Marco Checchetto è uno degli artisti italiani che sta legando sempre di più il suo nome a produzioni Marvel. Dopo averlo visto al lavoro su una miniserie prestigiosa come Star Wars: L’Impero a Pezzi, prequel a fumetti del tanto atteso settimo capitolo della saga stellare, ben presto potremo ammirare il suo tratto su Gamora, serie Marvel NOW! dedicata alla donna più pericolosa dell’universo, membro dei Guardiani della Galassia.

Ospite di Panini Comics durante la recente Lucca Comics & Games 2016, Checchetto si è prestato a rispondere a qualche domanda sul suo lavoro oltreoceano.

 

Ciao, Marco. Grazie per essere di nuovo tra noi, su BadComics.it!

Grazie a voi.

Partiamo subito parlando del tuo recente lavoro sulla serie Marvel Gamora.

Ho finito il mio lavoro su Star Wars sei mesi fa e, forse, per loro è stata una cosa naturale spostarmi da una galassia all’altra. In realtà cercavano un disegnatore realistico, e anche un po’ “violento”, per questa serie perché parla dei primi anni di Gamora, quando era ancora un’assassina implacabile, molto violenta e istintiva. Quindi non volevano uno stile che fosse troppo umoristico, comico, cartoonesco, come quelli visti di recente sui fumetti di Rocket Raccoon e Groot, per intenderci. Di conseguenza è stata una cosa abbastanza naturale: quando mi hanno proposto il personaggio ho visto che era qualcosa nelle mie corde, proprio per quei motivi, e ho accettato.

Puoi svelarci qualcos’altro su questo nuovissimo titolo?

Non posso anticipare molto. Nicole Perlman, che è anche la scrittrice dei due film sui Guardiani della Galassia, conosce molto bene il personaggio. Si vede che le piace, e scrive molte cose interessanti per i personaggi femminili. Vi posso solo assicurare che sarà una storia molto bella da leggere.

Nell’Universo Marvel vengono pubblicate sempre con maggior frequenza serie dedicate a personaggi femminili. Cosa sta succedendo oltreoceano?

Credo che Marvel stia cambiando e si stia adeguando ai nostri tempi, al 2016, in cui finalmente abbiamo una vera parità tra i sessi, anche nell’universo dei comics. Basta con quelle pin-up anni ‘90… I personaggi femminili – o comunque i personaggi che hanno altre culture, altre religioni – sono un punto su cui Marvel picchia duro, vuole che ci sia un’interazione totale.

Da artista come stai vivendo questa trasformazione?

Guarda, io sono felicissimo di questo cambiamento. Sono felice che tutti i lettori abbiano un personaggio con cui identificarsi. Per me tutto questo è positivo, e il successo che Marvel sta ottenendo – con i fumetti, ma anche con altri media – testimonia che c’è voglia di questo anche nei lettori.

Il tuo nome è legato anche alla realizzazione della miniserie prequel di Star Wars: Il Risveglio della Forza, ossia L’Impero a Pezzi. Com’è stato per te lavorare su un franchise così grande e iconico?

Davvero emozionante, anche se quando mi hanno contattato per offrirmi la miniserie è stato terrore puro, perché era una cosa talmente grande che non me la sarei mai aspettata. Poi se consideri che io, che vivo in un paesino in provincia di Venezia, ho messo un mattone nella serie di Star Wars… è incredibile!

Conoscevi già la trama del film mentre lavoravi a L’Impero a Pezzi, o era tutto top secret?

Assolutamente no, era tutto top secret. Pensa che le cose che mostravano a me per la realizzazione delle astronavi, o degli ambienti, non erano le stesse che mostravano allo sceneggiatore. Era tutto molto molto segreto. Chiaramente qualcosa ci hanno dovuto anticipare…

Fantascienza con Star Wars, fantascienza con Gamora: che differenze hai riscontrato nel approcciarti a questi due progetti?

L’approccio al disegno non è cambiato, il mio stile è quello e non ho voluto stravolgerlo. Di sicuro Star Wars è stato più difficoltoso, perché la Lucasfilm spinge affinché gli artisti mantengano i personaggi dei fumetti somiglianti agli attori dei film. Per cui ritrovarsi a disegnare, pagina dopo pagina, Harrison Ford o Mark Hamill non è stato facile. Con Gamora è stato tutto molto più leggero, da questo punto di vista.

Un anno fa eri qui a presentare Life Zero: oggi come vivi quel progetto?

Come un peso che si è tolto. Nel senso che per disegnare Life Zero ho dovuto sacrificare molto della mia vita personale perché Marvel mi occupa tantissimo tempo, e quello che era il mio tempo libero, la mia vita, l’ho dovuto – anzi – l’ho voluto dedicare a Life Zero. Adesso che è uscito sono felice per la pubblicazione, felice che l’abbiano letto tutti e che ci sia un personaggio creato da me nella Storia del Fumetto.

Chiudiamo con un ricordo. Tra i tanti personaggi sui quali hai lavorato c’è anche il Punitore, che può vantare tra i suoi disegnatori il recentemente scomparso Steve Dillon. Nella tua run con Greg Rucka hai tenuto presente del lavoro di Dillon o hai preferito procedere in autonomia?

A me lo stile di Dillon piaceva tantissimo. Ho saputo della sua morte mentre ero in Francia, e ci sono rimasto veramente male. Ho adorato la sua run con Garth Ennis, è una grossa perdita per il mondo del fumetto. Aprivi qualsiasi suo albo e il suo stile era riconoscibilissimo: alla prima occhiata capivi subito che si trattava di lui.

Per il mio Punisher – nonostante ami quello di Dillon, ma anche quello di Goran Parlov – non ci siamo basati su nessuna serie precedente, quindi ho preferito orientarmi su film o videogame. Metal Gear Solid è una citazione palese nel mio lavoro con Greg [Rucka].

Lucca Comics & Games 2016: Marco Checchetto e Pasquale Gennarelli