Continua la conversazione tra Daniel Warren Johnson e Walt Simonson. Se il primo ha appena preso in mano le sorti di un personaggio amato, sebbene non di primissimo piano, come Beta Ray Bill, il secondo è uno de grandi maestri del Fumetto degli anni Settanta e Ottanta, nonché il creatore di quello che, per decenni, è stato il migliore amico di Thor.

 

 

Dopo aver parlato degli anni d’oro e degli esordi della carriera di Simonson, i due si sono gettati su argomenti decisamente più aderenti alla materia narrativa, a cominciare dagli storici numeri che introdussero Bill nell’Asgard della Marvel.

 

Daniel Warren Johnson – Il primo arco di storie della tua run su Thor ha presentato al pubblico Beta Ray Bill ed è una lettura epica incredibile. Che cosa ti ha ispirato a dar vita a quelle storie?

Thor #333, copertina di Walt Simonson

Walt Simonson – Per lo più, io cercavo soltanto di raccontare qualcosa che non sembrasse già visto e sentito. Anche allora, Thor aveva già vent’anni di narrazione alle spalle. Mi venne l’idea che qualcun altro potesse prendere in mano il suo martello, in forza dell’iscrizione su Mjolnir. Non era mai realmente stato fatto prima e tutto quanto è proceduto da quell’idea di base.

Tutta la storia che coinvolgeva Surtur era la trama che avevo pensato, in forma rudimentale, ai tempi del college. All’epoca ne avevo disegnate circa ventisei pagine e poi, quattordici anni dopo, ebbi la possibilità di utilizzare alcuni dei concetti originali come spina dorsale dei miei primi diciassette numeri di Thor.

Daniel Warren Johnson – Ora Beta Ray Bill è percepito un po’ come un personaggio bistrattato, da un lato amatissimo ma anche visto da molti solo come un eroe dalla faccia di cavallo, e così via. Hai mai avuto la percezione che potesse esserci dell’ironia su di lui, quando lo hai creato, o il tuo scopo era solo dar vita a una figura di grande intensità?

Walt Simonson – Macché. Una delle cose che ho imparato da Jack Kirby e Stan Lee è che puoi far passare per credibile praticamente qualunque cosa, in una storia, se la presenti seriamente. Bill non è mai stato un personaggio da commedia, per me, ma una figura tragica che è passata attraverso torture e isolamento per salvare la propria gente.

Daniel Warren Johnson – Una delle cose che ho notato quando ho iniziato a lavorare alla miniserie, è quanto sia complesso disegnare Beta Ray Bill. Dopo due numeri, sto finalmente prendendo la mano. Hai mai faticato a rendere le sue forme sulla pagina, dopo averlo progettato?

Walt Simonson – Bill ha funzionato piuttosto bene, per me, per parecchi anni. Ho semplificato un po’ il suo volto, nel corso degli anni, con il cambiare del mio stile. una delle cose interessanti della sua struttura facciale è che non moltissimi artisti hanno capito come disegnassi la sua mascella. Non è convenzionale, ma è piuttosto un vuoto circolare attorno ai suoi denti, ispirata al teschio di un cavallo. La mascella non è incardinata come quella di un cavallo, però.

Non ho idea di come potrebbe funzionare nella realtà, ma per fortuna stiamo parlando di fumetti. L’unico vero problema che ho avuto è stato mantenere la coerenza direzionale delle linee bianche a zig-zag che ha sul torso. Non riuscivo mai a ricordare quali andassero in alto o in basso. Ora, ovviamente, ha un costume diverso e quindi il problema non si pone più.

Thor, Beta Ray Bill, OdinoDaniel Warren Johnson – Se guardo al tuo lavoro iniziale sulla storia di Beta Ray Bill, mi pare che le tue linee avessero un’energia e una spontaneità vitale, il che è uno degli elementi che preferisco del tuo stile. Le tue linee sembrano manifestare il tuo divertimento nel tracciarle. Hai sempre avuto questa caratteristica? Disegnare con delle scadenze ha mai cambiato il tuo approccio alle matite?

Walt Simonson – In risposta alla tua prima affermazione, sappi che io amo i segni sulla carta. Voglio sempre far sembrare che siano quasi squarci. Non nel senso del disordine o dell’imprecisione, ma della spontaneità che dà vita alla tavola attraverso quei segni. Il risultato è che passo un sacco di tempo a cercare di far sembrare spontaneo il mio lavoro. Come diceva Jon Bogdanove, ho uno stile di vita molto cartaceo. Passo attraverso varie fasi di lavoro per giungere al risultato della spontaneità.

Nei primi anni della mia carriera, quando i fumetti avevano una stampa molto scadente, ho sviluppato uno stile piuttosto audace perché volevo dare alle tavole la miglior occasione di essere riprodotte su pagina in modo da mantenere l’energia che il disegno conteneva e che volevo dargli. Sono passato a linee più sottili, oggi, di quanto avrei fatto trent’anni fa, ma in qualche modo quell’audacia è rimasta. Anche le scadenze, ovviamente, hanno avuto un ruolo, perché scrivere, progettare e disegnare un albo al mese mi spingeva ad essere molto immediato.

Daniel Warren Johnson – Una delle cose che preferisco del tuo disegno è il modo in cui tratti gli effetti sonori e il font che usi per farlo. Il tuo letterista, John Workman, ha contribuito o è tutta farina del tuo sacco?

Walt Simonson – Mi sono interessato al lettering quando sono andato alla scuola d’arte del Rhode Island, dopo il college. All’epoca c’era un grande interesse per questa arte. Studiai la cancelleresca corsiva, una scrittura italica basata su forme precedenti, che fu molto popolare nel Medio Evo. Un libretto intitolato La Operina, fu scritto da Ludovico Vicentino Arrighi, nel 1522, con quella scrittura. Agli studenti si insegnava la cancelleresca grazie a una traduzione di quel pamphlet ed io mi appassionai all’argomento abbastanza da studiare un po’ delle grafie antiche.

Quella conoscenza influenzò i miei fumetti e, nei primi anni della mia carriera, disegnavo da solo le mie onomatopee e i miei titoli. Quando John Workman ed io iniziammo a collaborare, scoprii che lui era ancora più bravo di me in quell’ambito e quindi, per lo più, gli affidai completamente il lettering. Io scrivo ancora titoli ed effetti sonori, indico la taglia e la posizione che voglio nella tavola e poi ci pensa lui.

 

 

Fonte: Marvel