Nella video-intervista dedicatagli da Comic Book Resources, Brian Michael Bendis parla di Spider-Man #2 e della reazione del pubblico al modo in cui Miles Morales si pone di fronte al problema del razzismo. L’autore ha riscontrato pareri contrastanti tra il pubblico, che si è diviso su due posizione di base: un generale entusiasmo per il tema e un atteggiamento dubbioso di fronte al fatto che un autore di pelle bianca affronti la questione secondo il punto di vista di un afroamericano del Sud America.

 

Spider-Man #5, copertina di Sara Pichelli

Spider-Man #5, copertina di Sara Pichelli

Ho imparato molto tempo fa che ci sono dei temi destinati a dividere, quando lavoravo come giornalista. Quando lavori per il fumetto mainstream, entri in un mondo in cui i temi politici, religiosi e razziali sono per definizione portati a procurarti del dissenso. Da giornalista, era così per ogni singola posizione presa o battuta fatta. Ma fa parte del gioco, mi sta bene.

La storia dei singoli personaggi deve sempre essere libera di essere narrata, e quella di Miles è questa. Solo così potrà trovare un equilibrio, una stabilità nell’universo narrativo che occupa. Io lascio che siano le relazioni e la vita reale a influenzare i miei sentimenti nei confronti del problema dell’intolleranza, che siano le conversazioni con i miei amici afroamericani o asiatici a dirmi perché far parte di una minoranza etnica sia problematico, a volte.

Sono loro che ogni tanto mi avvertono che nessuno mai mi connota come uno scrittore ebreo, ma se fossi nero, allora tutti ricorderebbero che sono uno scrittore ebreo nero. Questo mi ha fatto riflettere su cosa significhi sentirsi identificati da una connotazione razziale, per coloro che la subiscono e mi è stato detto, addirittura, che la cosa è ancora più fastidiosa quando accade in senso positivo, quando la gente ti apprezza ancor di più per la tua etnia. Si tratta di una questione che trovo molto interessante.

 

Bendis ci tiene a far capire al pubblico che non ci sono strade già segnate per quanto attiene al destino di Miles e al suo rapporto con il razzismo. La storia è sulla scoperta di sé e sarà il personaggio stesso a guidarne la dinamica. Inoltre, se moltissimi fan non si sono dimostrati interessati ai dubbi del giovane Spider-Man, molti altri lo hanno fatto eccome. Il che significa che la questione merita di essere affrontata, con cautela e attenzione.

 

Spider-Man #2,copertina di Sara PichelliMi sforzerò il più possibile di non rendere la cosa una polemica troppo evidente, ma sono convinto che la domanda di Miles dovesse essere posta. Un sacco di gente si è lamentata anche in passato per il motivo contrario, perché l’etnia del personaggio veniva ignorata. Quindi sono semplicemente giunto ad accettare che le lamentele fanno parte del mio lavoro.

Nel prossimo numero incontreremo parte dell’altra metà della famiglia di Miles, cosa che ci entusiasma moltissimo. Inoltre Ms. Marvel sarà ospite delle sue pagine e un sacco di altri lettori saranno dispiaciuti per quel che faremo con lei, probabilmente molto più di quanto non lo siano stati finora.

Ovviamente, sarei molto più tranquillo se raccontassi storie diverse, se non corressi questi rischi quando racconto storie. Ma non fa per me. Credo che ci siano molti autori che, semplicemente, evitino di esplorare certi temi che meriterebbero uno sguardo, solo per non vedersi coprire di lamentele su Twitter e questo è un problema non da poco, non soltanto nel mondo del fumetto, ovviamente. Spero soltanto che non ci siano delle conseguenze a lungo termine su terzi per questa mia disabitudine a prendere il sentiero più sicuro.

 

Bendis ha citato la rivelazione dell’omosessualità di Uomo Ghiaccio come esempio del fatto che alcune esperienze siano in grado di toccare verità universali e proprio per questo, proprio perché hanno la possibilità di toccare corde molto personali di alcuni lettori, meritano di essere messe in scena. Non si tratta di una mancanza di rispetto della difficoltà che gli eventi narrati presuppongono, ma di riconoscerli come reali e per questo raccontarli a tutti, condividerli con più persone possibili. Preoccuparsi della reazione del pubblico e censurarsi è un atteggiamento che preoccupa molto l’autore.

 

Civil War II #0, copertina di Olivier CoipelFa strano scrivere Civil War II mentre esce un film che ne cita il titolo. Non lo abbiamo mai fatto prima. Quel che veramente ci entusiasma è però il fatto che l’Universo Marvel sia immensamente diverso oggi rispetto a dieci anni fa, all’epoca del ciclo originale.

Ogni grande personaggio ha una vita molto diversa o ha cambiato pesantemente prospettiva sulle cose. In molti casi ha passato il testimone a qualcun altro.

Non sarà per nulla una reinterpretazione degli stessi temi, ma una vera e propria storia inedita con nuovi protagonisti o con gli stessi molto cambiati. Tutti sono sopravvissuti alla prima Guerra Civile, il che non è senza conseguenze sulla seconda, in particolare nel caso di Tony Stark, che avrà grossi scrupoli di coscienza proprio per questo motivo.

 

Bendis ritiene che Civil War II sia la più grossa storia che abbia raccontato dai tempi di Secret Invasion, citando anche House of M come meno epica di queste due. Il confronto con una vicenda enorme come la prima Civil War lo ha costretto a pensare a cosa potesse sorprendere nuovamente i lettori e costruire una trama che potesse gettarli fuori equilibrio.

Altro tema interessante dell’intervista è quello delle lamentele riguardo i rilanci, ai troppi eventi e dei veri desideri del pubblico. Bendis è convinto che per la maggior parte, i lettori scrivano sul web di volere un certo tipo di prodotti, ma in realtà comprino e desiderino esattamente il contrario, a giudicare da quel che accade nel mercato. Eventi e reboot, se hanno un senso, per lui funzionano. Mentre trova poca cosa la rinumerazione, poco efficace nell’attrarre nuovo pubblico.

 

La gente che si lamenta delle variant cover e degli eventi, o compra poi quel che critica oppure è sostituita da coloro che apprezzano. Il fatto è che negli eventi succede sempre qualcosa. Non sarà sempre quel che ti aspetti o che vorresti, ma succede, il che di solito ti ripaga dei soldi spesi. Quel che posso fare è impegnarmi affinché sia così.

 

Del resto, pare che il fumetto in generale ripaghi dei soldi spesi, dato che, come nota l’autore, sopravvive in tempi in cui altri supporti fisici di intrattenimento, come romanzi e dischi, stanno scomparendo.

 

Questo perché le persone che si occupano di editoria nel nostro settore, hanno fatto un serie di scelte che l’hanno permesso, anche sfruttando l’onda del cinema e della televisione. La gente si guarda Jessica Jones e poi, spesso, vuole leggerne il fumetto. In confronto a quei prodotti che sono praticamente scomparsi dalle case della gente, il fumetto sta andando molto bene.

Le persone che guidano le compagnie di fumetti sono persone intelligenti, non dei semplici arraffatori di denaro. Dan Buckley della Marvel è un esempio di quanto gli editori di fumetti amino i fumetti. Non fai questo lavoro per fare soldi. E questo ha delle conseguenze notevoli sull’amore e l’impegno che ci metti, su quanto tieni al fatto che il prodotto sia ben fatto e meriti di essere venduto, sulla considerazione che hai del tuo pubblico.

 

 

 

 

 

 

Fonte: Comic Book Resources