A Force Interni 2Riportiamo un’intervista da Glamour.com. Be’, c’è qualcosa di strano? Trovate questa fonte vagamente insolita per le nostre consuetudini? Non possiamo darvi torto. Speriamo, però, che la cosa vi dia gioia, come dovrebbe accadere ad ogni occasione in cui network e riviste tipicamente femminili si occupano del nostro mondo, un tempo prettamente testosteronico. Oddio, noi nerd non siamo proprio tutti muscoli e fisico scolpito. Però per decenni siamo stati quasi sempre maschi, almeno sulla carta d’identità.

Raccontando quanto quest’ultimo aspetto sia cambiato negli anni, Sana Amanat e G. Willow Wilson, rispettivamente editor e autrice di A-Force, hanno parlato della squadra di Vendicatori tutta al femminile in una breve intervista rilasciata appunto a Glamour, mostrando anche alcune pagine in esclusiva tratte dalla serie omonima ancora in corso ma che verrà rilanciata a ottobre sotto il marchio All-New, All-Different Marvel. Ecco i concetti chiave della loro chiacchierata.

 

Amanat – Le cose sono decisamente cambiate per quanto riguarda il ruolo della donna nel fumetto, da quando eravamo giovani lettrici. O almeno stanno cambiando profondamente. C’è uno sguardo molto più autentico e non più limitato all’aspetto fisico.

Wilson – Ogni volta che scrivi una storia che vede come protagonista un tipo di persona di cui hai poca esperienza o conoscenza, di fatto tiri a indovinare. Già da ragazzina, quando leggevo fumetti, trovavo piuttosto evidente che fossero scritti da maschi e che quei maschi stessero tirando a indovinare nel descrivere i personaggi femminili, cercando di immaginare cosa voglia dire essere una donna. Non che non ci fossero delle grandi storie. X-Men, per esempio, è un fumetto rivoluzionario sin dal giorno uno. Ma con il genere femminile, non c’eravamo.

A Force Interni 4Per me, la recente reinvenzione di She-Hulk ha sancito di fatto che le cose sono cambiate. Una volta la vedevamo sempre a prendere il sole, sempre alle prese con pensieri da svampita. Ora è un grande avvocato che combatte anche il crimine in un costume da wrestler. Non le è venuto a mancare l’aspetto sensuale, ma non è più primario ed esibito in maniera infantile.

Amanat – Il mio momento topico è Carol Danvers che passa dall’essere Miss Marvel a Capitan Marvel. Un’intera carriera da supereroina in costume da bagno reinventata da una nuova uniforme, un taglio di capelli e l’acquisizione del ruolo maschile di cui un tempo era la spalla.

L’intervistatrice ha quindi coinvolto nella conversazione la nuova Miss Marvel, Kamala Khan, creatura della stessa Wilson.

Wilson – Molti pensavano che sarebbe stata un’iniziativa temporanea e strumentale, che avremmo fatto bella figura raccontando la storia di un’eroina connotata etnicamente e dal punto di vista religioso, che ci saremmo appuntati la spilla al petto per poi tornare allo status quo. Altri hanno creduto che avessimo la necessità di attrarre il pubblico islamico. Invece il piano era parlare a tutti i teen-ager. Non tutti siamo pakistano-americani di seconda generazione, ma tutti siamo stati adolescenti e ci siamo sentiti strani.

Amanat – La soddisfazione è stato vedere che tutti si sono immedesimati con Kamala, non certo e non in maggioranza le ragazzine musulmane del nostro paese. Quarantacinquenni irlandesi e diciassettenni ebrei ci scrivono facendoci i complimenti. E Kamala sarà sempre la sorellina minore che non ho mai avuto.

Wilson – Il fatto è che negli ultimi anni è stato il pubblico a cambiare. Ci sono un sacco di ragazze in più che leggono fumetti rispetto a un tempo. E anche la composizione etnica dei nostri lettori è radicalmente diversa. Il numero di serie e di titoli di successo con una connotazione femminile è del tutto inedito. A-Force, Ms. Marvel, Spider-Gwen non sarebbero state possibili sette o otto anni fa. Inoltre non c’è mai stata tanta attenzione e discussione sul ruolo della donna nella cultura popolare. Il che ci rende responsabili delle figure femminili che mettiamo in mostra e di cui raccontiamo la storia.

 

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Fonte: Glamour.com