Ogni personaggio ha un autore che lo definisce per eccellenza: Chris Claremont per gli X-Men, Peter David per Hulk, Walt Simonson per Thor e via dicendo. Nel caso del protagonista di Black Panther, T’Challa, questo onore andrebbe probabilmente a Don McGregor, che ereditò da Stan Lee e Jack Kirby un personaggio che aveva mosso i primi passi soltanto in alcune storie di poche pagine o come guest star su pubblicazione dedicate a eroi più noti di lui.

 

 

Fu McGregor, assieme ai disegnatori Gil Kane e Billy Graham, a definire nel dettaglio il Wakanda, a creare personaggi come Killmonger e Monica Lynne e perfino a sfidare i pregiudizi del mondo reale scrivendo una coraggiosa storia contro il Ku Klux Klan in un ambiente tumultuoso come quello della metà degli anni 70.

Sul sito ufficiale della Marvel, McGregor ricorda l’esperienza con queste parole:

 

Pantera Nera: La rabbia della pantera

McGregor – Tutto ebbe inizio grazie all’editor Marvel Jim Salicrup. Dato che tutti i miei fumetti erano rimasti nel mio stato d’origine, mi passò tutti i numeri di Black Panther in modo che potessi farmi una cultura. Considerate che allora non c’erano cinque decenni di libri su un personaggio da recuperare, quindi era qualcosa di fattibile.

Oltre alla lettura dei fumetti, ricordo che feci anche molte ricerche. Ricordo che decisi abbastanza rapidamente che sarebbe stata una storia lunga con un cattivo portante. Una delle prime idee che ebbi fu che praticamente tutti i personaggi sarebbero stati wakandiani. Tutta la mitologia che Stan Lee e Jack Kirby hanno stabilito ruotava attorno a questa nazione super-scientifica nascosta, dotata di una tecnologia così evoluta che nessuno potesse scovarla, a eccezione di qualche criminale bianco che la trovava per caso e voleva impadronirsi del vibranio. Ma quante volte potevamo riproporre questa formula in una serie con T’Challa?

Fare in modo che tutti i personaggi principali facessero già parte del Wakanda significava che tutti i personaggi dovessero essere neri. Era l’unica cosa che avesse senso per me. Questo diventò un po’ un problema con la redazione, man mano che la serie progrediva. Sospetto che non ci avessero pensato fino in fondo quando mi dissero di ambientare le storie in Wakanda.

Jungle Action #12, copertina

Ho anche pensato che le storie dovessero essere collegate. Se Pantera Nera fosse tornato in Wakanda e ogni due mesi, per tredici pagine, avesse incontrato un nuovo criminale, i wakandiani gli avrebbero suggerito di tornare in America, perché la vita era molto più tranquilla prima del suo ritorno. Ma se avessimo incentrato la storia sulle conseguenze della sua assenza e sulla rivoluzione guidata da un personaggio forte appena entrato in gioco, avrei potuto spaziare in conflitti di vario tipo ed esplorare molti temi come scrittore.

Black Panther aveva bisogno di un cattivo forte che fungesse da antagonista. Quando mi venne l’idea che questo sarebbe stato un romanzo (grafico) – cosa che all’inizio non ho detto a nessuno, nemmeno a Rich – ebbi bisogno di una minaccia che potesse crescere di numero in numero, alzando la posta in gioco di volta in volta. All’inizio programmai i capitoli per dieci numeri. Ognuno avrebbe esplorato un tema minore, amplificando allo stesso tempo il tema principale della storia globale.

La prima cosa che Rich e io facemmo fu tracciare un ritratto di Killmonger, ma quando la redazione vide le tavole della prima storia, ci disse che Killmonger non poteva apparire sulle copertine dopo il numero iniziale, il numero #6. Non ci dissero mai il perché.

Pantera Nera: La ricerca della pantera

Date un’occhiata a tutte le copertine degli albi. Soltanto nel settimo numero di La rabbia della Pantera Nera, con i lupi di ghiaccio che attaccano Pantera nera, Killmonger compare di nuovo in copertina. Ma in quella originale non c’era! Forse la redazione pensò che i lupi che facevano a pezzi T’Challa non fossero abbastanza, e aggiunsero Killmonger, quasi come una piccola action figure in lontananza oltre le belve. Ho ancora una fotocopia dell’illustrazione a matita in cui Killmonger non c’è. Ci sono solo Pantera Nera e i lupi.

Poi abbiamo Monica Lynne. Se esaminate tutte le serie a cui ho lavorato, noterete che i personaggi femminili sono importanti e prevalenti nella serie tanto quanto gli uomini. Non riesco a immaginare di scrivere una serie mese dopo mese, o per un certo periodo di tempo, senza includere dei personaggi femminili al loro interno.

Questo mi permise anche di dare luogo a una relazione importante tra Monica e T’Challa. E la sequenza in cui i due si divertono con le tartarughe marine giganti, nel numero 16, è una delle mie preferite di tutta la serie. Inoltre, Billy disegnava delle donne bellissime!

Poi abbiamo Taku e W’Kabi, di cui avevamo recuperato i nomi da alcune storie passate di Black Panther. Forse comparivano in una vignetta o due in cui trasmettevano le informazioni di cui Pantera Nera aveva bisogno. Forse avrei dovuto inventarmi dei nomi nuovi, così sarei stato il creatore dei personaggi, perché prima non avevano alcuna profondità. Non erano rimasti in circolazione abbastanza a lungo.

Jungle Action #16, anteprima 01

Taku e Venomm sono stati i primi personaggi che io abbia mai scritto che avrebbe dovuto essere gay. Ma dopo le complicazioni generate da un bacio interrazziale in Killraven, sapevo che se ci avessi provato, quella sarebbe stata la mia ultima serie. E non avrebbe mai visto la stampa.

Una trama che volevo affrontare era la ricerca di Pantera Nera di sua madre in Sud Africa, sullo sfondo dell’Apartheid. La madre di T’Challa non è mai stata menzionata nelle storie dei Fantastici Quattro. Proprio per questo non l’ho mai volutamente menzionata durante La rabbia della Pantera Nera. Quella ricerca sarebbe poi diventata La ricerca della Pantera, su Marvel Comics Presents #13/36.

Tuttavia, quando ero prossimo alla fine di La rabbia della Pantera Nera, ero impegnato in un divorzio, mi battevo in tribunale per poter vedere mia figlia, e sapevo di non avere l’energia o la concentrazione per condurre le ricerche necessarie per condurre un progetto tanto ambizioso. Così passai alla storia sul Ku Klux Klan, che nacque in occasione del Bicentenario d’America. Anche se non sulla scala che vediamo oggi, nel 1976 sapevo che il Klan stava diventando più attivo, che i gruppi di estremisti erano sempre più numerosi, e sentivo di dover scrivere qualcosa al riguardo.

Quando Billy vide la prima sceneggiatura, mi chiamò.

“Sei sicuro di volerlo fare, Don?”

“Si. Perché?”

“Io vivo ad Harlem, il Klan non verrà a prendermi? Tu ora sei nel Queens.”

“Ah, andiamo, Billy. Sapranno accettare uno scherzo, no? ”

E ricordo ancora bene il tono esatto della voce di Billy.

“No, Don. No, non lo accetteranno.”

 

 

Fonte: Marvel