A Lucca Comics & Games 2016 abbiamo avuto la possibilità di intervistare Brian Azzarello, celebre sceneggiatore americano, autore – tra le altre cose – di apprezzate storie con protagonisti Batman, Superman e Wonder Woman, ma anche creatore del fumetto cult 100 Bullets, edito da Vertigo.

È stata l’occasione per parlare con Azzarello di molteplici argomenti, utilizzando come filo conduttore le tante opere da lui realizzate. Si ringrazia lo staff di RW Edizioni per l’opportunità concessaci.

 

Ciao Brian, e benvenuto su BadComics.it!

Ciao. Spero tu non sia cattivo come il nome del sito per cui lavori mi fa credere…

Cercherò di essere buono. Partiamo da Cavaliere Oscuro III – Razza Suprema. Molti si sono interrogati sulle motivazioni che hanno spinto te e Frank Miller a dar vita a un terzo capitolo della saga. Dal canto mio ti chiedo: esiste davvero un segreto dietro questa storia?

Dark Knight III #1Il motivo principale per il quale questa storia è nata è che Frank voleva assolutamente raccontarla. Questa è l’unica ragione davvero importante e sufficiente perché nasca una storia. Ammettiamolo: nessuna storia deve essere raccontata per chissà che motivo, ma l’unica cosa davvero necessaria è la volontà e l’ispirazione degli autori. Spesso la stampa vuole trovare dei motivi segreti e arcani dietro la creazione di una storia a fumetti. Non è così: sono cazzate che qualcuno si inventa.

Onestamente, quando fui contattato la prima volta dalla DC Comics – non da Frank – ero abbastanza scettico all’idea di partecipare a questo progetto. Mi chiedevo se non fosse altro che una manovra commerciale della casa editrice in un momento in cui non era esattamente tutto rose e fiori per loro. Quindi chiamai Frank e gli chiesi: “Vuoi fare davvero questa cosa o è un’idea della DC?”, e lui mi rispose che l’idea era totalmente sua, che aveva bisogno di me per realizzare questa storia. Solo allora gli dissi che poteva contare su di me.

Del resto, come si può dire di no a Frank Miller?

Be’, io gli dico continuamente di no. Sia in ambito lavorativo che personale. Dopotutto, dov’é la differenza?

Non hai mai nascosto, anche nei tuoi incontri con il pubblico a questa edizione di Lucca Comics & Games, che i supereroi non ti fanno impazzire. Però stai scrivendo una storia di Batman e ne hai scritte altre in passato con protagonisti i personaggi dell’Universo DC. Cosa rappresenta per te l’Uomo Pipistrello?

Mi piace scrivere di Batman perché è un personaggio definito dai suoi difetti e dai suoi fallimenti. La maggior parte dei supereroi non ha difetti veri e propri: sono tutti pieni di virtù, fanno sempre la cosa giusta. Sono eroi, dopotutto. Di certo, molti supereroi della Marvel – più di quelli DC – sono stati creati partendo dai loro difetti, devo ammetterlo. Ma dopo essere stati in giro per così tanti anni sono “cresciuti”, abbandonando le ragioni stesse dietro la loro creazione, quasi come se tutti si fossero dimenticati il mantra di Stan Lee: supereroi con superproblemi. La vera eccezione in questo discorso è proprio Batman: lui ha mantenuto tutti i difetti dietro alla sua creazione.

Quindi, la mancanza di difetti è il motivo principale per il quale non ti piacciono i supereroi?

Prevalentemente. La verità è che proprio non mi piace leggere questi fumetti e inoltre non mi piace scrivere scene di combattimento con gente dotata di poteri sovrumani e bizzarri. Trovo tutto questo davvero noioso.

D’accordo, allora provo a metterti in difficoltà: hai scritto un ciclo di storie con protagonista Superman intitolato Per il domani. L’Uomo d’Acciaio è forse l’archetipo del supereroe, quello con i superpoteri più grandi. Di certo c’è da dire che nella tua storia l’hai messo in una situazione di vera crisi, aggiungendo l’elemento narrativo della fede religiosa. Cosa puoi dirmi al riguardo?

Dovevo trovare un accidenti di difetto a questo “superuomo”. Questo personaggio ci viene spesso presentato come un individuo perfetto e potentissimo. Una sorta di dio che non si comporta da dio, ma vuole a tutti i costi essere un uomo, negando a se stesso la sua vera natura. Un ragazzone costantemente bloccato in uno stato di negazione: non trovi che sia buffo? [ride] Dunque, in un certo senso, l’ho messo contro Dio.

A questo punto, mi viene da chiederti se sei credente o meno…

No, assolutamente. Sono stato cresciuto in una famiglia cattolica. E credo che il modo migliore per allontanarsi dalla religione sia proprio quello di crescere in una famiglia cattolica.

Passiamo da Dio a una dea, o quasi. Perché hai ritenuto che il personaggio di Wonder Woman avesse a tutti i costi bisogno di un padre?

Wonder Woman #1, copertina di Cliff ChiangPerché tutti ne hanno uno? [ride] Guarda, se sei stato mai in terapia, saprai bene che tutti i problemi che ci portiamo dall’infanzia all’età adulta provengono dai genitori. Quindi, volevo raddoppiare il numero dei genitori di Wonder Woman per raddoppiare quello dei suoi problemi. Perché sì, come ti dicevo, a me piace creare problemi a questi supereroi.

È sempre colpa dei tuoi genitori, specie se non ci sono: nel caso di Diana, suo padre l’ha abbandonata ed è sempre stato assente. Pensavo che questo potesse essere un importante argomento di discussione su cui costruire la mia storia.

Ma allo stesso tempo, se da un lato volevo crearle tutti questi problemi familiari, desideravo anche che lei non fosse bloccata da essi, che non si piangesse addosso. Volevo un personaggio femminile che fosse forte e potesse affrontare qualsiasi cosa, senza mai arrendersi. Perché se è vero che ci sono esseri umani che si fanno spezzare da certe situazioni drammatiche, è altrettanto vero che ci sono persone che sanno accettare la propria realtà per quello che è, anche se fa schifo, e vivere comunque la loro vita in modalità soldier on.

Nel panorama editoriale de I Nuovi 52 hai saputo raccontare una storia piuttosto originale, molto slegata dai canoni supereroici del reboot della DC Comics partito nel 2011. Di quanta libertà hai goduto? Hai mai avuto interferenze da parte degli editor o della stessa casa editrice?

Non c’è stata alcuna rottura di scatole. Sin dal principio, quando ho anticipato la mia storia di Wonder Woman alla DC, dissi che questa sarebbe durata tre anni e che alla fine di ogni anno ci sarebbe stata la chiusura di un arco narrativo, così come dissi da subito che alla fine della mia gestione, Wonder Woman sarebbe stata il nuovo dio della guerra, così come la regina di Themyshira.

Hai lasciato Wonder Woman con un preciso status quo, che poi è stato progressivamente modificato dopo la tua gestione. Hai letto quello che è venuto dopo?

No. Credo sia stata la cosa più giusta. Perché se lo avessi letto, onestamente, poi tu mi avresti chiesto cosa penso di quello che hanno fatto gli autori dopo di me e io sarei stato costretto a dirtelo. Quindi meglio così, è più corretto nei confronti degli altri autori. Non hanno bisogno delle mie critiche.

Passiamo dal fumetto a un altro medium, quello cinematografico/televisivo. Sei stato co-autore della sceneggiatura del recente lungometraggio d’animazione Batman: The Killing Joke, ispirato alla celebre graphic novel di Alan Moore e Brian Bolland. Senza troppi giri di parole: perché hai scelto di inserire quella particolare scena di sesso tra Batman e Batgirl che ha fatto molto discutere?

Batman: The Killing Joke, posterSemplice: volevo rendere ancora più complicato il loro rapporto. Volevo dargli una bella gatta da pelare, perché Batgirl è una sorta di protetta di Batman e il fatto che Bruce – anche solo per un momento – sia venuto meno al suo “codice”, crea nella sua coscienza un macigno che non riuscirà facilmente a superare, specie a causa di quello che avviene nella storia. Penso inoltre che sia stato un modo per rendere più reale il personaggio di Batgirl, che alla fine dovrà rendersi conto – suo malgrado – di essere troppo emotiva e impulsiva.

Io e Bruce Timm ci siamo interrogati a lungo sul fatto di inserire o meno questa scena nella nostra storia, sapendo che avremmo ricevuto una shitstorm dai fan più accaniti e puritani, ma, al diavolo, lo abbiamo fatto perché era la cosa giusta da fare per noi. E aggiungo che è stata una nostra scelta, non della Warner Bros. o di DC Entertainment. Una scelta nostra della quale siamo sicuri e di cui ci assumiamo la piena responsabilità.

Anche nella storia a fumetti originale, che ha toni molto maturi, Barbara Gordon non è più una ragazzina, ma una giovane donna, un’adulta. Come ogni essere umano di quell’età ha delle pulsioni, dei bisogni fisiologici. Inoltre, sia nella graphic novel che nel film d’animazione, la differenza d’età tra i due non è tale da consentire a qualcuno di gridare allo scandalo. A qualcuno di razionale, aggiungo. Per me questa scena non è mai stata un problema, anche perché ho conosciuto il personaggio di Batgirl quando ero piccolo come protagonista della serie TV degli anni Sessanta di Batman: avevo una cotta folle per lei e l’ho sempre guardata anche dal punto di vista sessuale, come una giovane donna attraente. In un certo senso, quasi inconsciamente, desideravo vederla in quella situazione specifica.

Tornando ai fumetti, hai scritto due miniserie, Luthor e Joker, dedicate a quelli che sono forse i due villain più caratteristici e importanti dell’Universo DC. Chi è il più pericoloso dei due?

Senza ombra di dubbio Luthor è il più pericoloso, perché possiede l’arma più potente di tutte: il denaro. Sono personaggi molto diversi tra loro, resi simili unicamente da una cosa: l’ossessione per il loro rispettivo avversario. Anche se spesso sono stati raccontati in storie in cui collaborano per realizzare i loro piani, credo che in uno scenario reale Luthor saprebbe bene chi è Joker, cos’è capace di fare e, conseguentemente, non vorrebbe avere nulla a che fare con lui. Luthor frequenta gli stessi circoli di Bruce Wayne, sono entrambi persone ricchissime, sono a capo di grandi aziende. Sono quasi la versione fumettistica di Bill Gates e Steve Jobs.

Parliamo ora di Moonshine, nuovo progetto che ti vede collaborare con Eduardo Risso. Cosa puoi dirci di questo fumetto e soprattutto del rapporto che ti lega a Risso?

Oggi come oggi, Eduardo è qualcosa di più di un amico per me: siamo come una vecchia coppia sposata da anni. [ride] Lui è una persona e un artista incredibile, tanto che lavoriamo insieme da qualcosa come vent’anni. Moonshine è forse il miglior fumetto che abbia mai fatto: si sta occupando anche dei colori e ogni volta che vedo una sua nuova tavola mi manca il fiato. Davvero, oggi che sono un vecchio e noioso scrittore, non ho più bisogno di dire cazzate per promuovere i miei lavori: quello che Eduardo sta facendo su Moonshine va semplicemente molto al di là delle mie aspettative. Questa storia si svolge ai tempi del Proibizionismo, in West Virginia, andando a raccontare una pagina vera di Storia, con l’aggiunta di lupi mannari.

Nell’America di oggi cosa faresti se fossi uno dei protagonisti di 100 Bullets e avessi cento proiettili da utilizzare a tuo piacimento?

Vuoi arrivare a me che ti dico che sparerei a Donald Trump, vero?

Non ti nascondo che non mi sorprenderebbe…

Scherzi? Perché dovrei sparare a quel tipo lì, quando è così bravo a spararsi merda addosso da solo?! [ride] Tornando seri, se fossi protagonista di 100 Bullets, e mi trovassi nella situazione che ha fatto nascere nella mia mente questa storia, quando mi venne tagliata la strada da un pazzo e avrei voluto ammazzarlo, userei davvero i miei cento proiettili? Non so, dopotutto l’intera storia ruota attorno a questa domanda e il fatto che tu mi abbia messo in questa posizione vuol dire che sei un tipo sveglio. Probabilmente avrei aperto il fuoco su quel pirata della strada, facendogli schizzare il cervello in tutte le direzioni, ma avrei anche passato tutta la mia vita a pentirmi della mia azione e avrei usato uno di quei proiettili per me stesso.

Brian Azzarello