così come mi piace l’idea di animarli. Anche per quanto concerne i corvi si tratta di una scelta grafica: adoro l’elemento delle ali, così come il colore nero, e mi sembravano sufficientemente aggressivi per contrastare gli orsi. Quindi si è trattata sì di una scelta in funzione dei miei gusti personali, ma anche adatta a amplificare quel senso di contrasto che cercavo.

In questo mondo devastato da una guerra tra orsi e corvi, conosciamo una giovane protagonista umana: cosa volevi comunicare attraverso di lei, e quanto c’è di autobiografico in questo personaggio?

Mi piaceva l’idea che ci fosse un personaggio giovane, in un certo senso ingenuo, che si muovesse con un certo distacco nell’ambiente in cui vive. Volevo che fosse umana, ossia guidata dai sentimenti: in questo caso Tobiko è mossa dall’amore che prova per l’orsetto Pop, che la porta come a distaccarsi dal mondo violento della storia: segue questo sentimento, e in qualche modo ascende, estraniandosi dall’oscurità che la circonda. Lei è una metafora di purezza in un ambiente davvero sporco. Viene da un passato violento e di abbandono, ma questo amore le dà forza.

Quanto c’è di me in Tobiko? Tutto! In qualche modo, tutto il racconto è autobiografico, sebbene molto romanzato, dato che parliamo di una storia fantasy. La natura della protagonista è però molto simile alla mia, specie quell’elemento di purezza in determinate situazioni.

Tra i protagonisti – negli orsi in particolare – ho notato che vi sono delle influenze di svariati generi fumettistici, da quello supereroistico a quello orientale, specie in termini di design dei personaggi.

A me piacciono tantissimo i “robottoni”: ho proprio una passione per loro! Esteticamente mi attirano un sacco: non vedevo l’ora di poterli disegnare e muovere in una mia storia! Ovviamente l’ispirazione massima è arrivata dal film d’animazione Il gigante di ferro, una pellicola che mi ha colpito profondamente, sia dal punto di vista narrativo che grafico.

La figura del robot era perfetta per rappresentare quella che per me è la reazione alla paura: Pop si trasforma quando ha paura, e la freddezza e la grandezza del robot che diventa creano la giusta distanza tra lui – una macchina – e Tobiko, che è una bambina contraddistinta dalla purezza. Era la giusta allegoria, secondo me. Anche l’idea di inserire combattimenti in stile supereroistico era qualcosa che mi attirava, e mi sono divertita a raccontare e disegnare questo tipo di poteri nelle scene d’azione.

Tobiko è stato il tuo ingresso nel mondo del fumetto, anche se ti occupavi già di illustrazione ben prima di questo libro. Ti sei approcciata a questo lavoro con uno stile grafico molto dolce e morbido, decisamente cartoony. Adesso, quali sono i tuoi prossimi obiettivi di crescita artistica?

Tobiko è stata una bellissima prima esperienza che mi ha permesso di lavorare con un segno diverso. Non voglio fermarmi qui: avverto il bisogno di crescere e di andare in una direzione che mi permetta di imparare qualcosa di nuovo. Mi piacerebbe muovermi maggiormente verso il realismo, così come vorrei mettermi alla prova disegnando una sceneggiatura scritta da qualcun altro. Le pagine di Aqualung che ho realizzato sono state un’esperienza preziosa, in questo senso: ho potuto sperimentare un tratto diverso, adattando quello utilizzato in Tobiko – che è un ibrido – a qualcosa di più realistico.

Voglio andare verso il fumetto puro, crescendo sempre di più come artista. La mia idea è quella di dividere professionalmente i miei tempi in maniera ottimale e fare sempre cose nuove.