In occasione di Lucca Comics & Games 2016 abbiamo intervistato Charlie Adlard, artista britannico da più di dodici anni impegnato come disegnatore di uno dei fumetti più celebri e longevi dell’era moderna, The Walking Dead, scritto da Robert Kirkman. È stata l’occasione per guardare ai personaggi e al passato di quest’opera e provare a scoprire qualcosa sul futuro.

Si ringrazia lo staff di saldaPress per l’opportunità concessaci.

 

Ciao Charlie, e benvenuto su BadComics.it.

Ciao a te e a tutti i lettori!

Per te The Walking Dead ha rappresentato un po’ il proverbiale treno che passa una volta sola nella vita. La serie era infatti già cominciata da qualche mese con Tony Moore come disegnatore regolare, ma dopo qualche numero ha abbandonato il progetto e tu l’hai sostituito. Guardando indietro, cosa ha rappresentato per te questa occasione e quanto ti senti fortunato?

Ovviamente, come tutti, non mi aspettavo che The Walking Dead sarebbe divenuto quel successo globale noto a tutti. Penso che quando si dà vita a un fumetto creator-owned nessun autore può immaginare che la sua opera possa sopravvivere così a lungo con questo successo. Allo stesso tempo, io e Robert [Kirkman] ci abbiamo sempre creduto, abbiamo sempre voluto che questo fumetto fosse un successo. Ma soprattutto lui voleva che la serie andasse avanti per poter raccontare la sua storia: non c’è niente di peggio di un fumetto che viene cancellato prematuramente, della conseguente frustrazione di essere obbligato a lasciare il tuo racconto a metà. Mi è accaduto svariate volte, prima di The Walking Dead.

Anche perché nel momento in cui The Walking Dead prese il via, Image Comics stava vivendo un periodo di crisi dopo il successo iniziale dell’etichetta…

Esatto! In quel periodo Image non godeva di una buonissima reputazione, veniva da un inizio con milioni di copie di fumetti venduti, grazie a progetti fortemente legati al nome di autori come Marc Silvestri. Onestamente, nessuno voleva davvero lavorare con loro, ai tempi. Era come lavorare gratis. Erano davvero tempi difficili. Tutta questa mia preoccupazione è svanita incontrando Robert per parlare di The Walking Dead, e lui è stato bravissimo a convincermi che fosse già un successo dopo pochi numeri e che lo sarebbe stato progressivamente sempre di più. I fatti gli hanno dato ragione. Devo anche dire che fin dal principio il compenso era buono e sufficiente per mantenersi facendo il lavoro dei propri sogni.

Guardiamo ora alla trama del fumetto, tornando indietro nel tempo al numero #100 della serie e a uno dei momenti più scioccanti di sempre in questo ambito: la morte di Glenn, ucciso da Negan, che è anche di grande attualità, dato che pochi giorni fa si è consumata anche nella serie televisiva. Ammetto che si tratta di una delle sequenze più tragiche, violente e sconvolgenti che abbia mai letto. Cosa hai provato quando hai letto della morte di Glenn nella sceneggiatura dell’episodio o quando hai dovuto disegnarlo con la testa aperta e l’occhio uscito dall’orbita?

The Walking Dead di Charlie Adlard 01Ah! Devo dire che con il passare del tempo mi ero già abituato a scene di grande violenza: in questo senso, ricordo ancora le quindici pagine di Michonne che tortura impietosamente il Governatore. Diciamo che lavorare a The Walking Dead mi ha fatto crescere il pelo sullo stomaco.

La mia reazione è stata anche sostanzialmente smorzata dal fatto che, molto prima di ricevere la sceneggiatura, Robert mi aveva anticipato che Glenn sarebbe morto, nel corso di una conversazione telefonica: sapevo quello che stava arrivando, insomma. Inoltre, per quanto non abbia mai avuto nulla contro questo personaggio, per qualche misterioso motivo non sono mai riuscito davvero a entrare in sintonia con lui dal punto di vista grafico. Mi sembrava sempre di non disegnarlo nella maniera giusta.

Quando lui e Maggie sono finiti assieme erano molto spesso vicini, nelle varie sequenze, e pensavo sempre che fossero in qualche modo troppo simili, cosa che creava nella mia mente una sensazione abbastanza strana, specie quando poi Maggie si è tagliata i capelli in prigione, iniziando ad avere un’acconciatura che la rendeva ancora più simile a Glenn. Mi sembrava che fossero uguali, ero disperato! E allora cercavo sempre degli espedienti per differenziarli, come far indossare sempre un cappello a Glenn e scompigliargli i capelli quando se lo toglieva. Uccidere Glenn è stata una sorta di liberazione per me!

Di personaggi in questi anni ne avete uccisi tantissimi. Ce ne sarà pure qualcuno che del quale senti la mancanza…

Sicuramente il personaggio di Ezekiel mi manca. Sono ancora un po’ triste quando penso al momento in cui abbiamo deciso di mettere la sua testa su un palo e farlo trovare dai suoi compagni in quello stato. Era un personaggio che mi divertiva tantissimo disegnare perché molto originale e stimolante dal punto di vista grafico. Inoltre, ricordo che la morte di Abraham fu molto scioccante, soprattutto perché non me l’aspettavo: era lì, vivo e vegeto, e l’attimo dopo non c’era più.

Parliamo ora del grande cattivo, Negan. Secondo te perché questo villain è così potente?

The Walking Dead di Charlie Adlard 02Penso che i migliori villain siano quelli che credono di essere nel giusto, per quanto le loro azioni possano essere scellerate. Negan crede davvero di essere il migliore in un mondo nel quale il male assoluto non esiste e si è costretti a giustificare i mezzi con il fine in maniera estrema. Le motivazioni di Negan, per quanto terribili e poco condivisibili, sono comunque sempre logiche e talvolta hanno un senso tale da farti quasi credere di poter essere d’accordo con lui. Per lui è quindi normale spaccare teste con una mazza da baseball, avere un harem di donne a disposizione, punire chi sbaglia con un ferro da stiro rovente in faccia.

Non è come il Governatore, che era semplicemente e completamente folle: Negan non è pazzo, è molto intelligente. Questo che lo rende davvero pericoloso ed è il motivo per il quale è ancora in circolazione dopo tanto tempo. Leggendo la storia breve che io e Robert abbiamo realizzato, nella quale abbiamo svelato il suo passato, puoi capire quanto lui sia comunque spinto da motivazioni molto umane. Scoprendo di lui grazie alla storia scritta da Robert, mi sono quasi trovato a empatizzare con questo personaggio: l’idea che un uomo del genere possa quasi piacermi è terrificante. Basti pensare al perché ha chiamato la sua mazza da baseball Lucille, che era il nome di sua moglie, morta di cancro. Non vedo l’ora che scopriate in che direzione abbiamo intenzione di portarlo: nell’attuale arco narrativo vuole quasi giocare il ruolo dell’eroe, ma lui ha sempre una motivazione personale: un grande piano.

Quasi tredici anni di zombie: quanti ne avrai disegnati? E cosa sei costretto a inventare ogni volta per crearne sempre di nuovi?

Ne avrò disegnati migliaia e migliaia, basti guardare alle ultime uscite nelle quali ce n’è un’intera orda “al servizio” dei Sussuratori. Devo dire però che oggi è più facile per me disegnare gli zombie di The Walking Dead, perché, essendo passati anni dall’inizio della storia, la maggior parte dei morti viventi hanno raggiunto un livello di decomposizione tale da avere un look più mostruoso, e più simile tra loro.

A essere onesti, credo anche che adesso siano meno spaventosi rispetto al passato, in quanto meno simili agli umani e potenzialmente anche più facili da uccidere. Ovviamente, ci sono sempre zombie “freschi”, ossia quelli morti da poco, ma sono una percentuale ormai esigua.

Stiamo impostando questa intervista parlando dei personaggi, perché ritengo The Walking Dead una storia fortemente basata su di essi; dunque è quasi obbligatorio concentrarci sul protagonista, Rick. Cosa pensi di lui? È un vero eroe oppure no? Nel mondo reale tu e lui potreste essere davvero amici?

Non penso che possa esserci un eroe in un mondo come quello di The Walking Dead, ma credo davvero che Rick sia un essere umano abbastanza decente che prova a fare del suo meglio in una realtà andata in malora. Ha preso decisioni sbagliate, ha ammazzato gente, a volte è riuscito a complicare ulteriormente certe situazioni cercando di risolverle, ma alla fine è uno dei pochi che è davvero interessato agli altri e a far andare le cose nel modo migliore possibile e credo che se la sia cavata abbastanza bene, finora.

Concludiamo parlando di Maggie: l’abbiamo conosciuta come una ragazzina che si nascondeva assieme a suo padre, mentre oggi vediamo quanto sia divenuta una donna molto forte, matura e risoluta. Ti piace l’evoluzione di questo personaggio?

Assolutamente! Penso che lei e Andrea siano i personaggi che hanno avuto la crescita maggiore in The Walking Dead, diventando donne molto forti. Penso che il fatto che il personaggio di Andrea non abbia funzionato nella serie TV sia proprio dovuto a una scelta sbagliata di casting: hanno scelto un’attrice già troppo adulta per questo ruolo – per quanto molto brava – mentre nel fumetto conosciamo Andrea come una ragazzina spaventata che si nasconde assieme a sua sorella. Adoro il fatto che siamo stati in grado di cambiare completamente questi personaggi rispetto all’inizio.

Tornando a Maggie, ho quasi la sensazione che sarà lei quella che alla fine la spunterà su tutti, potenzialmente divenendo anche un’antagonista di Rick…

Ah, sei uno che capisce un po’ troppe cose… Chissà! Nemmeno io so davvero dove andremo a finire, per quanto esista già un finale per la serie. Diciamo che Rick e Maggie hanno avuto già diversi contrasti, quindi lo scenario da te immaginato non è impossibile. Proprio no.

Charlie Adlard